TERREMOTO, LE TESTIMONIANZE DI LUCA E CATERINA

Terremoto centro Italia
Terremoto centro Italia

PISTOIA. Tante macerie, polvere, lacrime sgomento sono stati gli elementi di un dramma quello del terremoto che ha colpito il Centro Italia, devastando una serie di località tra Lazio, Umbria e Marche: Amatrice e Accumoli.  Oltre 250 fratelli e sorelle delle Misericordie Toscane si sono prodigati nel soccorso alle popolazioni colpite tra queste a raggiungere per primi i luoghi del sisma i volontari della Misericordia di Pistoia, pertanto  abbiamo  incontrato  alcuni di loro che facevano  parte della squadra di soccorso.

Luca Pullerà inizia così: “Credo che certe volte si travisi un po la realtà. Noi si va nei posti vestiti con una divisa che è gialla e celeste. E ci chiamiamo Misericordia. Ci mettiamo a disposizione di tutti e per fare tutto; io sono arrivato lì, ho montato delle tende che non avevo mai visto. Si dà una mano, ci si impegna per imparare a fare ciò che non abbiamo mai fatto”.

“Ma c’è una cosa che il volontario della Misericordia fa rispetto agli altri soccorritori e viene prima, prima di ogni azione pratica. Ed è cercare di capire quello di cui queste persone hanno bisogno. Ed io, nella sfortuna del ritardo della colonna mobile nazionale, durante quelle 2-3 ore nella notte che eravamo lì, senza fare nulla, giravo nel campo per vedere se qualcuno aveva bisogno. Mi fermavo di fronte alle persone, e mi accorgevo che queste avevano voglia di raccontare ciò che avevano vissuto, ciò che avevano visto. In quel momento ho percepito, che quel minuto che loro passano a raccontarti quello che hanno vissuto, ciò che hanno perso, oppure che si sentono “fortunati” perché non hanno perso nessun caro; magari la loro casa è distrutta ma tutte le persone che amano sono lì accanto a loro”.

“E gli occhi delle persone in quel minuto, ti fanno capire che tu gli hai dato la possibilità di sentire quasi la normalità. Magari quel signore che non ha più la moglie, magari avrebbe raccontato a lei ciò che stava raccontando a me! Forse in quel minuto si sente meno solo. E tu sei quel volontario che in quel minuto lo hai fatto stare meglio! A me hanno insegnato questo quando sono arrivato nel mondo della Misericordia, e sono fiero di indossare questa divisa che da un senso diverso alla mia vita”.

Anche Caterina Pelagalli, un’altra volontaria, vuol condividere con noi questa sua esperienza: “Mercoledì 24 agosto alle 3:36 ero di notte al servizio emergenza. Sono stata svegliata da un mio collega di soprassalto con la notizia di una forte scossa di terremoto nel centro Italia; erano più o meno le 4. Siamo arrivati ad Amatrice intorno alle 14:30. E quello che i miei occhi hanno visto non lo dimenticherò mai. Una città ormai diventata una massa di macerie; gente in pigiama, fuori, che guardava la propria casa distrutta senza dire una parola. Vigili del fuoco, forze dell’ordine, volontari che scavavano per cercare chi ancora era in vita”.

Il logo Misericordia
Il logo Misericordia

“Le strade erano bloccate dai mezzi di soccorso, c’erano persone a piedi ovunque come se si fossero perse, non sapevano dove andare, a chi chiedere, cosa fare. Dopo pochi km siamo arrivati in questo piccolo paesino, anche questo completamente abbattuto. C’era un grande campo da calcio ed in questo, c’erano una cinquantina di persone sedute per terra. Eravamo i primi volontari insieme alla misericordia di Empoli ad arrivare sul posto. Sicuramente non potevamo fare molto per loro, alcuni avevano perso la casa, i propri oggetti, vestiti, la macchina… ed altri avevano perso i propri cari. altri ancora non lo sapevano! Io e la mia squadra  poco dopo  il nostro arrivo  siamo stati mandati nel paesino poco sopra il campo. Solo quando arrivai lì capiì che servivamo per prendere un’anziana donna  ormai senza vita per portarla nel  punto di ritrovo per le salme da riconoscere. Quello che ho visto è indescrivibile, c’erano centinaia di corpi tutti allineati, di tutte le età”.

