La gran parte degli “italiani-brava gente” che è magistrata, e di quella categoria che ha le mani in pasta in Csm e sindacato (ontologicamente inammissibile) Anm, fa parte della cosiddetta “cancerizzazione” della giustizia ingiusta
CON LE SPINTE E L’AMICIZIA
SI VA IN TASCA ALLA GIUSTIZIA
E ALLA FINE MAI NON PAGA
CHI FA DANNI E MALE INDAGA
Cosa c’è da aspettarci dalla giustizia italiana se non il peggio? Cosa dai giudici (in particolare quelli penali, ma non solo) se non quello che a Pistoja sta succedendo da sempre con il complice silenzio di tutti quelli che si sono avvicendati a quella specie di Vergine di Norimberga che è il penale, manovrato da magistrati che mostrano con solare evidenza di avere, in ipotesi, dei problemi di natura perfino sociopatica?
Il commento di oggi – come potrete vedere e come potranno vedere anche in procura – si basa semplicemente sull’osservazione dei fatti. È, quindi, veritiero, pertinente e continente.
Salva l’inimicizia (se non l’avversione) palpabile di Grieco nei miei personali confronti (ma anche dei miei familiari e, forse, presto perfino dei miei due gatti), per quello che sto per annotare citando le fonti, cosa dovrò aspettarmi dal Terzo Piano? La condanna alla damnatio memoriae come si faceva con i cattivi dell’antichità? Cancelleranno anche il mio nome e quello della mia Gens dall’anagrafe? Che ne dice, avvocata (non signora: parola di Gaspari) Elena Giunti che non sa il latino?
Le fonti storiche sono due articoli del Giornale.it. Il primo ci parla del pensionamento del Genius loci Luca Turco. Il secondo del trattamento riservato dal Sant’Uffizio-Csm al magistrato che ha fatto condannare il famoso De Pasquale, cugino (almeno a quanto pare) di Claudio Curreli, il cagliaritano proveniente da Cosenza e destinato in punizione a Pistoja: ma con l’assoluzione della procura di Salerno che, al tempo, purificò il Divus Claudius, anche se aveva fatto sparire un intero fascicolo che avrebbe salvato padre Fedele Bisceglia dal calvario terreno costruitogli intorno da quel cattolicissimo scout-Agesci ormai radicatissimo a Pistoja e pure insieme a sua moglie, Nicoletta Maria Caterina Curci.
La Gip Patrizia Martucci può rimettermi per altri 104 giorni agli arresti domiciliari illegali come fece tre anni fa. Io non cambierò opinione: la mafia è nelle istituzioni.
In quelle che ci danno buoni consigli, ma si comportano come delinquenti comuni senza ritegno e senza vergogna.
Quindi, come vero sostenitore della legalità, non posso e non devo chinarmi con piena fiducia a chi mostra ogni giorno di non sapere come essere onesto e onorevole ex art. 54 della Costituzione.
E non posso per motivi semplicemente elementari: non sono, infatti, un dirigente, un alto funzionario, un massone, un delinquente comune, un ladro, uno spacciatore, un fariseo, uno sporco capitalista, un rappresentante del clero o di qualche fede religiosa o, in ultima analisi, un politico – né di infima né di eccelsa taglia e importanza. La politica mi schifa da dopo «Mani Pulite».
Sono e resto, invece, un giornalista. Con tanto di esame di stato superato (e assai onorevolmente), che sta però sul culo all’ordine di Bartoli e di Marchini perché quell’ordine lì, proprio per come è strutturato e funziona, è l’esito darwiniano della trasformazione della corporazione fascista in soviet rosso-Chianti.
E cerchino di capirlo tutti, da Coletta in giù. Compreso Gaspari che, pur a piena conoscenza della mia innocenza, si è rifiutato – né più né meno di Curreli e di De Pasquale, il baffo che non ha eguale – di agire di conseguenza, dal momento che non se l’è sentita di mettersi contro a quella muraglia cinese che vive e regna al Terzo Piano del tribunale malato di Pistoja.
Santalucia dell’Anm, degno successore di Palamara, non vuol sentir parlare di Giornata delle vittime della giustizia. Già questo dice tutto su di lui e sulla sua obiettività, terzietà, imparzialità, indipendenza.
Se esistono, infatti, le giornate del cane, del gatto, della salsiccia piccante di Calabria, del centopelle e del lampredotto di Firenze, non dovrebbe esserci, a maggior ragione, la giornata in memoria degli sconci che si sono visti in magistratura fino a partire dagli arresti di Giovannino Guareschi?
Era – ed è – questa la libertà di stampa d cui parla la nostra Costituzione all’art. 21?
Ma c’è di più. Il sidacato-faccendiere (ontologicamente inammissibile) del Terzo Potere dello stato, l’Anm, si permette di fare lo Zelensky italico contro gli stessi princìpi costituzionali (bilanciamento dei poteri) e entra in guerra contro lo stesso principio costituzionale secondo cui il giudice è soggetto alla legge e non dominus et deus di essa, interprete indiscutibile della stessa per volontà divina.
Questo comportamento ha una sola definizione: dittatura – anche col patrocinio di un non-presidente della repubblica che tutto fa fuorché il garante dell’ambaradàn.
Allora, riepilogando:
- Luca Turco va in pensione e se ne impipa di chi resta;
- sua sorella Lucia Turco non ha avuto contraccolpi dalla Concorsopoli di cui si occupò Daniele Cappelli, sacrificato da Tommaso Coletta che, dal di sopra di qualsiasi «prossimità sociale», non intercetta la sorella del suo superiore gerarchico;
- il fascicolo contro Luca Turco si perde nelle stanze del Sant’Uffizio-Csm.
Ma… Resta un ma, che non è cosa da poco. Altrove (a Brescia) finisce sotto indagine il magistrato che incastrò De Pasquale il baffolungo.
E come ci finisce? Il Csm, immobile su De Pasquale, si attiva invece per trasferire il giudice Spanò per incompatibilità ambientale.
La sua colpa? La moglie è alla procura di Brescia: e due coniugi non possono stare sotto lo stesso tetto giurisdizionale. Uno dei due si deve levare di torno, deve andarsene.
Povero Nordio! Dovrebbe dire, anche lui, come la marchesa che camminava sugli specchi: «Me la vedo brutta».
La gran parte degli “italiani-brava gente” che è magistrata, e di quella categoria che ha le mani in pasta in Csm e sindacato (ontologicamente inammissibile) Anm, fa parte della cosiddetta “cancerizzazione” della giustizia ingiusta.
Non c’è da capire molto. Ci possono arrivare anche le famose sinistre mono-neuronali pur se trinariciute osservando il casino istituzionale che regna in àbito di www.giustizia.it.
Spanò se ne deve andà, ma Curreli può restà. E insieme a lui – evidentemente protetto, come del resto ci confermò il presidente Maurizio Barbarisi per ben due volte e per iscritto – possono restà anche altri magistrà di Pistoja città, che stanno qua, nello stesso palà, con le loro rispettive metà.
Povero Nordio! Dovrebbe dire anche lui, come la marchesa che camminava sugli specchi: «Me la vedo brutta»!
Edoardo Bianchini
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