E soprattutto ci hanno pensato gli amministratori degli ultimi 25 anni (Sergio Gori, Mazzanti, Romiti), tutti fedeli alla legalità della retorica, ma pronti a fare di una collina con ogni vincolo immaginabile, una terra di nessuno in cui mangiatori di suolo e tecnici comunali infedeli hanno rastrellato quattrini a man bassa. Ovviamente a danno dei cittadini normali o di serie B
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TUTTI SANNO E STANNO ZITTI:
OMERTÀ, MAFIA E CONFLITTI.
FANNO I GIUSTI ED I LEGALI
MA IN REALTÀ SONO LETALI
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Per cominciare questa prolifica serie di mafia&politica, vi pubblico una nota di commento al libro (La mafia siamo noi) che definirei emblema e marchio di fabbrica del malgoverno quarratino, portato avanti con scientifica competenza del male proprio come si legge nelle parole che seguono:
Spesso si parla di “infiltrazione” delle mafie, come se qualcosa di infetto entrasse in un tessuto sano, ma sono tante le fasce della società invischiate nella rassicurante zona del compromesso e della contiguità. La mafia è una presenza pervasiva, una rete che tiene insieme le molte figure che fanno funzionare l’economia, la politica, la società: piccoli e grandi imprenditori, uomini di chiesa, professionisti, manovalanza, funzionari, pedine mute che lasciano che le cose accadano, senza reagire.
La mafia siamo noi che non ci chiediamo cosa accade dietro le quinte, cosa provocano i nostri consumi, le nostre serate in discoteca e nei ristoranti alla moda, chi finanziano e quale sistema rafforzano. Il primo passo è conoscere la realtà che ci circonda, farci carico dei problemi del nostro territorio.
Seguendo il percorso delle inchieste, Sandro De Riccardis disegna una mappa del fenomeno mafioso e del movimento antimafia tra il nord e il sud, raccontando le storie di chi – con «sottile coscienza» – custodisce lo spazio in cui vive e decide di agire.
Libero Grassi, Renata Fonte, Angelo Vassallo, Lea Garofalo, don Pino Puglisi, Rosario Livatino, Hyso Telharaj, Cortocircuito, WikiMafia, e tutti gli altri ci dicono che l’impegno condiviso di cittadini che credono in un progetto di riscatto è più forte della paura e dell’intimidazione.
È inutile, proprio per questo, insignire don Ciotti della cittadinanza onoraria di Quarrata. Questa comunità, che per decenni ha sorretto una bella fetta di economia della provincia oggi più squallida e decadente d’Italia, non solo porta male a chi ci abita, ma, in buona sostanza, con la sua farisea meschinità, disonora gli onorificati dal momento che è stata, almeno dal 2000 in poi, una cosa assai simile alla macelleria di Argante posta in Piazza Risorgimento: qualificata “distributrice di braciole di Montalbano”, su cui – grazie ad uffici tecnici collusi con i tecnici mangia-terra locali – ha fatto costruire di tutto e di più, mentre i politici delle passerelle allo sgrano hanno battuto la ganascia e pappato, lasciando che si formasse, crescesse e si irrobustisse l’accordo tra sporco pubblico e sudicio privato.
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In fondo la mafia cos’è, se non questa osmosi – evidente anche ai ciechi, ma non alla procura di Pistoia –; questo continuo, vomitevole travaso e intreccio di interessi in cui l’interesse generale è sottomesso a compromessi, atti falsi, regalìe, compravendite di diritti inalienabili, marchette, sodomie, e cose simili?
Peggio di così non potrebbe andare. Specie se si pensa che a Pistoia, in procura, abbiamo gente che protegge – questo si dice al Csm – i propri amici (Coletta con i Turco); che è superprotetta e blindata (Curreli & signora difesi da Roma e da Genova); che imperversa in lungo e in largo in altri modi, contribuendo a tenere in perfetta salute tutto il giro del tangentume invisibile solo alla famosa Biancaneve e i sette nani di Pistoia.
Iniziamo da qui. E buon agosto, popolo cornuto e mazziato dagli stessi idoli che avete votato e che applaudite ogni giorno con un perverso gusto di martirio!
Edoardo Bianchini
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