“Ormai, i nostri colleghi, insieme ai volontari di Empoli, avevano montato delle tende con le brandine dentro. Era l’ora di cena. I volontari avevano preparato la pasta in un bar presente al campo. Gli sfollati non erano più una cinquantina, bensì 149. Ma noi eravamo attrezzati per 50 posti letto. Sarebbe dovuta arrivare la colonna mobile nazionale delle Misericordie. Ma purtroppo era bloccata a Rieti e non sapevamo quando sarebbe arrivata. Faceva freddo, 9 gradi. Io, Alessandra ed Emiliano avevamo il compito di assegnare le 50 brandine per dare l’opportunità a qualcuno di riposare. Non c’era il posto per tutti; abbiamo dovuto dare la priorità alle mamme con i bambini, agli anziani con patologie importanti e poi in base all’età!”

“Le persone mi continuavano a dire che avevano freddo nonostante le coperte che avevamo distribuito, chiedevano quando sarebbero arrivati gli altri soccorsi con le altre tende. Ma non lo sapevamo e ogni volta che rispondevo, mi sentivo impotente ed inutile di fronte a tanta gente ormai stremata, stanca, abbattuta. Sola. Abbiamo passato la notte a parlare con loro; alcuni dormivano accovacciati sulle panchine, altri avevano appoggiato la testa sulle gambe di un familiare. Altri non riuscivano a dormire proprio. Abbiamo cominciato a preparare la colazione sempre nel bar; le scorte arrivate erano tante. Cibo, vestiti, giochi per bambini. Chi aveva passato la notte fuori si riscaldò con una tazza di latte caldo; i bambini erano in fila alla scatola dei giochi per averne uno. Qualcuno si provava dei vestiti dalle scatole; altri chiedevano uno spazzolino”.

Amatrice. Scena post-terremoto
Amatrice. Scena post-terremoto

“In quel momento mi cadde l’attenzione su una bambina abbracciata al babbo che piangevano insieme. Non sapevo perché piangessero; pensai che forse la loro casa non c’era piu. Pensai fossero impauriti. Mi avvicinai e le chiesi se voleva una merendina al cioccolato. Lei non mi guardò nemmeno; ero invisibile. Mi rispose con un filo di voce: voglio sola la mia mamma. Ma la sua mamma era morta la notte prima insieme a fratellino di 11 anni. Le era rimasto solo il babbo. Ed io, con le lacrime agli occhi me ne andai. Non potevo dirle nulla, non voleva sentire nulla da me. Io ero solo qualcuno arrivata dal niente, che non capiva e non conosceva niente di ciò che lei stava provando. In quel momento mi sono chiesta come fosse possibile, mi sono domandata perchè, perchè quella bambina che si era addormentata con la sua famiglia e risvegliata senza una parte, dovesse soffrire così tanto a soli 7 anni. Domande senza risposta,un po’ di rabbia, e tanta tristezza. Ma ho continuato a fare ciò di cui c’era bisogno”.

“La terra continuava a tremare. Scosse forti, ogni ora. Ed il terrore, non abbandonava chi la notte del 24 agosto era stato buttato giù dal letto con il terremoto! Alle 10, abbiamo organizzato dei mezzi per portare cibo e vestiti nelle piccole frazioni colpite dal terremoto. Abbiamo incontrato diverse persone rimaste a badare la propria abitazione ormai inagibile. Avevano bisogno di tutto, non potendo rientrare dentro. Un signore, anziano, mi ha chiesto se avevo del pane o delle fette biscottate. Gli ho lasciato dei pacchi di fette; lui in cambio, mi ha offerto delle uova fresche delle sue galline. Mi sono rimaste solo queste. Prendile. Ha detto. Ed è lì che ho capito quanto sia importante usare il cuore… Loro lo hanno fatto per tutto il tempo. Cuore ferito, ma capace di amare”.

Ed è con queste parole piene di significato che si conclude la testimonianza di Caterina. Lei e gli altri volontari sono stati espressione di quella gratuità del dono che contrassegna il valore delle Confraternite della Misericordia.

[daniela raspollini]

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