PISTOIA. Pubblichiamo un racconto estivo inviato da un nostro lettore.
La giornata era luminosa, tersa, il suo bagliore dava un senso di ritrovata riconciliazione con le cose e gli uomini, illuminando le zone più oscure.
La luce bagnava tutte le cose circostanti; l’aria era frizzantina come un vino bianco, un Turat. Eccoci che ci siamo!
Arriva Olmo, uomo grande, dal viso segnato come un legno intarsiato su cui puoi leggere nelle varie scalfiture i segni del tempo.
Olmo, vecchia quercia ti ricordo nel cuore come un personaggio leggendario, con la tua ruvida verità sempre in tasca che tiravi fuori ad ogni stagione, con il tuo modo spiccio e franco di arrivare al sodo delle questioni.
Noi nati dopo siamo troppo amletici, troppo riflessivi, il benessere di questi anni ci ha rovinato l’anima al sacrificio! In questo benessere finto ci siamo rammoliti all’ombra di famiglie che ci hanno voluto risparmiare ogni sforzo.
Tu sapevi leggere nei nostri dilemmi il sugo del discorso senza tanti salamelecchi, tu contadino e operaio, lavoratore infaticabile, fortunato nel lavoro, sapevi sbrogliartela sempre perché ne hai passate tante; quasi come un personaggio di un romanzo famoso. Zorba il greco se non erro…
“Allora ci siamo, branco di sfiduciati, ci siamo siete pronti?”. Tutti noi riuniti come un branco di pecore intirizzite abbiamo risposto all’unisono la nostra partecipazione.
“Il momento di riprenderci quello che ci hanno tolto è arrivato, poveri cristi, fessacchiotti, tutti voi spugne di paternalismo, creduloni, assistiti, vittime, ubriachi di promesse, imboniti e ammaliati dalle minestrine che vi hanno fatto sorbire, voi tutti rassegnati e spenti, docili e cauti, voi tutti pazienti e belanti, voi vulnus di questa libera repubblica”…
Carlo, Federico, Francesco, Alfonso, Libero e gli altri si guardavano negli occhi, commossi e in preda a quell’antica comunione degli spiriti che solo la partecipazione allo stesso dolore e la coscienza di qualcosa di grosso che stava per succedere sapeva unire.
Avete visto in questi anni come ci hanno ammannito bene la tavola a seconda dei gusti, avete visto come sanno trasformarsi al momento opportuno, camaleonti politici, voltagabbana, ruffiani e mangiaufo a tradimento”!
Olmo parlava a squarciagola, le vene del collo si enfiavano che faceva impressione, e una leggera brezzolina scapigliava le chiome del gruppo riunito. La piazza sembrava ancora immersa nel sonno della notte, un silenzio irreale vi regnava, come se quelle presenze fossero le uniche della città addormentata. Il campanile troneggiava bello e antico, il palazzo comunale, la cattedrale circondavano silenti e austeri quel gruppo di sciamannati lì raccolti da una silente disperazione, dalla voglia di farla finita con le mezze misure!
“Ci hanno rubato il sorriso, ci hanno rubato la speranza, ci hanno rubato il futuro!
In questi ultimi anni vi ho visto ammosciare gradualmente, come una luce prima guizzante, siete diventati delle fiammelle flebili, mosse dal vento che tira.
Tu Francesco dov’è finito quello sguardo di qualche tempo fa, quando ancora cercavi una via d’uscita!
Adesso non vedo luce nei tuoi occhi, ma una sottile patina di rassegnazione, un velo di disincanto e buon senso che ti ammorbano l’anima per stare dentro.
E tu Carlo, quel sorriso che mostravi fiducioso nel futuro, quel tuo scrigno di desideri che portavi in giro mostrandone a volte i bagliori al passante che ti fermava? Adesso vedo un capo chino, che si schermisce, che cerca di svicolare se incontra qualche conoscente, quasi ti giustifichi, o mandi strali in cui si vede la tua sofferenza, la tua rassegnazione!
