“SENTITE A ME”, detto alla bibitara (Di Maio): da quando mi sono messo ad ascoltare sui vari canali televisivi il resoconto delle “consultazioni” presidenziali dell’albino Mattarella, un tarlo ha cominciato a rodermi.
Ho visto sfilare il gruppo misto, cioè quella marcia paranza politica ricettacolo di fuggiaschi che applicano alla lettera il principio del “senza vincolo di mandato” e quindi si parano le tasche con il principio della sopravvivenza politica e, magari, mandano Pier Ferdy, il pipatore, sulle reti Mediaset a parlare di coerenza politica.
Ho visto sfilare i leccaculo degli ex comunisti (gente pericolosa, ma seria, un tempo) guidati da Zingaretti che si è talmente immedesimato nel “mieloso” cognome da cercare rifugio e ostello sotto la cappella di Renzi che, naturalmente, fa il copione che più gli si addice, anche per le sue origini: il cospiratore e il traditore. Uno dei Pazzi e come tale finirà, secondo i desiderata dei più.
Italiani brava gente, diceva un vecchio assunto, e quindi anche il cadavere di Berlusconi ha fatto la sua comparsa, tremulo nel parlare con accanto un voltagiubbe di nome Tajani a controllare che non dicesse troppe puttanate; di contorno alcune galline che, così pensa chi scrive, non sono buone neppure a fare buon brodo… Sopra a tutti costoro il maleodorante olezzo della Dc che, nella circostanza, riesuma pure il Mortadella.
Ma un gruppetto, un’appendice politica del nostro parlamentarismo mi ha fatto scattare il tarlo di cui sopra: Leu, quella di Grasso e della Boldrini ed anche della Bonino, che di Leu non è, essendo stata di tutti, e che io metto d’ufficio in questo manipolo che condizionerà la nascita del nuovo [s]governo “Giuseppi” Conte con le sue piccole e insignificanti persone. Dall’ex capo della Procura Nazionale Antimafia Grasso, che ha sconfitto la mafia (?), alla [s]Boldrini, addirittura ex Presidente della Camera, amica non si sa quanto disinteressata dei neretti rachitici che sbarcano dalle Ong sul nostro territorio.
Leu mi batteva in testa, ma poi ho compreso: non hanno il coraggio, questi poveracci super intelligenti radical-chic, neppure di presentarsi con il loro giusto stendardo: Lue.
Lue, oppure, spirocheta pallida, oppure morbus gallicus, insomma, sifilide.
Come ci dice la Treccani: lues. f. [dal lat. lues «morbo, pestilenza, epidemia, contagio», di etimo incerto]. Nel linguaggio medico, sinon. Di sifilide. In origine, la parola significava più genericam. malattia contagiosa, e perciò la sifilide era indicata con gli aggettivi lue venerea o celtica o gallica. In senso fig., letter., ha usi analoghi a peste; quindi, calamità pubblica, sventura, diffusione di false dottrine o di cattivi costumi, e sim.; poet., riferito a persona: La sopravesta di color di sabbia Su l’arme avea la maledetta lue (Ariosto).
Il vestito di “Giuseppi” Conte è sicuramente di sartoria; quello che ci sta dentro, però, attenzione, è Lue. O Leu; fate voi. È comunque sifilide politica.
Non ho parlato delle altre forze politiche interessate? Alla prossima, perché ci stiamo veramente rompendo “i cabbasisi”.
Sifilitici della politica, unitevi!
Felice De Matteis
[redazione@linealibera.it]
Diritto di satira e nausea