PISTOIA. “Che questo sia l’anno della Misericordia e della comunicazione”. Così ha esordito il vescovo di Pistoia, monsignor Fausto Tardelli che, in memoria di San Francesco di Sales, protettore dei giornalisti, ricordato il 24 gennaio, ha aperto le porte del seminario di via Puccini alla stampa locale.
Una cena in cui il vescovo ha sottolineato l’importanza del lavoro giornalistico anche in una piccola città come la nostra, ribadendo la sua volontà di tenere vivi i rapporti con la stampa locale perché “offrire un’informazione come si deve è quello che alla fine dà valore al vostro lavoro. Offrite qualità!”.
Non solo buon cibo e allegra compagnia dunque. Durante la serata monsignor Tardelli, con i suoi soliti modi delicati e colloquiali, ha parlato del messaggio di Papa Francesco, un messaggio che mette al centro di tutto “Misericordia e comunicazione in un incontro fecondo”.
“Misericordia significa sentire l’altro, andare verso l’altro e immedesimarsi nei suoi problemi. È un sentimento che si genera quando c’è una commozione forte – ha detto il vescovo –. Il tema della Misericordia è ciò che il Papa ha voluto significare con l’apertura delle Porte Sante. Si parte dalla Misericordia e si arriva alla comunicazione che, prima di un fatto tecnico e informatico, è un fatto relazionale. Se non c’è una persona che comunica e un’altra che riceve, la comunicazione non esiste”.
“Ma Misericordia non significa disconoscere i problemi, non dire le cose come stanno, rifiutare i conflitti – ha continuato il vescovo –. Vuol dire che, comunque, anche là dove si denunciano cose sbagliate, bisogna farsi guidare dalla Misericordia nella sua distinzione classica tra peccato e peccatore. Ogni persona ha diritto al rispetto e alla tutela, nessuno può essere strumentalizzato per fini altri”.
Nessuna visione buonista o eccessivamente indulgente dunque, così come chiaro e diretto è il messaggio di monsignor Tardelli: ma la volontà di voler vedere l’uomo e la sua profondità umana al di là dei comportamenti in cui spesso, purtroppo, si trova a vivere, suo malgrado. “Perché penso che alla fine l’essere umano sia più buono che cattivo” ha sottolineato, sorridendo, il vescovo.
Anche nella comunicazione fatta con sms, chat, mail, reti sociali, ci possono essere forme pienamente umane di contatto e di scambio. “Non è la tecnologia che determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell’uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione” le parole di Papa Francesco, “dato che ormai dobbiamo ricordarci che essa non è un lusso, ma un dato di fatto nella nostra società e in qualsiasi parte del mondo” ha ricordato il vescovo.
E, per l’occasione, monsignor Tardelli ha presentato ai giornalisti “Sulle ali dello Spirito. Il Padre, i poveri, una comunità fraterna e missionaria”, il quaderno degli e sugli orientamenti pastorali per il triennio 2016-2019. Un titolo che contiene un po’ di tutto, in primis l’invito del Papa a uscire, andare, non fermarsi, prendere il largo e, in qualche modo, volare per grandi orizzonti. In una sola parola: osare.
“Il Padre significa riscoprire un Dio misericordioso e a cui sta a cuore la felicità dei suoi figli – ha spiegato il vescovo –; poi un riferimento alla povertà che, purtroppo, nonostante il mondo vada avanti, esiste sempre e sempre di più. Infine un riferimento alla comunità fraterna e missionaria: significa essere presenti là dove ci sono sofferenza e disagio. La Chiesa, come dice Francesco, è un ospedale da campo, un’oasi della Misericordia”.
Ma quale sarà il cammino pastorale di quest’anno? Il vescovo auspica un incontro tra parrocchie delle varie zone del territorio per fare avanzare l’intera comunità verso un’unica direzione. “Ogni parrocchia dovrebbe avere il proprio programma, non un’imposizione di leggi. Per questo ho voluto scrivere un testo breve e snello, un orientamento appunto. Penso a un lavoro tra gruppi di parrocchie vicine sullo stesso territorio: penso alla Montagna, dove ci sono tanti anziani e pochi giovani, ad esempio. Per riorganizzare le parrocchie ci vogliono unione e collaborazione”.
E il vescovo ha colto l’occasione anche per focalizzarsi sull’importanza di una rivoluzione, una conversione della Chiesa in senso missionario, così come auspicata da Papa Francesco.
“Negli anni passati i parroci vivevano solo in stretto contatto con il proprio territorio, mentre i missionari erano quelli che si muovevano in luoghi lontani: oggi tutto è cambiato. I sacerdoti devono diventare apostoli e uscire da una visione statica della Chiesa, muoversi, spostarsi, proiettarsi verso una società dinamica”.
[Alessandra Tuci]
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