PRATO. D’accordo, giocava quasi in casa, Silvia Querci, ma il suo concerto, Mina Vagante, anzi, il suo show, o forse è più corretto dire il suo spettacolo, sold out lo fa ovunque.
Perché Silvia Querci è di Campi Bisenzio e ieri sera, nonostante fosse impegnata a Napoli con un musical (sostituita dall’amica-collega Chiara Luppi), a Barbara Gualtieri, la promoter dell’evento al Politeama Pratese, di no non poteva certo dirlo e allora, ottenuta la licenza di 48 ore, ha lasciato un palcoscenico per andare ad occuparne un altro, uno di quelli sui quali, da bambina, con molta probabilità, sognava di esibirsi.
Il sogno si è avverato ormai da tempo, ma questa rimpatriata ha fatto bene a tutti: alla famiglia Querci, al Politeama e a noi, che ignoravamo questa Mina vagante. Procediamo con ordine. Alla famiglia Querci perché in quella casa, la musica si respira dal primo mattino, ci si fa colazione e ci si convive da sempre: cantava il papà, e lo ha fatto anche ieri sera, intonando Che sarà,versione José Feliciano o Ricchi e Poveri, scegliete voi; anche Sandro Querci è dell’ambiente, così addentro al pentagramma che la sorella lo vuole regista delle sue performance, nonché direttore d’orchestra. Sì, c’è anche l’orchestra: Ronny Aglietti, Daniele Cerofolini, Roberto Magnanensi, Massimo Marchi e Antonio Sammauro, che offrono il repertorio musicale con una batteria, un basso, le varie chitarre per l’occasione, l’organo e i fiati.
Lei, Silvia, di musica si nutre e senza badare a spese, commenterebbe Piero Di Blasio, un altro pezzo fondamentale dello spettacolo. Parla, il presentatore – e lo fa parecchio – con un slang ibrido; tra il sacro e il profano, un po’ metropolitano e un po’ napoletano. È di Pescara e non ha ancora deciso a quale accento rivolgersi. Canta, balla e intrattiene il pubblico, così come facevano i conduttori della televisione anni 60, quella in bianco e nero, quella che offriva solo talenti e mostri sacri. È uno showman, Piero, che non scade, non trascende perché i suoi eroi non lo facevano.
E il cast non è ancora finito perché le interpretazioni di alcuni tra i brani più famosi di Mina affidati ad una delle sue poche e degne reincarnazioni, Silvia Querci, spesso sono distratte da mirabili coreografie e balletti, curati dalla scenografa milanese Ilaria Suss (un’espressione miniaturizzata di potenza ed elasticità), che si affida, in pianta stabile, ad Anna Colli Franzone e Pierluigi Lima e un piccolo e promettente stuolo di aspiranti danzatrici, che rispondono ai nomi di Sara Angelini, Elena Barani, Sara Bosco, Gioia Formica e Giorgia Pennini
Il quadro scenografico è questo. Immaginatevi ora che tutti insieme, questi professionisti, per circa due ore, l’hanno, con rispetto, saccheggiato e capirete la grazia e la piacevolezza dalle quali siamo stati investiti noi, ospiti graditi, in prima fila, sicuramente alla stregua del resto del popolo del Politeama, pieno come nelle migliori occasioni.
L’omaggio artistico, musicale, canoro, epocale, sta nel titolo e lei, Silvia Querci, non teme affatto di confrontarsi con una delle voci più belle del mondo: lo fa chiedendo aiuto alle muse delle gestualità e al suo profondo nonsenso. Al resto ci pensa quel diaframma spacchettato, capace di inoltrarsi tra i meandri meno esplorati anche quando la tigre di Campi Bisenzio decide di sedersi.
Il concerto si è aperto, dopo una gradita e scanzonata ouverture di Paolo Di Blasio, con Insieme, una delle tante poesie firmate Mogol-Battisti, catapultate nella stratosfera del sound da Mina e resuscitate da Silvia Querci, vestita con un’ambigua tunica monacale, in bianco e nero, naturalmente. Un piccolo profondo assaggio al quale sono seguite altre numerose riletture della collezione di Mina, tutte quelle datate Canzonissima, compresa la carioca Acqua di marzo.
Lo spettacolo sarà ripetuto anche oggi, domenica 8 febbraio, sempre al Politeama, alle 16. Senza nemmeno scambiare due chiacchiere con i tanti amici e decidere, perché no, di prolungare la serata al Wallace, dove invece che Mina, Silvia Querci potrebbe omaggiare Diane Schuur. Ottima idea, vedremo cosa si può fare, la prossima volta che succede.