PISTOIA. Lo scorso venerdì sono stati presentati i numeri 27 e 28 di Storialocale, la rivista promossa e patrocinata dalla Fondazione cassa di Risparmio e inclusa nel 2016 dall’Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) fra le riviste scientifiche di classe A rilevanti ai fini dell’abilitazione scientifica nazionale (Asn).
Del numero 27 abbiamo già parlato in Cultura & ricordi. È uscito “Storialocale”. Il numero 28, uscito con il logo di Pistoia Capitale della Cultura 2017, raccoglie tre saggi di altrettanti ricercatori: Tra scienza e storia. L’altro volto dell’Accademia pistoiese di Scienze, Lettere ed Arti (1743-1848), Delitto senza castigo; Le leggi razziali e la persecuzione degli ebrei a Marliana (1938-44); Il caso di Anna Nerozzi in Landi: un cold-case di fine Ottocento.
Nel primo viene focalizzato il rapporto tra l’Accademia pistoiese e la scienza, caratteristica dell’amministrazione lorenese della Toscana. Con digressioni sulle questioni principali del ‘secolo dei fluidi’ riproposte in ambito locale, in particolare l’elettrochimica, con il “caso Pacchiani”: la presunta formazione per via elettrolitica dell’acido muriatico, “sperimentata” anche a Pistoia, rivelatasi poi un errore.
L’Accademia offriva la consultazione di giornali e periodici tra cui (nel 1847): Il Vapore, Il Cattolico di Lugano, Gazette Medical de Paris, Annali di Statistica, Giornale Agrario, Il Felsineo, Il Didascalico di Roma, L’Italia e La Patria.
Il saggio sul travaglio delle famiglie ebree scappate sulla montagna pistoiese tra Serra e Panicagliora, scende nei dettagli di vicende giudiziarie riguardanti in particolare Sirio Stefani e Agostino Danesi e finite con l’amnistia per tutti i reati assimilabili al “collaborazionismo col tedesco invasore”.
Una lunga e travolgente parte della rivista ricostruisce invece un caso di cronaca giudiziaria, avvenuto nel 1895 nella comunità di Porta Carratica, che per molto tempo divise la città e dominando l’opinione pubblica e la stampa locale.
Un fatto di sangue interamente consumatosi all’interno delle mura domestiche: un matrimonio nato con il piede sbagliato e terminato con la morte della ventisettenne Ninetta a seguito del parto. Per il tribunale, grazie ad una serie di perizie mediche di illustri professionisti, l’accusa di uxoricidio ipotizzata in un primo frangente, anche a seguito di numerose testimonianze delle ripetute molestie subite ritmicamente dalla puerpera, decadde completamente.
Il decesso della giovane donna originaria di Imola e trapiantata a Pistoia venne giudicato un caso fortuito di anemia acuta causata da emorragia per distacco incompleto della placenta. La parte civile richiese inutilmente una ulteriore perizia necroscopica per smentire quella teorica accettata dalla commissione giudicante.
L’incompatibilità tra i due sposi, sfociata poi in una accanita persecuzione in ogni forma verso la donna, rappresenta proprio il caso in cui la realtà supera la fantasia richiesta per qualunque fiction o romanzo criminale.
Nella più assoluta banalità del male, acuita dai vincoli sociali imposti dalla cultura borghese di fine ottocento, le testimonianze dettagliate della violenze fisiche e morali, riferite da coloro con i quali chi ebbe modo di confidarsi la sventurata, svelano l’intimità della sonnolenta Pistoia di fine Ottocento, a sua volta microcosmo di un’epoca segnata da forti contraddizioni e cambiamenti.
Oggi in piazza Da Vinci, in quello che allora era il ventre della comunità di Porta Carratica, fino a pochi anni prima del delitto irrisolto vero e proprio comune autonomo, si apprezza una nicchia con l’immagine di una Madonna del Latte.
Si ha ragione di ritenere che il manufatto, semplice e palesemente non antico, attestandosi sull’edificio che ospitò il calvario di Anna Nerozzi, costituisca un segno della pietà popolare lasciato in ricordo dalla gente del quartiere.
[Lorenzo Cristofani]