PISTOIA. Cataloghi e lettere per Marino firmati da una M, asimmetrica, maestosa, con le ali alle gambe, come soffiata dal vento sulla carta. È la M di Joan Mirò. Libri d’arte che illustrano opere e mostre dell’artista spagnolo negli anni ‘50, in uno dei momenti d’oro del suo percorso legato al surrealismo e all’identità espressiva che ne stava determinando il successo nello scenario internazionale.
E alcune lettere, una delle quali scritta a mano in lingua francese, in cui il maestro di Barcellona esprime rammarico per un incontro mancato che doveva tenersi a Milano con l’amico pistoiese.
La Fondazione Marino Marini di Pistoia riscopre e valorizza legami inediti tra i due grandi artisti, protagonisti dell’arte europea del ‘900. Una testimonianza di ampio valore culturale che per la prima volta affiora dal ricco patrimonio letterario e fotografico di proprietà della famiglia, conservato nelle sale dello storico Palazzo del Tau a Pistoia.
“Caratterizzato da migliaia di documenti – commenta Ambra Tuci, coordinatrice delle attività didattiche e degli eventi culturali della Fondazione – il fondo che comprende scatti d’autore realizzati in gran parte dalla moglie Marina, immagini storiche, materiale epistolare, volumi e pubblicazioni d’arte e testi a lui dedicati, costituisce l’archivio mariniano più importante del mondo. Il lungo viaggio di Marino diventa un percorso visibile nella storia narrato per date, immagini, segni letterari e tracce epistolari.
La ricchezza e la varietà dei documenti affianca e arricchisce l’esposizione pistoiese dei capolavori di scultura, pittura e grafica che hanno reso Marino figura di primo piano nell’arte del ventesimo secolo”. La Fondazione, impegnata a dare nuovo slancio alla funzione di promozione culturale nel rapporto tra arte pubblica e territorio, mette a disposizione questo importante tesoro del passato e offre a studenti, storici dell’arte, esperti, appassionati e turisti l’opportunità di consultare l’epistolario, la fototeca e la mediateca caratterizzata dalla raccolta di ritagli stampa pubblicati dal 1927 ai giorni nostri”.
“Marino e Mirò si piacevano, si apprezzavano e si emulavano – prosegue Ambra Tuci – le forme giocose, i tratti e le grandi pennellate, le campiture di colore con elementi simbolici testimoniano una relazione profonda tra i due maestri, la cifra artistica che attesta la presenza di affinità e interessi comuni è l’utilizzo del colore e la necessità di indagarne le potenzialità espressive ed emozionali”.
La lettera ritrovata dalla Fondazione e i cataloghi conservati nell’archivio con tanto di dedica all’artista pistoiese parlano di un’amicizia coltivata negli anni ‘50 quando Mirò, pittore, scultore, ceramista, era al culmine della sua carriera costellata di riconoscimenti tra cui il premio conseguito nel 1954 per la grafica alla Biennale di Venezia e quello altrettanto prestigioso del 1958 conosciuto come Premio Internazionale Guggenheim.
Per Marino il colore rappresentava l’inizio di ogni idea. Ne dà prova sulla tela, come testimoniano le opere pittoriche realizzate tra gli anni 50’ e gli anni ‘70 sul mondo circense e quello teatrale “Il fondale” (1953), “Ballerino” e “Giochi nello spazio” (1966), tanto per citarne alcuni. E persino sulla carta, come si evince dalla raccolta di pensieri disponibile nella biblioteca della Fondazione.“Ho sempre sentito il bisogno della suggestione sensoriale del colore – scrive Marino – per dare inizio a una forma: è il colore che mi dà la spinta e il sentimento per fare qualcosa di creativo. Così comincio con il colore e dopo vedo una linea e vedo una forma”.
Da Barcellona, dall’abitazione di Fougarolas 9, il 4 ottobre 1952 Joan Mirò fa sapere a Marino di essere stato irretito da un fraintendimento, probabilmente un numero di telefono errato, che non ha permesso il loro incontro a Milano e fa riferimento anche alla presenza del gallerista Pierre Matisse, figlio di Henry, incaricato di facilitare il rendez-vous.
A Milano lo scambio artistico-culturale cui ambiva tanto Mirò non ebbe luogo ma tante altre furono le occasioni che successivamente misero in contatto i due grandi artisti. Senza dubbio la loro era una relazione fondata su basi solide e su sentimenti di stima e amicizia, come testimonia anche il tono confidenziale della lettera dell’artista spagnolo indirizzata a piazza Mirabello. “Je n’aurai failure joie de vous voir. Veuillez croire, mon cher Marini, a toute mon amitié”.
Mirò è una delle più illustri conoscenze che dava respiro internazionale alla cerchia di amici d’arte di Marino. Personalità di grande spessore, pittori, musicisti, scrittori, scultori come Marc Chagall, Henry Miller, Henry Moore, Igor Stravinskij, Pablo Picasso conosciuti in gran parte negli Stati Uniti, in Francia e Germania a metà del ventesimo secolo. Molti di loro continuano a vivere attraverso l’arte di Marino. Le personalità, i tratti distintivi dei loro volti sono stati scolpiti e raffigurati dal maestro e ora trovano spazio nella galleria dei ritratti della gipsoteca del Museo Marino Marini di Pistoia.
[dugo – fondazione museo marini]