Mentre Olmo parlava, sui volti dei presenti facevano la comparsa lacrime di commozione che rigavano le guance tese e prese dalla presenza dell’uomo.
Poi Olmo si guardò intorno, si guardò in tasca e tirò fuori un piccolo libro, “Odio gli indifferenti” uno scritto di Gramsci, lo brandì come fosse un moschetto, uno Sten, e gridò “fuoco alla viltà”, “ basta con la rassegnazione e il prenderlo ancora e sempre nel deretano “…” basta con dei politicanti affamati di poltrone che ci devono sempre dire dove mettere i soldi”, “ basta con i salvatori e i pifferai magici”…
“Avete portato le armi” ? Non quelle di distrazione di massa, che ci pensa la televisione, non le cedole del lotto né i gratta e vinci, non le vostre carte né
i biglietti delle partite”?
Tutti si guardavano con un sorriso d’intesa, come di liberazione, e cominciarono a tirar fuori chi dalle tasche chi da certe piccole borse le armi pronte ad esplodere contro il muro di melassa della burocrazia, delle tante sale d’attesa nei vestiboli umilianti per chiedere un diritto diventato un privilegio… contro le facce inconsistenti dei vari politici di professione.
“Compagni in alto le armi” disse Olmo come un novello comandante di brigata, tutti emozionati alzarono i loro libri al cielo!
Ognuno di loro, come da un romanzo di fantascienza famoso, teneva stretto a sé quel libro e lo sapeva a menadito; tanti autori accomunati dal senso di giustizia e promozione umana.
Non potevano mancare 1984 la Fattoria degli animali di G. Orwel, le favole di Esopo, le poesie di Neruda, Lorca, la Divina Commedia di Dante Alighieri, I Promessi Sposi di Manzoni, la vita Agra di Bianciardi, gli Scritti Corsari e Lettere Luterane di Pasolini, il Partigiano Jonny di Fenoglio, le Città invisibili di Calvino, Gli indifferenti di Moravia, la Costituzione, il Vangelo, Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam, della servitù volontaria di Etienne de la Boétie, Zorba il greco di N. Kazantzakis ecc.
Tutti avevano un libro in mano come fosse un garand, per cercare di scalfire quella patina asettica aristocratica e trombona dei soliti privilegiati che oziavano nei caffè parlando di Cioran mentre fuori “Roma brucia”.
Tutti quelli convenuti erano stanchi delle cazzate, delle promesse da marinaio dei soliti privilegiati e spinti che erano entrati a forza di ruffianate dentro il cortile senza tanti passi e camminate!
Sapete disse Olmo “io l’ho fatta la resistenza, e posso dirvelo davvero: vi hanno fregato! Tante possibilità, studi, bivi alternativi ma poi che vi resta in mano! Un pugno di mosche!!! Vedete queste mani callose, questa faccia segnata, questo vestito logoro, questi occhi stanchi e bruciati dalle veglie?
Voi vi schermite, siete stati protetti dai vostri genitori ma loro vi hanno fregato! Tutti si guardavano emozionati, in preda ad una comune voglia di liberarsi da ciò che teneva schiavo il loro legittimo senso di rivolta, avvilito in questi anni di dolce perbenismo borghese, da una falsa rappresentazione della realtà.
Troppo tempo era passato dalle loro più nobili aspirazioni, e come nel deserto dei Tartari avevano aspettato sperando sempre nell’arrivo di quaalche novità ma senza crederci più.
Ad un certo punto sentii un rumore come di uno sparo di fucile, una raffica di mitra, degli urli teutonici, dei cani che abbaiavano, dei mezzi che passavano veloci; una deflagrazione di una bomba, morti e feriti, mi passò davanti le scene di una stazione, e poi cortei, bandiere rosse, urla e slogan, sigle di tg, sirene delle pantere, un pezzo di storia patria e rividi Olmo cambiato…
Mi svegliai dal sonno salutare per ritrovarmi immerso nel clima rassegnato e stanco di un Paese ancora addormentato!
[*] – Lettore, ospite