stop ttip. LA COLDIRETTI FIRENZE-PRATO E LE SUE PERPLESSITÀ

Manifestazione 'Stop Ttip' a Roma
Manifestazione Stop Ttip a Roma

ROMA-FIRENZE. Sabato 7 maggio è stata, nel generale disinteresse dell’opinione pubblica, la giornata italiana dello ‘Stop Ttip’: secondo gli organizzatori e alcuni cronisti 30mila persone hanno raggiunto Roma (vedi) per manifestare la contrarietà alle trattative sul partenariato commerciale tra Usa e Ue (Ttip).

Nei giorni scorsi Greenpeace Olanda era riuscita a carpire alcuni stralci degli accordi tenuti segreti, diffondendoli alla stampa europea (vedere qui).

Il Segretario di Stato per il commercio estero francese aveva perentoriamente affermato che la Francia bloccherà entro l’anno gli accordi, rafforzato dallo stesso Hollande, indisposto ad accettare un «libero scambio senza regole». Va anche detto che secondo un verde d’oltralpe la posizione di Hollande è puramente strumentale ad alzare la posta in gioco per le multinazionali Veolia e Suez.

In ogni caso conviene perdere qualche minuto per approfondire le argomentazioni a sostegno dell’inutilità economica del Ttip, contenute in questi due link: materiale informativo e docs. Da parte nostra avevamo già osservato che l’armonizzazione delle norme tra Usa e Ue, ragione sostenuta ufficialmente dagli esponenti istituzionali e politici pro Ttip, è oggettivamente non credibile.

Ambientalisti a Roma per lo 'Stop Ttip'
Ambientalisti a Roma per lo Stop Ttip

Sono infatti più d’uno i settori in cui tra Paesi della stessa Ue i diversi sistemi di certificazioni impediscono lo scambio commerciale: su tutti il fronte delle plastiche riciclate.

La Utilplastic, azienda di Larciano leader nel riciclo di alcuni polimeri, è ad esempio impossibilitata ad esportare in Germania proprio per  la mancanza di riconoscimento della certificazione italiana di plastica riciclata.

Non sarebbe quindi più importante e conveniente, prima di qualunque generico Ttip, armonizzare queste concrete barriere commerciali esistenti tra stati membri?

Una mozione che impegnava il consiglio comunale di Pistoia a schierarsi contro il Ttip venne nei mesi scorsi bocciata, anche se siamo pronti a mettere una mano sul fuoco sulla totale mancanza di consapevolezza dell’oggetto della votazione da parte dei consiglieri del no.

Abbiamo però trovato per ora l’unica categoria con un’idea, seppur molto circostanziata e parziale, sul Ttip: la Coldiretti di Firenze-Prato, che per bocca del suo direttore, Simone Ciampoli, che è anche direttore di Coldiretti Pistoia, ha inviato la seguente nota:

7 maggio 2016, Stop Ttip
7 maggio 2016, Stop Ttip

L’Unione Europea ha il dovere di difendere gli alimenti che sono l’espressione di una identità territoriale: non si può più tollerare un vino prodotto in California e venduto negli Usa che si chiama Chianti.

È inaccettabile che gli Stati Uniti consentano di continuare a chiamare con lo stesso nome alimenti del tutto diversi, si tratta di concorrenza sleale che danneggia i produttori e inganna i consumatori. Vogliamo che il Ttip assicuri la tutela dei vini italiani dai tanti falsi.

Il Ttip è il trattato transatlantico in corso di definizione tra Ue e Usa, che detterà le regole nei prossimi anni nell’ambito dell’interscambio commerciale. Coldiretti esprime preoccupazione per le notizie sull’andamento delle trattative tra Usa e Ue secondo le quali gli americani hanno ribadito la loro intenzione di continuare ad usare le denominazioni ‘semigeneriche’ dei vini europei, come gli italiani Chianti e Marsala, il greco Retzina, il portoghese Madeira e i francesi Chablis e Champagne.

La trattativa sull’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti, il Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip) deve rappresentare un appuntamento determinante per tutelare le produzioni agroalimentari italiane dalla contraffazione alimentare e dal cosiddetto fenomeno dell’Italian sounding. Al momento non è così.

Tra le tante specialità italiane malamente imitate, ma che vengono acquistate dagli stranieri che non conoscono l’originale, c’è il Chianti che vanta innumerevoli tentativi di imitazioni. Un doppio danno per i produttori del Chianti: vendono meno in quantità e subiscono le conseguenze di essere associati a produzioni qualitativamente discutibili a cominciare dallo pseudo vino ottenuto da polveri miracolose contenute in wine-kit che promettono in pochi giorni di ottenere le etichette più prestigiose, come il Chianti.

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