sinagra&cuffaro 75. CAMILLERI AVEVA RAGIONE. «CONOSCI TE STESSO»: GLI ARCHÈTIPI SI RIPETONO, PURTROPPO, PER TUTTA LA VITA


«Gli archetipi sono forme tipiche di comportamento derivanti dall’esperienza che il genere umano ha continuato a ripetere nel corso della storia. Sono complessi di esperienze a carattere universale sedimentate nella psiche dell’uomo, strutture basilari eternamente ereditate»


Mosaico del Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano

TANTO ’UN FA LA PAOLA AVETA

CHE VI LASCIA LO ZAMPINO…


Abbiamo inviato un’informativa a tutto il con[s]iglio comunale. A chi non è stato raggiunto su Pec personale, gliela abbiamo inviata tramite la Pec del Comune stesso. Ora Curreli la prenderà per stalking come è solito fare, e ci rinvierà ancora a giudizio con una delle sue famose non-indagini?

«Gli archetipi sono presenti nel profondo della psiche, nell’inconscio collettivo, e il loro insieme costituisce la base degli istinti. Sono elementi costitutivi del mondo degli istinti e allo stesso tempo anche le forze dinamiche della psiche fondamentali per lo sviluppo psichico dell’individuo. Mettono in comunicazione il mondo conscio e inconscio utilizzando un linguaggio universale: il linguaggio dei simboli», così Cristina Bisi.

I classici antichi c’erano arrivati molto prima di Carl Gustav Jung, psichiatra e psicoanalista. Fin dal tempo ancestrale del santuario di Apollo a Delfi, sul cui ingresso c’era scritto: «Conosci te stesso».

È una teoria sufficientemente accreditabile, per cui ciascuno di noi è quello che è perché ha appreso quello che c’era da apprendere fino dalla suzione del latte materno durante l’allattamento, anche se artificiale.

Insomma, per capirci meglio, «Ognuno sta solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di famiglia: ed è subito sera», tanto per parodiare un famosissimo componimento di Salvatore Quasimodo.

E qui, dietro questa verità che alla fine è inconfutabile, «mi viene in mènte» (iniziava sempre così l’Emilia, sicula ma nata in Sardinia, durante le esercitazioni di dottorato di filologia classica all’Università di Firenze, anni 2010-13); «mi viene in mènte» che se i figli di contadino pensano con la mente da contadino e quelli dei falegnami con la mente da falegname, i figli d’arte (è dimostrato dagli attori che spesso, appunto, lo sono) hanno appreso gli archetipi dai loro augusti genitori. Pensate a Alessandro Gassmann o a Christian De Sica e molti altri, e capirete.

E così «mi sono fatto convinto» – afferma il commissario Montalbano di Camilleri – che è l’aria che si respira da piccini a farci diventare quegli uomini e quelle donne che siamo da grandi». Lo sostenevano anche i comunisti di Berlinguer.

Ora siamo in porto. A questo punto il famoso problema delle scuole elementari chiede la famosa risoluzione: La mamma ha 15 lire e va al mercato. Spende 3 lire per 4 mele e 2 lire per 3 susine. Con quante lire la mamma torna a casa? E noi si scriveva – se ne deve ricordare anche don Paolo Tofani – Risoluzione. Dopo le necessarie Operazioni e prima della famosa Risposta.

Al Comune di Agliana c’è una amministrane guidata da una figlia d’arte (la segretaria generale Aveta) che, quanto a comportamenti archetipici è – si può affermare senza tema di smentita – una vera Maria Antonietta da brioches, sempre consumate a un bar di Agliana, ogni mattina, in compagnia del Fascio-Ciottolo.

Prossimamente gli aglianesi dovranno pagare un altro debito fuori bilancio, assessora Torresi?

Figlia d’arte perché nata da quella che il mio Maestro del liceo, Vasco Gaiffi, chiamava una “razza padrona”. Padre magistrato – mi si dice – e fratello avvocato, la segretaria Paola Aveta si è lasciata dietro, ad Agliana, uno strame (per citare ser Curreli) di violazioni di norme di vario genere: favorendo alcuni, danneggiando altri. Il tutto con l’infibulazione benedetta della razza padrona della procura pistoiese, da Tom Col – anch’egli figlio d’arte – e dai suoi valletti, proni alla protezione delle famose (anche nel senso di malfamate) «autorità costituite», come dice la Gip Martucci.

La dottoressa Aveta iniziò male ricevendo (e volutamente ignorando) le segnalazioni delle anomalie, anche criminali (da: disegni criminosi di Curreli). E ha continuato a fare quello che le è parso. Perché le razze padrone, archetipizzate dal fatto che ben sanno che di rado saranno pizzicate, continuano dello stesso passo loro solito, anche se un Tar, Sezione Terza della Toscana, le bastona ben bene per ver negato qualcosa di dovuto per legge. E sono perfino responsabili dell’inutile vigilanza anticorruzione!

