PISTOIA. Nel piccolo cimitero di Sant’Alessio la cappella della famiglia Rousselot ha il sole in fronte; c’è riserbo, ma le tre lapidi all’interno raccontano un sacco di cose.
Che cosa sappiamo davvero della nostra città? Chi sa qualcosa di Adolfo Rousselot o di sua moglie Adelaide o di suo nipote Clement Coulineau Rousselot?
Eppure loro riposano in un angolo silenzioso del cimiterino di Sant’Alessio, Adolfo, Adelaide e Clemente.
La lapide del sepolcro di Adolphe Rousselot sta lì dal 1884 e il tempo l’ha segnata, ma è sempre in grado di raccontare che il gentiluomo francese era giunto qui dalla Vandea – dipartimento francese dei paesi della Loira, sull’Atlantico – aveva svolto importanti attività agricole e industriali pur essendo militare di carriera, con grandi esperienze in campo militare al servizio degli eserciti francese e austriaco.
Adolfo Rousselot ebbe a che fare con Napoleone III – proprio lui il nipote del generale Bonaparte – che nel 1857 lo invia a dare mano alle truppe granducali, impegnate nella repressione dei moti mazziniani a Livorno.
È per la sua abilità e il suo valore militare che resta in Italia e nel 1859 si stabilisce a Pistoia.
Adolfo Rousselot ha vissuto qui, ha abitato nella villa a cui si accede dall’attuale via dell’Amicizia.
Quelli sono gli anni dei moti liberali e anche delle controrivoluzioni e Adolfo Rousselot è scelto dal Granduca per la sua restaurazione e la riconquista di Firenze; il piano fallisce ma Rousselot, tra alterne vicende, finisce per accettare incarichi diplomatici per conto della Santa Sede, soprattutto per poter tornare a Pistoia dove ha casa e l’amata moglie Adelaide.
Nel 1884 Adolfo muore e lascia tutto al nipote Clemente Colineau Rousselot, sarà lui a gestire il patrimonio familiare potendo così partecipare attivamente alla crescita industriale della città.
Pistoia cresce oltre le mura, nascono importanti vie di comunicazione e con quelle le attività manifatturiere meccaniche e siderurgiche.
Fuori Porta San Marco, lungo la strada che porta a Candeglia, nascono “fornaci, fonderie e caldaie per la costruzione e lavorazione dei laterizi”. Nascono “le fornaci”, il “fornacione”, una delle prime e più significative realizzazioni industriali della città.
Clemente Rousselot accresce la fortuna ereditata dallo zio, acquista meriti come imprenditore, “nel giugno del 1900 registra la proprietà di un macchinario per macinare e miscelare zolfo, solfato di rame e altre polveri”, dà lavoro a tanti dei nostri antenati, crea una parte importante di città ma… l’animo umano è sempre in corsa con le sfide e con i sogni.
La vicenda terrena di Clemente Rousselot si conclude, così racconta la sua lapide, nella ricerca vana di grandi tesori sotto il mare, nella baia spagnola di Vigo in Galizia, la leggenda delle immense ricchezze abbandonate nei galeoni di ritorno dall’Avana e affondati in battaglia (durante la guerra di secessione spagnola) è citata anche da Verne in Ventimila leghe sotto i mari.
Nell’impresa andò a finire molta parte del patrimonio della famiglia e alla morte di Clemente, nel 1911, la villa e quel che restava delle ricchezze di Adolfo, passarono al nipote Henri, ultimo dei Rousselot pistoiesi… che ben presto lasciò la città per fare ritorno in Francia e far perdere le sue tracce…
Andrea Capecchi un giovane studioso pistoiese, insieme a Francesco Ciuti, un suo sodale curioso e appassionato di storia, ha scovato questo piccolo tesoro di testimonianze e ne ha ricostruito la trama per restituirla alla città, a chi la vuole, per conoscere e comprendere il nostro presente anche attraverso le suggestioni di vecchi sepolcri conservati in un cimitero ai piedi di una bella collina.
Il lavoro di Andrea Capecchi è pubblicato sul Bullettino Storico Pistoiese, CXV, 2013, pp. 217-238.
[Paola Fortunati]