«STORIALOCALE» E L’INCANTO MALEFICO DELL’ESPOSIZIONE DEL 1899

La copertina
La copertina

PISTOIA. È uscito nei giorni scorsi il numero 24 di Storialocale, Quaderni pistoiesi di cultura moderna e contemporanea, il prestigioso periodico – patrocinato e finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia – che nutre in maniera originale e non scontata la ricerca storica del territorio.

In maniera non scontata perché altre volte accade invece che gli approfondimenti storici rimangano una più o meno dotta discussione su documenti, archivi e statuti tra gli addetti ai lavori quando in realtà la storia, proprio per il suo raccontare chi siamo e chi siamo stati, dovrebbe coinvolgere con piacevolezza e curiosità.

Questi gli autori – giovani ma rodati – e i saggi dell’ultimo numero della rivista: Iacopo Cassigoli, “Quei che d’Italia un dì si rese degno. Il monumento al cardinal Forteguerri e il culto risorgimentale degli Uomini Illustri a Pistoia; Giulia Romagnani, Michele Losacco: un professore napoletano del Liceo “Forteguerri” di Pistoia; Silvia Mauro, L’incanto malefico. L’Esposizione Circondariale di Pistoia del 1899; Francesca Rafanelli, Casa posta in Pistoia in via del Corso di proprietà dei signori fratelli Luigi e Cesare Tronci.

In particolare il saggio di Silvia Mauro sull’Esposizione circondariale di Pistoia anticipa il tema di un’omonima monografia che vedrà la luce nel 2015 e che restituirà un inedito spaccato sociale della Pistoia tra Ottocento e Novecento, nel fervore positivistico e alle soglie del progresso industriale, agricolo e manifatturiero. L’evento costituì la prima vera prova della presa di coscienza del mondo industriale pistoiese e avvenne in una fase di rinnovamento degli equilibri economici e sociali consolidati.

Il cavalcavia dell’esposizione
Il cavalcavia dell’esposizione

Infatti, nonostante fosse ancora marcata la divisione tra il partito della città e il partito della campagna, si era allargata l’estrazione della classe dirigente cittadina e non erano più i soli rappresentanti della nobiltà terriera a tramandare ai loro familiari i posti chiave nel Consiglio Comunale e nella dirigenza della Cassa di Risparmio.

Le mostre si tennero in complessi monumentali e spazi del comparto nord-ovest della città murata; addirittura la chiesa di San Francesco ospitò il padiglione delle carrozze, eccellenza locale che di lì a poco spinse alcuni industriali italiani a scegliere Pistoia per impiantare le officine meccaniche San Giorgio. La monumentale porta d’ingresso a piazza Mazzini divenne l’icona, rappresentata anche sui biglietti, della manifestazione. Si trattava di una porta neorinascimentale e moresca, in linea con lo stravagante eclettismo nazionale dell’epoca.

Tuttavia, come tutte le strutture realizzate a servizio delle Esposizioni, anche la porta pistoiese era nata per essere rapidamente demolita e non lasciare traccia. Trai tanti apparati scenici delle varie esposizioni europee solo la Tour Eiffel, costruita per l’esposizione parigina del 1889, sfuggì all’obsolescenza forzatamente programmata, divenendo il più spettacolare monumento della modernità.

La porta di accesso all’esposizine
La porta di accesso all’esposizine

In Italia il ritardo dell’industria siderurgica rispetto ai livelli produttivi di Inghilterra e Francia determinò a maggior ragione il ricorso a materiali poveri come legno, cartapesta e tela per l’allestimento dei padiglioni espositivi. Con la concomitante mancanza di sperimentazioni architettoniche gli unici elementi destinati a catalizzare l’attenzione e la meraviglia del pubblico e dei frequentatori furono le decorazioni e gli ornamenti.

E proprio lo stupore effimero delle fastosità venne definito incanto malefico dai detrattori della manifestazione pistoiese che, sprezzandola, intendevano evidentemente biasimare anche le disastrose ricadute economiche dell’Esposizione circondariale sulle casse degli organizzatori.

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