Lei, come Dio in terra, attua la teoria e tecnica del famoso Conto Arancio: fa (lo dice Elio) «come cazzo vuole» anche se il Tar le ha detto, e di recente, che non può permettersi (Consiglio di Stato, Ad. plen., 18 marzo 2021, n. 4): di “svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità” o meno di una richiesta di accesso. Ma evidentemente la legge deve essere rispettata solo dai coglioni del popolo e non da chi comanda.

Peccato che questa Dame des brioches a ottobre riceva una suonata da quasi 5 mila euro di fuori-bilancio (da addossare al popolo, dice la Torresi, e non alle di lei tasche…) e poco dopo, a novembre, ricommetta nei miei confronti, lo stesso volontario errore/reato.

Ciò non sarebbe successo se la luminosa procura di Pistoia, quando affidò la mia denuncia del 2020 alla signora Linda Gambassi, non avesse deciso di farle archiviare un evidente caso di abuso d’autorità, di eccesso di potere e d’ufficio e comunque un chiaro art. 328 cp: e con delle demenziali motivazioni (?) schizofreniche.

Come vedete la storia del malaffare si ripete se, nella mente della persona che è parte del potere, c’è il convincimento che qualsiasi cosa accada, se la caverà comunque. Al massimo con una pacca su una spalla.

Lo stesso dìcasi per i falsi testimoni e calunniatori Bene-Minkia e Fascio-Ciottoli. Ma anche per la «specchiata onorabilità» dello scout-Agesci il quale, fosse stato messo al suo posto, come si sarebbe dovuto fare, dopo aver nascosto un fascicolo a discarico di Padre Fedele Bisceglia, non fosse stato assolto dal tribunale di Salerno e poi trasferito a Pistoja a fare mille altri danni per il resto della sua ormai consolidata permanenza.

Claudio Curreli mentre parla a Tvl dei successi del protocollo contro gli abusi sui minori

Perché Curreli – è un dato di fatto – lavora troppo di più per i suoi personali interessi e convincimenti, che per lo stato e i cittadini che gli pagano lo stipendio. E non si rende neppur conto che, almeno nel famoso «processo politico» affidato al pavido Luca Gaspari (e presto in altri due maxiprocessi politico-schizofrenici di identica risma, messi in piedi di recente con l’aiuto di Mademoiselle Contesini) non solo non è capace di svolgere indagini, ma addirittura non è neppure in grado di rendersi conto che molte delle accuse, di cui ci ha benevolmente caricato le spalle, si sono dissolte in aula, concludendosi in piene assoluzioni come uno scioglimento di neve al sole.

Un magistrato che non arriva a capire questo, ma resta al suo posto sempre e comunque, non può, come ci rispose Maurizio Barbarisi, che essere veramente protetto a Roma e altrove.

Claudio provi a riflettere su se stesso, sui suoi comportamenti archetipici in chiave junghiana, e sulla famosa frase del tempio di Apollo a Delfi: Claudio, conosci te stesso!

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.info]
© LineaLibera Periodico di Area Metropolitana


Scuoutismo cattolico Agesci

TANTO PER ESERCITARE
LA CITTADINANZA ATTIVA

 

Curreli scouteggia in Agesci ed educa i suoi ragazzi ad esercitare la “cittadinanza attiva”. Ma non tollera che noi, giornalisti (anche se lui e il poco corretto ordine fiorentino non gradiscono), facciamo altrettanto, onorando l’art. 21 della Costituzione.

Il potere è questo. E ogni potere è tiranno, perché dotato di forti qualità immunitarie finalizzate alla sopravvivenza e a contrastare gli attacchi dei “batteri” del popolo: il potere non vuole controlli, altrimenti che potere sarebbe?

In verità, se ci fossero controlli seri, tre quarti del potere sarebbero agli arresti: arresti in cui il potere fa finire noi giornalisti. Specie se abbattiamo i fondali delle scene di legalità che in realtà è pura, consunta retorica da acchiappa-citrulli, sciorinata proprio per proteggere i corrotti dai vizi privati delle razze padrone nascosti sotto le famose pubbliche virtù.

Rendetevene conto, coniglieri del coniglio comunale di Agliana, e cittadini a cui vengono ingiustamente addebitati tutti gli errori, anche quelli volontari e malafedosi, di chi riscuote stipendi da emiri arabi grazie alle vostre tasse, frutto della spremitura e dell’oppressione di giusti imbroglioni!


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