PISTOIA. Tempo per fare le prove non ne hanno avuto, nel pomeriggio. Mal di poco, davvero. Ai quattro musicisti in scena ieri sera al Circolo di Santomato per la prima serata dell’omonima nuova edizione live, è bastato guardarsi negli occhi: il resto, compresa la voce di Elisa Ghilardi, è arrivato per cause di talento maggiore, quello che privilegia la classe di Cris Pacini, Vincenzo Vince Bramanti, Filippo Guerrieri e Enrico Cecconi.
Un sax, quello tra le labbra di Cris, gestito come una cerbottana da un amazzone a caccia nella Savana; una chitarra, quella imbracciata da Vince, che senza ondulazioni fisiche, quasi inscindibili per la maggior parte dei seicordisti, perfora le pareti del nitore; le tastiere, affidate alla cura di Filippo, che spesso e volentieri fanno dimenticare al sound e ai presenti che sul palco manchi il basso; e la batteria, quella del Cecco, che ormai suona da sola.
L’occasione era ghiotta, per sentirli insieme, perché c’era un doppio pretesto, per la reunion: Cris Pacini, ieri sera, ha presentato, in anteprima a quelli di Santomato, il suo ultimo cofanetto, Songs in my life, un piccolo, sontuoso, spaccato dei suoi ricordi, della sua crescita, del suo essere diventato un vero e proprio fuoriclasse. Sono otto brani, otto cover, riarrangiate come quelli del suo calibro sanno fare, nello studio del tastierista, Filippo Guerrieri, una forza del vintage, un regista esemplare che riesce ad assoldare, alla sua causa anni 70-80, personaggi di indubbio talento, musicisti con i quali ripercorre, rileggendoli, i motivi della stagione forse più florida della musica.
Enrico Cecconi, la batteria, non fa parte dell’ultima registrazione del suo amico-collega Cris; mal di poco, davvero: basta che qualcuno gli dica di cosa si voglia parlare, in musica e lui, uno dei migliori talenti in circolazione ai tom, piatti e rullanti, testimonial on the road di Luigi Tronci by Ufip, si immerge, automaticamente e con estrema naturale disinvoltura, nel ruolo che più gli compete. Certo, alla chitarra c’è Vince Bramanti, un turnista, poco più che quarantenne, che frequenta Cris e ha lavorato nel suo Cd, ma solo dopo aver turneggiato con Mina, James Thompson, Ares Tavolazzi, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Rossana Casale e altri talenti della musica internazionale ed aver soprattutto ascoltato molto, fino alla nausea, forse, Pat Metheny.
A completare il quadro, la voce di Elisa Ghilardi, professionista impeccabile, che arriva diretta al cuore, senza bucarlo, ad essere onesti, ma che non batte ciglio a saltabeccare da George Michael a Steve Wonder, soffiando sul collo di Sade e dimostrando, nel giro di poche canzoni, un’eleganza, una classe e una versatilità che sono merce indispensabile, e rara, di questa generazione musicale di illustri sprovveduti.
Tutto questo è quello che è stato incastonato, in una cornice demodé, da Cris Pacini, che continua a meravigliare tutto il pubblico con un repertorio fantascientifico, con la morbidezza di chi è cresciuto e si è alfabetizzato nell’età più prolifica della musica, gli anni 70, dove il rock, figlio del blues e del jazz, aveva un senso e dove schegge impazzite di quella musica partorirono il funky, e riesce a riproporla, ora che ne è un testimone prezioso, nella sua stagione più infelice: questa.