Il sindaco di diritto Romiti frulla gioiosamente con alle spalle il suo sindaco-reale presidente del con[s]iglio che attende ancora chi possa piantargli in petto il famoso paletto di frassino antivampiro, visto che sta in Comune dagli anni 90 e non accenna a mollare la presa, destinato alla vita eterna come Vlad Ţepeş…
MIRAN TUTTI AL NOSTRO BENE
MA CI ASCIUGANO LE VENE!
A Quarrata c’è qualcosa di misterioso nell’aria. Il sindaco Stefano Marini, ai suoi tempi, fece un gemellaggio con Vaslui e deve avere importato anche un po’ di sânge și cultură românească (sangue e cultura rumena). Come quando la gente va ai tropici e ne riporta le malattie del luogo.
Forse un po’ di draculismo da Vlad Ţepeş se l’è beccato anche il Mazzanti, che entrò in amministrazione – salvo errori – con la giunta dei ragazzi o dei bambini, come si diceva allora.
Poi il Mazzanti, draculizzato, s’è affigliolato il Romitino, che ormai è il suo fedelissimo servitore come il famoso Renfield nel film di Nicolas Cage dell’anno scorso. Gabrielìn non respira, se prima non ha respirato il Mazza.
Il fatto che l’Okkióne non si stacchi dal Comune nemmen 5 minuti – mi raccontano che è spesso e volentieri nella casa comunale di via Vittorio Veneto e ficca il naso dappertutto, soprattutto negli affari dei portavoce del sindaco e nella comunicazione, mi ha riportato in mente la casa di Vlad a Sighișoara, una città rumena ma di origine tedescoide. La casa oggi trasformata in ristorante: un po’ come il Comune, dove tutti mangiano, ridono e ballano allegri e contenti.
E che siano contenti come Pasque lo si vede, appunto, dalla comunicazione attovagliata (quella ufficiale e del consenso) che svolge la stessa funzione del turibolo in chiesa: serve a incensare, altari e morti anche.
Ieri è stata la volta dell’incensazione dello stadio a marca Pnrr, il cosiddetto sussidiario. Costo oltre due milioni di euro (4 miliardi delle vecchie lire).
So perfettamente – dato che so leggere e scrivere e molto meglio di molti altri – che tra Pnrr e via di Lucciano portata via dall’alluvione del novembre 23, la distanza è spaziale. Ciò non toglie che non possa indicare la rumorosa discrepanza che passa tra l’apparire e l’essere.
Il Comune del Mazzanti e del Romiti è apparenza: perché si sta dietro a una omologazione e si rinuncia all’impegno della vera tutela del territorio e delle necessità, privilegiando l’inutile. Per far capire l’antifona, è come se, in una famiglia, in cui ogni sera si mangia il minestrone perché c’è poca trippa per gatti, il babbo si preoccupasse di comprare il secondo cellulare uscito nell’ultima settimana.
Tutto questo si vede e si sente. Ma soprattutto si patisce da parte di una popolazione che viaggia ancor oggi, a un secolo di distanza, su strade di campagna oscene, piene di buche, sforrate ancorché frequentate da traffico sempre più intenso e da auto sempre più mastodontiche.
L’essenziale è apparire. E il 7 settembre don Ciotti farà apparire questa congerie di dipendenti delle false dichiarazioni e dei danni al popolo come benefattori, legalitari, rigorosi amministratori del denaro pubblico.
Proviamo a chiedere a don Ciotti, alla Rosy Bindi, al Bombardieri, di espropriare il podere “Comune”, attualmente in mano a un gruppo di sanculotti, e di affidarlo a una cooperativa di Libera dalle Mafie che valorizzi e faccia fruttare le terre del territorio, invece di lasciarle nelle mani di gente che strilla sui muri a secco e sulle strade e i sentieri (il Mearelli), ma poi fa rilasciare permessi edilizi (ovviamente illeciti come molti di quelli finora concessi) a chi, di fatto, il territorio lo stupra?
Sempre che la procura di Coletta, attentissima a quello che accade, non decida di intervenire come accadde ai tempi del voto di scambio del Mazzanti.
Perché la procura – si sa – è dio onnipotente. E può sempre mandare tutto all’archivio motivando le proprie decisioni con la solita formula cura-tutto «particolare tenuità del fatto».
Edoardo Bianchini
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