Da quando è cambiata la Costituzione? Da quando, per essere buoni e bravi cittadini, degni di essere indicati come esempi di specchiata moralità, bisogna possedere il requisito della discendenza dal Dna della nobile schiatta dei Turco di Pistoja, o esserne stati comunque annessi e connessi come nel principato adottivo caratteristico della storia di Roma?
INFELICE QUEL POPOLO CHE È IN MANO
A CHI NEGA CHE IL POPOLO È SOVRANO!
Al di fuori di questo requisito, che è ontologicamente fondamentale, quale possibilità ha, un cittadino semplice, di quelli che appartengono al popolo sovrano che però non conta una minchia, per poter entrare nel regno dei cieli, senza dover passare sotto il Malleus Maleficarum di una procura che fa sconto solo e comunque a chi può contare sull’iscrizione, come al Club del Napoli, a quello delle «prossimità sociali» gradite a Dio padre onnipotente?
Vi invito a rileggere con attenzione il commento di ieri (Schizofrenia giudiziaria etc.), e a fare un piccolissimo sforzo: quello di coordinare le idee con ciò che sto per scrivere.
Il decano dei sostituti procuratori pistojesi, Giuseppe Grieco – è a Pistoja dal 30 ottobre 1998: 26 anni –, è ormai, di fatto, un vero dominus et deus delle storie pistojesi. Troppe barbe; troppe radici che si spandono in ogni direzione. E che, causa reticolo sotterraneo, non sono affatto garanzia di terzietà, imparzialità, indipendenza.
Facente funzione da un eóne (Coletta ontologicamente sa cos’è questa parola misteriosa: lui è figlio d’arte), Grieco (oltre al Curreli e alla Contesini) mi ha fatto un piccolo regalo, di recente, con la convinzione di abbattere la mia volontà di lotta contro la magistratura del tipo di cui lui fa parte. Una magistratura che non voglio e non riconosco perché non intendo saperne di chi è moralmente molto peggiore di me.
È da una vita che Grieco mi è alle spalle. Silenzioso, ma non meno pericoloso. E pretende un’obbedienza che io non posso dare a chi la pretende senza averne meriti.
E non voglio dargliela semplicemente perché costui, membro del Club del Napoli (chi conosce Pistoja sa di cosa parlo), quando Renzo Dell’Anno, il pessimo fra i procuratori-capo pistojesi decise di perseguitare il luogotenente Sandro Mancini, chiamò i giornali della greppia locale per intimidirli: «Se scrivete una riga di questo processo, non avrete da noi più alcuna notizia».
Questi i fatti. Il solo cretino che – anche se fosse stato chiamato e “democraticamente minacciato” da Grieco – gli avrebbe risposto: «Taccio volentieri, don Giusè. Ma Voi mettétemelo per iscritto, l’ordine di tacere», fu il direttore di questo giornale che allora si chiamava Linee Future.
Giuseppe Grieco, questo – sono convinto –, non lo ha mai accettato né digerito. E ne sono convinto per vari motivi che vi elenco.
Linee Future seguì passo passo la vicenda Sandro Mancini; il calvario del luogotenente al di sopra delle «prossimità sociali» del Dell’Anno. E inneggiò pure all’assoluzione del luogotenente ingiustamente accusato sia dal Dell’Anno, non rinnovato (unicum in Italia!) con voto unanime di sfiducia dal Csm: quell’affare che oggi accusa Nordio di volere che i Pm e gli inquisitori possano continuare a fare quel che cavolo vogliono con assoluta impunità.
Nel maxiprocesso con cui Luca Gaspari, intimidito dalla procura e dai suoi uomini, condannò me e Alessandro Romiti, senza tenere presente le verità di cui era perfettamente informato (e che ci scagionavano da ogni demenziale accusa confezionata dal persecutore sardo di padre Fedele Bisceglia): don Giuseppe, di tutta la copia forense del mio cellulare fatta eseguire dal Gaspari e rimasta inutilizzata, cosa mai andò a pescare? Un dialogo con mia nipote (che non c’entrava un cazzo con nulla); una telefonata tra me e il luogotenente Mancini. Un caso, no?
