È COMMOVENTE LO SFORZO DEGLI UOMINI
PER APPARIRE QUEL CHE NON SONO
QUANDO COMBINANO I PEGGIORI PASTICCI
«IL BERRETTO a sonagli» è uno stupendissimo dramma di quel fascista-nazista di Luigi Pirandello. Fascista fu, in Germania ci studiò. Non si lavora alla Breda prima, e all’Hitachi poi, senza respirare nemmeno una fibra di amianto. E non si manovrano le maniglie degli scambi di un ordine professionale senza insudiciarsi d’olio almeno le «puntine delle ditine», perché tutto deve essere forma, almeno all’apparenza – la sostanza, poi, è come il cielo: può attendere.
È come fare il fornaio, insomma: ci s’infarina per forza. E così in tutto il resto – vedi la politica e le scelte di campo di molti sedicenti colleghi al servizio del faraone di turno.
Ciampa, in Pirandello, è un perfetto, un toccato da dio, un eletto e destinato al regno dei cieli: soprattutto perché, con la sua famosa «corda pazza», fa paura a tutti quelli che gli passano accanto. Ciampa è il massimo della perfezione perché viaggia sicuro, dato che da tutti è ritenuto un fuori-di-testa – un po’ come me.
Padre Nicanor – se non ricordo male – in Cent’anni di solitudine di Márquez, sempre più stupito della lucidità di Josè Arcadio Buendía, gli domanda com’era possibile che lo tenessero legato a un albero: «Hoc est simplicissimum:» rispose lui «perché sono matto». È la risposta che va bene ai deficienti, a quelli che vivono come gli insetti che riescono a camminare sul pelo dell’acqua, in superficie, senza affogare. Come tanti giornalisti che hanno scelto di imitare Gesù: muovere i passi sul lago senza bagnarsi le «piote»; insomma con i piedi all’asciutto.
Io, guarda caso, i piedi me li sono sempre inzuppati ben bene. Per questo motivo sono sempre passato per matto: ma solo perché la maggior parte di quelli che non lo sono, non hanno mai letto una riga di Platone quando fa dire a Socrate che i più bei doni ci vengono dalla «divina follia».
Non è, forse, una follia non piegare la testa e pigliare delle legnate, mentre accanto hai chi la testa la piega e fa carriera, ma al tempo stesso piega anche la schiena e porge, come si legge irriverentemente nell’Ifigonia in Culide, «il buco dell’ano»? Perché stare male quando si può stare bene? Se lo fai, sei un bischero.
Sì, sono un bischero. Non sono cattolico, ma credo di rispettare gli insegnamenti del Vangelo (a che serve avere tutte le ricchezze del mondo, se perdi l’anima?) molto più di molti cattolici o catto-democratici: loro peccano, tanto poi si «rinsantano» con la confessione e con un’ostia. La vita, in fondo, è facile così: niente scossoni, niente botte.
Non sono neppure fideista come i comunisti di questo terzo millennio, che altro non fanno che parlare di «politicamente corretto», di «sardinismo dei toni paGati», dell’accoglienza con le cooperative che riscuotono 35 € a cranio di nero e se ne tengono per sé più della metà – come sembra, secondo l’accusa, che abbia fatto anche la signora Loretta Giuntoli, di area Pd e difesa, lancia in resta, dall’avvocato Guido Giovannelli, una specie di «ubiquo in terra», peggio di dio. Lui «patrona», infatti, con il Pd in vari comuni negli strumenti urbanistici; con la santa chiesa cattolica apostolica romana del vescovo di Prato Agostinelli; con la Caritas sott’inchiesta; con il terzo settore dell’accoglienza che ha ripreso fiato (togliendolo ai comuni lavoratori); e con la crème radical pratense.
Se non sbaglio un qualche autore latino famoso prendeva in giro un presenzialista dicendo: «Mio caro, chi è dappertutto, non è da nessuna parte». E speriamo che l’avvocato ubiquo capisca che Linea Libera è anche giornale satirico, sennò sarebbe capace di chiederci 30mila euro di danni all’immagine – come ha già fatto in due occasioni.
No. Io sono orgogliosamente un Ciampa o – come si dice a Porretta e in Emilia, che è anche la terra dei bibbiani e delle coop rosse – uno scoglionato. Sì, «je so’ pazzo e… me so’ scassat’ ’o cazzo» di vedere il puttanaio che scorre a litri, a tini, a botti (quelle del vino, non del 31 dicembre a Napoli) in un malcostume generalizzato che permea tutto e tutti in questa repubblica di schizofrenici di sinistra, di destra e di centro.
Preferisco senz’altro gli antichi che, pur se scemi perché mangiavano e foglie e gettavano i fichi, avevano una loro dignità e coerenza: erano più indietro – come si dice a Viareggio – “delle palle del cane”.
Scelsi questo mestieraccio di giornalista per raccontare delle cloache che scorrono sotto i nostri piedi e non per «tombarle» nascondendole a colate di cemento come la Regione ha fatto con il rio di Casalguidi, che ora va all’acqua «ogni volta che piscia una bòtta». Ma anche qui – cioè in questo mestiere – non si perdona: perché te la cavi solo se chini la testa e porgi il culo; se, insomma – come Renato Zero –, ti vendi.
E voglio darne una prova tangibile “per tabulas”, come dicono gli avvocati. Guardate questi due provvedimenti disciplinari: uno è di Francesco Martini (ignoto a chi scrive) e uno è di Oliviero Toscani (cosmopolita noto al mondo intero, che è la sua patria chic).
Di Toscani, intellettuale di sinistra dal “grilletto” facile, non si dice neppure quale sia stata la violazione che gli ha fatto appioppare la censura. L’altro non so proprio cosa abbia fatto di preciso, ma, cazzo!, se ne traccia tutto il percorso con dovizia di particolari sulle varie infrazioni commesse.
Uno si tocca “di striscio”; l’altro si investe con un Tir in corsa dopo averlo legato a un palo in mezzo a un velodromo. Vi sembra che il trattamento sia equilibratamente identico e che – come si dice – la legge sia uguale per tutti?
Toscani è stato censurato il 20 giugno del 2019; Martini è stato stirato con lo schiacciasassi il 17 gennaio 2019 (provvedimento in séguito confermato a Roma il 3 dicembre 2019).
Di recente Toscani ne ha detta una bella grossa, più o meno, come la sua arroganza: «Ma a chi interessa che caschi un ponte? Ma smettiamola» parlando del Ponte Morandi e dei morti di Genova. Ora vediamo come reagirà la disciplinare dei giornalisti in merito a questa vera e propria bestemmia.
Toscani ha anche aggiunto che la frase sul ponte di Genova (in sostanza: gli italiani se ne fregano se casca un ponte) gli era uscita male: sì, dal culo, forse. Si guadagnerà una semplice censura o qualcosa di più? Chi vivrà, vedrà: alla prova, disse il cavadenti!
Ma nello stato di diritto (un corno) è davvero certa la “terzietà dei giudici”?
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Delitto di cronaca, critica, satira e occhi aperti
Se gli uomini dovevano essere ciechi, forse dio (o i marziani?) li avrebbe fatti come i protei delle caverne alpine della Slovenia…