sinagra&cuffaro 84/5. CAMILLERI AVEVA RAGIONE. SCHIZOFRENIA GIUDIZIARIA OVVERO: «SUL MARE LUCCICA L’ASTRO D’ARGENTO, PLACIDA È L’ONDA, PROSPERO È IL VENTO. VENITE ALL’AGILE BARCHETTA MIA, SANTA LUCIA, SANTA LUCIA»


Se si istituisse la giornata delle vittime della malagiustizia italiana, accadrebbe di colpo quello che un sostituto esclamò, in camera caritatis, al momento della famosa crociata di moralizzazione della malagestione della Comunità Montana: «Se non stiamo attenti… qui viene giù tutto il Pd!». Chi ha orecchie per intendere…


Il cittadino che paga gli stipendi ai suoi dipendenti, deve ricevere un servizio leale, fedele e somministrato «con disciplina ed onore» da uomini di assoluta e specchiata moralità

LA CERTEZZA DEL DIRITTO

DEVE INIZIARE DAI MAGISTRATI


 

Il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, non vuole nessuno sulla sua barca: ed è facile capire il perché. Se dovessero salirvi tutte le vittime dei tribunali d’Italia, non basterebbe la Fossa delle Marianne per permettere al sindacato unico delle toghe (fin troppo toghe) di affondare con tutto il carico.

 

A commento della vignetta che vedete, una carissima collega emiliana, mi ha scritto queste testuali scarne – ma fin troppo significative – parole: «Ma sicuro, sarebbe un plebiscito».

Santalucia crede, con la posizione (indifendibile) che sta difendendo, di evitare che il popolo pensi.

È bensì vero che il popolo il più delle volte non lo fa: ma è anche vero che gli occhi ce li ha, e vede quel che gli succede intorno. Tace: ma il silenzio non è consenso, anche se sembra acquiescenza.

In 75 anni di Costituzione (l’Italia è un paese di giurisperiti e di costituzionalisti alla Mattarella…) la magistratura di un certo tipo ha saputo dare davvero il peggio di sé, facendo vedere senza vergogna quell’appropriazione di potere che Cossiga definiva una sorta di cupola mafiosa. Non lo dico io: lo diceva il picconatore sardo.

Solo in Italia chi sbaglia non paga o paga soltanto l’assai meno del giusto anche se ha agito per fini propri e interessi personali

Commentando le mie osservazioni di ieri, un caro amico ha annotato, in riferimento ai comportamenti della procura di Genova che, di fatto, copre e tiene al caldo i pistojesi: «Genova ha un porto grande e con tante nebbie! E sempre per un ovvio motivo: tra cani non si “mozzicano”, fanno branco!».

Gli ho risposto che il libero pensiero e la coscienza delle libertà umane e dei diritti civili non possono fermarsi dinanzi a chi (come accade a Pistoja) fa di tutto per trasformare la verità in menzogna e viceversa.

Come diceva Seneca, occorre pensare che l’uomo che si trova immerso in tanta vergogna istituzionale e ne è vittima, è, sì, un gladiatore destinato alla morte: ciononostante deve resistere. E continuare a combattere anche quando cade in ginocchio.

La distruzione d’Italia, iniziata sin da sùbito dopo la liberazione grazie alla balia pretesca liberalesca nostra o tedesca vattel’a a pesca (dobbiamo, per questo, ringraziare Santa Caterina da Siena che convinse i distruttori a tornare da Avignone a Roma), si è perfezionata in 75 anni di aggiotaggio del potere e di sbilanciamento dei poteri dello stato stesso.

Non è concepibile o comunque è ontologicamente (cito Coletta) un paradosso, sentir dire che uno dei poteri (il giudiziario), nato per far stare in equilibrio le sorti di un popolo, possa ribellarsi ai suoi poteri-colleghi come sta facendo il sindacato unico dei magistrati, altro ossimoro logico, dimostrato da duemila seicento anni a questa parte grazie al famoso apologo di Menenio Agrippa, nella secessione della plebe sul Monte Sacro del 494 a.C..

Ma questo, a Pistoja, è semplicemente la norma…

Nessuna parte del corpo può ribellarsi contro le altre o è la fine: quella che stiamo vivendo a suon di Palamari, di Santelucie (buone solo se mozzarelle) che non intendono ascoltare ragione; di Pm e sostituti con la sindrome della superiorità di razza padrona e con al dito l’anello del Nibelungo.

Tutto questo non ci dice niente di nuovo, se analizziamo la situazione di Pistoja. La cui procura, in metafora, somiglia assai a un lebbrosario per chi vi circola dentro e ne respira i distruttivi miasmi.

Il fatto che loro abbiamo il potere e lo esercitino senza regole e solo a proprio interesse e vantaggio, facendo – come dice Claudio Curreli – strame di persone; tutti belli, sicuri e impuniti, non giustifica nessuno (nemmeno don Ciotti, che parla tanto di mafia contro la quale, nei fatti, fa ben poco, se non diffondere le magliette e le bandierine di Libera); non giustifica nessuno dal restarsene inerte dinanzi a tanta immonda vergogna istituzionale.

Che differenza c’è, di fatto, tra loro e quei fascisti che odiano e perseguitano con tanta irrinunciabile sete di libertà e rivendicazione della sacralità dei loro limitati comprendonii?

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.info]
© LineaLibera Periodico di Area Metropolitana


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