Era sempre disponibile a dare una mano a chiunque ne avesse bisogno. Ha passato gli ultimi dieci anni della sua vita schiacciato da una croce enorme. Non era Sindaco, non era Assessore e nemmeno Consigliere del Comune di Pistoia, ma dirigente di un partito che contava e pesava come il due di briscola
di GIAMPAOLO PAGLIAI
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GIOVEDÌ prima di Pasqua, Roberto Riccomi ha concluso il suo Calvario su una panca di Tribunale.
Lui, figlio di Lenio e nipote dello zio Stalio, è stato un uomo buono e generoso, nato ricco e morto povero per la sua passione e per i suoi ideali di socialista.
Sempre sorridente era amico di tutti, mi chiamava scherzosamente e con affetto “professore”.
Era sempre disponibile a dare una mano a chiunque ne avesse bisogno. Ha passato gli ultimi dieci anni della sua vita schiacciato da una croce enorme. Non era Sindaco, non era Assessore e nemmeno Consigliere del Comune di Pistoia, ma dirigente di un partito che contava e pesava come il due di briscola.
Ma qualcuno ha creduto che fosse lui ad ordire la trama del malaffare nella gestione dei lavori pubblici del nostro capoluogo.
Chi ha conosciuto bene la realtà delle cose e dei fatti non può che non credere a questa teoria: “lui sapeva e tutti gli altri potevano non sapere”.
Nella sua vita si è sempre impegnato per il bene di Montecatini Terme e di tutto il territorio pistoiese.
Come operatore turistico aveva valorizzato Montecatini, ponendola all’attenzione della classe medica italiana organizzando la partecipazione alle Olimpiadi della Medicina di migliaia di medici italiani.
Ciao Roberto!
Giampaolo Pagliai
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PISTOIA SARCOFAGO
È UNA GUERRA SENZA FINE
Caro Giampaolo,
socialista e confusionario conosciuto al Forteguerri troppo tempo fa.Socialista craxiano che con me condivide un’indelebile memoria del Martire Bettino – forse ladro, ma non più di tutti gli altri, comunisti in prima fila guidati da Napolitano allora presidente della camera (da letto).
Martire perché alla fine, povero, Bettino è stato l’unico a pagare poiché teneva certa marmaglia lontana dalle stanze dei soldi e del potere: oggi si vede bene cosa sono stati capaci di fare dell’Italia.
Hai occhi buoni, Giampaolo, circa la lettura di quel “troiaio” che è stata la storia degli untouchables: una favola che ha arricchito diversi avvocati pistoiesi e messo in ginocchio – bontà di una procura che non ha mai funzionato e ora meno di sempre – la città-sarcofago in cui, contrariamente a quanto scrisse Tomasi di Lampedusa, «niente deve cambiare perché tutto deve restare assolutamente com’è che va meglio a tutti».
Come spesso è accaduto nella storia d’Italia, la nostra “fortezza della legge” al terzo piano di palazzo di giustizia, è andata avanti a tesi: è partita sapendo già cosa doveva accadere e come.
Il resto lo hanno masticato e sputato i campioni delle difese e delle accuse. Quelli delle difese di più: specie quando andavano a casa degli arrestati a domicilio e, appena messo il piede dentro la soglia, si mettevano in tasca mille euro cash in busta to the black.
Qualcuno degli indagati (termine che a Pistoia, non di rado, significa vergognosamente condannati a priori) ha perfino detto: «Senti, avvocato… Non venire più a casa, perché non posso darti 4 o 5 mila euro al mese oltre quelli che ti verso in studio e con fattura…». Saranno leggende metropolitane? Può darsi: ma… vox populi, vox dei.
Pistoia, il sarcofago dei faraoni mummificati che camminano, ha visto e vissuto tutto questo. Ha tollerato giudici – poi non perseguiti, ma solo spediti a fare danno altrove, all’italiana – che hanno pronunciato sentenze in cui si sosteneva che una costruzione senza finestre, senza porte, senza scale, era una abitazione. E tutto silenzio da parte di tutti.
Pistoia, degna tana dei cattocomunisti, ha tollerato che qualcuno, in città, ottenesse la residenza in una casa come quella molto carina della canzone: anch’essa senza senza porte e finestre, forse senza cesso. E solo per aggirare un ostacolo amministrativo di iscrizione di figlioli in una scuola cittadina piuttosto che in un’altra. E poi tutti i cittadini sono uguali dinanzi alla legge, eh?
Pistoia, capitale dell’inciucio Open, ha tollerato la persecuzione di fedeli servitori dello stato che, con onore specchiato, non avevano voluto piegare la testa agli ordini di pubblici ministeri invasori delle leggi e devastatori dello stato di diritto. Gente che, alla prova dei fatti, si è perfino vista non rinnovare la nomina da parte del Csm. Più disonore di così, cosa vuoi, Giampaolo? Ed è storia, non sono maldicenze.
Tutto questo nel silenzio di tutti, a cominciare da quei campioni del silenzio dei cronisti pistoiesi che, anziché narrare gli eventi, preferiscono parlarci dei confetti del Corsini (ottimi, ma non sono Pistoia) e dei piatti tipici all’olio buono dell’Ora Verde di don Luigi Egidio Bardelli, detto don Manone: l’uomo inossidabile.
Inossidabile perché il sant’uomo ha passato ogni tsunami, da lui stesso causato, imperturbato e imperturbabile. E anche se tu, Giampaolo, dal Consorzio Socio-Sanitario, scopristi che riscuoteva prestazioni sanitarie a nome di morti e sepolti, la santa procura pistoiese, allora in mano – se non erro – a Giuseppe Manchia, ora ultracentenario, preferì non vedere e chiuse, se ho ben capito, tutto lì, facendo finta di nulla.
Al preside Oreste Soverchia, invece, quella stessa procura dette immenso fastidio perché aveva deciso che, dopo un’assenza-siopero generale al Pacini, gli studenti erano “giustificati d’ufficio” o sarebbero occorsi due giorni di firme per giustificarli uno a uno, pro capite!
Tu lo hai gridato, lo sconcio-truffa delle prestazioni ai morti da parte dell’Aias-Bardelli. Lo hai denunciato, scritto e ribadito in aula, come tua testimonianza, dinanzi al dottor Luca Gaspari che – nella sua integrità – ha capito. Ma altre vicende ci sono state, nella piazza del Duomo (o meglio dei miracoli), di uno squallore inimmaginabile.
E per chiudere questa requisitoria – che non può spettare solo alla cordata dei Pm pistoiesi, ma molto più deve essere concessa a chi, quale popolo, paga loro gli stipendi – voglio pubblicare una notizia, non confermata, ma che circola tranquillamente sui social.
È quella di una battuta assai infelice del giudice in aula al momento in cui Roberto Riccomi è stato portato all’ospedale per l’ultimo viaggio. Le leggi qua sopra.
È un peccato che, dopo tanto sangue sparso e tutte le stronzate dell’Anpi, a cui sono iscritti i progressisti che ci amministrano, come la giunta di Quarrata, la nostra Costituzione sia così svilita, infamata e insultata: con giudici che si permettono tutto e cittadini che devono ingoiare tutto tacendo.
Non io, sia chiaro. Un abbraccio fraterno in memoria e nome del “Martire Bettino”, massacrato dalla sinistra progressista e dai mille magistrati di regime tuttora in cattedra.
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]