STOMP, LO SPETTACOLO PIÙ BELLO DEL MONDO

Stomp
Stomp

FIRENZE. Certe volte, nemmeno i concerti delle maggiori celebrità musicali, durano due ore. Eppure, loro – prendetene uno a caso e la sua band – hanno la possibilità di prolungare a dismisura un pezzo o anticiparne, con richiami incomprensibili, un altro.

Quelli di Stomp, invece, devono solo e soltanto confidare nella singola rispettiva energia ritmica e fare in modo che i conti, i tempi, le respirazioni, i battiti delle mani e del cuore coincidano perfettamente l’un con l’altro, altrimenti, quella base tribale che è l’anima dei loro spettacoli, si perde e l’armonia, la musica, diventano confusione.

Noi, per fortuna, eravamo in platea, ieri pomeriggio, in una replica non contemplata dal cartellone del Verdi di Firenze, che aveva messo in vendita i biglietti per tre spettacoli. Ma il popolo delle meraviglie, a grande richiesta, ha imposto agli otto ragazzi di Stomp uno spettacolo in più e loro non hanno battuto ciglio e prese le scope, sono saliti sul palco. Sì, le scope, perché il primo quarto d’ora dello spettacolo, gli otto professionisti della sinergia ritmica lo animano con delle ramazze: con le setole si improvvisa lo shuft, con le estremità degli scopettoni si batte sui tom.

Energia allo stato puro, controllato, centellinato, provato miliardi di volte, immaginiamo, perché basta davvero un impercettibile ritardo, o un’anticipazione, che il puzzle degli Stomp si sbriciola a terra e si trasforma in una follia indisponente di rumori e fastidi che potrebbe indurre il pubblico pagante a rumoreggiare rivendicando il prezzo del biglietto.

Ballano sul palco, battendo sistematicamente le mani; no, non si fanno gli applausi – anche se ne avrebbero ragioni da vendere -: le mani sono uno strumento importantissimo, per gli Stomp. Dipende infatti come si congiungano i due palmi tra loro, a che altezza, con quale intensità; altrimenti basta prendere un bastone in mano, anzi, otto bastoni, uno per ciascuno oi tubi di gomme di scarico dei lavandini, o i lavandini stessi, con l’acqua dentro, per non parlare dei coperchi dei secchi di alluminio dove vanno a finire i rifiuti. Già, i rifiuti. Per la compagnia di Stomp sono una preziosissima fonte di suono, come le buste di plastica, che tanto dannano l’anima degli ambientalisti per come smaltirle senza inquinare: con gli otto ragazzi dello Stomp (sei uomini e due donne) tutto ha un senso specifico, perché ogni cosa produce rumore e tutto ciò che ha la possibilità di raggiungere le parti più sensibili delle orecchie, è uno strumento prezioso. Basta raccordarlo con gli altri sette che stanno sul palcoscenico, anche sospesi nel vuoto, tenuti in equilibrio da una fune sulla quale volteggiano su piatti appesi ad una grata,

Stomp nasce nel 1991, nel Regno Unito, a Brighton: i suoi ideatori sono Luke Cresswell e Steve McNicholas. Da allora, una vera e propria palestra senza soluzione di continuità, sforna battitori liberi di pentole, tubi, fogli di giornale e buste di plastica e gli spettacoli vanno avanti. Della loro straordinaria capacità timbrica, emotiva, concertistica, se ne è accorto anche Quincy Jones, che li ha voluti coinvolgere in uno dei suoi più preziosi progetti sonori.

Se dovessero capitare ancora, nei paraggi, quelli di Stomp, torneremo sicuramente a vederli: casomai saranno cambiati tutti e otto rispetto ai performer che hanno animato il pomeriggio fiorentino, ma il risultato non cambierà. Ne siamo certi.

luigiscardigli@linealibera.it

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