Come mai don Giuseppe s’indirizzò verso quella brevissima conversazione, se la ferita della débâcle in quel processo fasullo voluto da un inaffidabile Dell’Anno, non lo stava ancora tormentando per aver – come si dice – picchiato una musata da disfarsi completamente il viso?
Lo possiamo definire rancoroso? Credi di sì. Ma questo è solo un aspetto del comportamento di Grieco.
Due imbecilli, deficienti e stalker, segano un tubo dell’acquedotto pubblico, e lasciano mia figlia per 8 giorni senz’acqua. E lui, Grieco, segue la questione e la archivia. La archivia dopo due richiami, della Gip Martucci, a svolgere indagini che – a quanto mi risulta – non ha mai svolto. A Pistoja in procura usa così: indagini a chilometro zero e… tutto all’archivio.
Perfino un demente, un incapace di intendere e volere, un idiota sarebbe in grado di capire che segare un tubo dell’acquedotto (servizio pubblico) e impedire il servizio idrico a una persona, è una violenza privata. Ma no: a questo il facente funzione non ci arriva proprio. Sarebbe troppo bello. Sarebbe chiedere troppo a San Gennaro.
Il terzo fatto che coinvolge Grieco in una meraviglia di archiviazione, è ancor più emblematico del suo modus operandi.
A inizio maggio 2022 vengo bloccato dalla Jeep dei soliti due imbecilli segatori dei tubi dell’acquedotto di Lecceto: e posso andarmene solo quando mi liberano tre vigili di Quarrata in pattuglia, accorsi sul posto e (si noti) chiamati dai dementi sequestratori consociati con il non-dottor Romolo Perrozzi, caro a Curreli e al Comune di Quarrata.
Anche in questo caso don Giusè non coglie niente di strano nel fatto; e manda tutto all’archivio: prima però mi ha impedito di vedere la relazione dei vigili e poi ha archiviato senza neppure avvisarmi. L’ho scoperto due anni dopo, l’estate scorsa. Me lo ha rivelato la procura generale di Firenze, alla quale avevo chiesto di avocare il caso. Ma siamo dove? Nel Regno di Sardegna, nelle Terre del Vaticano, nel Tirolo autroungarico?
Secondo me queste cose potevano succedere solo a Napoli sotto Ferdinando I di Borbone, non nella meravigliosa repubblica di Mattarella, del Csm e dell’Anm, cause prime della delegittimazione della magistratura per il loro comportamento omissivo nei confronti di quanti, piovuti in www.giustizia.it, ci stanno come un usciere nella certezza di essere parte dell’Olimpo.
Di recente don Giusè me ne ha combinata un’altra delle sue. Ve ne ho fatto cenno qua, ma non approfondisco perché io stesso arrossisco di vergogna per lui, che pudore e vergogna non sa neppure dove stiano di casa.
Concludo, perciò, scherzando con una vignetta del Vauro, noto e apprezzato vignettaro comunista pistojese.
Don Giusè… mi hai fatto condannare; hai fatto condannare mia figlia; hai rinviato a giudizio un altro mio familiare; hai archiviato due violenze private grosse come palazzi… Meno male che non esiste il taglio della testa sul ceppo, sennò sarei finito come Anna Bolena!
Tieni però presente una cosa, Giusè. In casa ho ancora due gatti. Potresti inquisirli e rinviarli a giudizio perché mi vogliono bene e rispettano più me delle «autorità costituite» e della brava gente che circola al Terzo Piano. Pensaci, Giuseppino! parodiando un famoso dramma di Pirandello.
Potrebbe essere un’ottima chance per toccare un nuovo apice di ridicolo, tratto caratteristico del comico di carattere da Teofrasto alla procura di Pistoja.
Edoardo Bianchini
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Per il momento la promessa storia delle firme false e delle truffe ammesse dalla procura pistojese in epoca Manchia, è rinviata a data da stabilire. Ci scusiamo per il disagio.