STING, IL PROFESSORE

Sting a Pistoia
Sting a Pistoia. 1

PISTOIA. Perdersi nelle emozioni e annegare nelle considerazioni è decisamente controproducente. Rischieremmo, raccontandovi il concerto di Sting, che ieri sera, venerdì 24 luglio, ha chiuso la 36esima edizione del Festival Blues di Pistoia, di non essere sufficientemente esaustivi.

Iniziamo dalla band, il fior fiore di tutti i conventi, da quell’americano strano, Vinnie Colaiuta, che proprio con Sting e David Sancious (alle tastiere) iniziò a dettare legge nel mondo, fino a diventare, parole di Sting, ma anche di chiunque altro, il miglior batterista in circolazione.

Il violino, Peter Tickell, in più di una circostanza ha svelato di aver trascorso l’infanzia ad ascoltare Jean Luc Ponty, mentre la chitarra, Dominic Miller, ha fatto sapere di essere tra le papabili ad aspirare a qualsiasi trono.

C’è anche una corista, nella band: si chiama Jo Lawry; chissà cosa è capace di fare quando apre la bocca per modulare il diaframma. Ieri sera, in qualche circostanza, lo ha anche dimostrato, ma il solo fatto che Sting se la sia portata sul palco davanti a più di diecimila persone, un motivo deve pur esserci.

Di Gordon Mattew Thomas Summer, ribattezzato presto Sting per quella maglia a strisce gialle e nere con la quale iniziò ad esibirsi e che lo faceva sembrare un’ape (stinger), cosa volete che vi si racconti. Sessantaquattro anni, circa quaranta alle spalle di musica, concerti, grammy e attestati di magnificenza: i primi ad incantare il mondo con Stewart Copeland e Andy Summers (Police); poi, dal 1985, due anni dopo lo scioglimento del magico trio rock and roll, via da solista, riuscendo nell’impresa di superare se stesso, cioè le gesta che lo avevano già beatificato con i due compagni di sogni adolescenziali.

Sting
Sting a Pistoia. 2

E ieri, consapevole che non fosse serata medievale di ispirazioni stilnoviste con fiati e liuti (la band comunque, lo faceva capire benissimo che cosa sarebbe stata l’esibizione), l’ex bassista dei Police ha imbracciato lo strumento e ha ripercorso la propria interminabile carriera, toccando tutti i punti nevralgici che il pubblico voleva che rimembrasse.

La cosa stupefacente è che al crescere della padronanza e della dimestichezza strumentale, Sting non ha lasciato alle primavere trascorse nemmeno un pizzico di fascino, un perdonabile capello di sonorità e qualche decibel della voce. Anzi, l’essere entrato irreparabilmente nella fascia della terza età, gli ha dato quella sicurezza scenica che dal vivo si trasforma in un vero e proprio primato, da pochi altri eguagliabile.

Quello che il pubblico voleva sentire, Sting l’ha raccontato, in perfetto italiano, da vero Englishman in New York, anzi a Castiglion Fiorentino: Don’t stand so close to me, un’interminabile Roxanne, nella quale ha riversato buona parte della sua poliedricità musicale, spaziando in lungo e in largo dal jazz alla world music, senza dimenticare l’epica Message in a bottle, il manifesto dei Police e deliziando la folla, oceanica, con Every breath you take, non lasciando a piedi nemmeno Do do do da da da. Lo ha fatto con la piena consapevolezza di essere uno dei migliori in circolazione, così come Roger Federer, vicino ai 35 anni, impartisce lezioni, con la sua racchetta, a quel nugolo di giovanotti che sono convinti di costringerlo a rassegnare le dimissioni, prima di incrociarlo sul rettangolo piccolo.

Sting 3
Sting a Pistoia. 3

Ha un’estensione vocale da soprano, Sting, maneggia con irritante disinvoltura un mare di strumenti (ha chiuso il concerto con la chitarra), possiede, in modo naturale, forse innata, la qualità della comunicazione, gelosamente conservata nei cassetti adolescenziali, quanto tutto lasciava intendere che Sting sarebbe rimasto Gordon Mattew Thomas Summer, anzi, il professor Summer, figlio di una parrucchiera e di un ingegnere civile; si muove con la leggiadria di un quarantenne che ha trascorso molto tempo a rimirarsi gli addominali senza andare in palestra, ma coltivando la terra dei suoi campi e soprattutto conosce la cultura della musica, i gangli che la muovono, che la fanno vibrare e le indirizzano, inesorabile, al cuore degli ascoltatori, che si trasformano, quasi sempre, in eserciti di spettatori.

Conosce anche l’architettura scenografica: pochi elementi, ma decisivi, come i potenti faretti illuminati scomodando tutte le cromature dell’iride che si incrociano sul palco, con un po’ di fumo e di mistero che si innalzano dai lati del palco, come se fosse il Seven Apple alla fine degli anni ’80: nulla di avveniristico, tutto molto easy.

Anche con la barba da reduce del Vietnam, Sting è esattamente uguale a se stesso, innamorato della vita e di ciò che gli ha regalato: due mogli, sei figli e un oceano di interessi, nei quali hanno sempre trovato posto i migliori musicisti, da Zappa a Marsalis, prendendo, ad esempio, due illustri estremi.

Sting e Peter Tickell
Sting e Peter Tickell a Pistoia

Il 36esimo Festival Blues di Pistoia finisce così, con una delle esibizioni e delle fotografie più belle di piazza del Duomo. Restano, aperte e da risolvere, alcune questioni: i diversamente abili meritano un trattamento civilmente differenziato e non ci si può ricordare di loro solo poco prima che lo spettacolo abbia inizio relegandoli in un anfratto di fortuna; dalle finestre chiuse, meno una, del Tribunale, dopo la bagarre dei portoghesi di Santana, nessun spettatore sprovvisto di tagliando e inopportunamente privilegiato alla brezza di dieci metri; per Sting, hanno tutti chiesto e ottenuto asilo nei finestroni del Monte dei Paschi di Siena, ma solo perché qualcuno si è, giustamente, indignato e noi lo abbiamo raccontato.

Il caldo torrido che ha perseguitato l’intera manifestazione, anche ieri non si è abbassato di un millimetro: con la piazza così meravigliosamente e pericolosamente piena, però, occorrerebbe garantire delle vie di fuga, perché se fosse successo qualcosa, ieri, la tragedia avrebbe potuto incrinare la bellezza della musica.

La musica di Sting, come quella di Santana, che a Pistoia hanno ragion d’essere solo in quella piazza, piazza del Duomo, che qualcuno potrebbe e dovrebbe rinominare piazza B.B. King.

Vinnie Colaiuta
Vinnie Colaiuta

Sting, Vinnie Colaiuta, Dominic Miller
Sting, Vinnie Colaiuta, Dominic Miller

La band saluta e ringrazia piazza del Duomo
La band saluta e ringrazia piazza del Duomo

Jo Lawri e Vinnie Colaiuta
Jo Lawri e Vinnie Colaiuta
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