terrorismo. SIAMO DAVVERO SICURI A CASA NOSTRA?

L'Italia fa affari con chi foraggia il terrorismo e calpesta i diritti umani
L’Italia fa affari con chi foraggia il terrorismo e calpesta i diritti umani

PISTOIA. Dopo i tragici fatti di Parigi e Saint-Denis per mano dell’Isis, estremamente violenti, pagati a caro prezzo in termini di vite umane tra cui moltissimi giovani di varie nazionalità, ma possiamo estendere il problema anche a molto tempo prima con le torri gemelle, l’Eta, fino a risalire alle nostre Brigate Rosse, il dubbio che assilla ogni cittadino cresce in modo esponenziale: siamo davvero protetti in casa nostra?

La risposta appare quantomeno scontata: no. Certo è che ogni periodo storico ha avuto la sua abbondante dose di terrore: negli anni settanta, i cosiddetti anni di piombo, vigeva un’estremizzazione politica sfociata poi in vera violenza di piazza, lotta armata e terrorismo.

Gli anni ottanta invece, hanno visto protagoniste organizzazioni mafiose e camorristiche (chi non ricorda, per esempio, il rapimento di Belardinelli?). E che dire del decennio successivo? Le stragi di Capaci e via d’Amelio, passando per via dei Georgofili, sono ancora ben salde nelle nostre menti come un marchio indelebile.

E spostandoci all’estero, oltre agli eventi più eclatanti già citati quali gli attentati al cuore degli Stati Uniti, o alla metropolitana di Londra, oppure alla lotta armata dell’Ira, in Irlanda, potremmo prendere come esempio le operazioni dell’Eta, acronimo di Euskadi Ta Askatasuna che, a partire dal 1958, anno di fondazione, ha seminato il terrore in tutta la Spagna fino agli inizi del nuovo millennio.

Quindi, ci troviamo di fronte a dibattiti sempre più aspri per quanto riguarda il problema da affrontare in tema di sicurezza urbana. Proprio in riferimento a questo, possiamo affermare senza ombra di dubbio che il terrorismo si riflette sulla sicurezza urbana, sulla vita sociale dei cittadini nella loro quotidianità e, dal punto di vista storico, su come cambia la percezione di bisogno della tutela personale. Insomma: una visione globale del problema sia a livello italiano che europeo e che va oltre la classica criminalità di periferia, imponendoci una seria riflessione sul condizionamento esterno soprattutto in vista dell’imminente giubileo.

Naturalmente, sotto l’effetto emotivo di una percepibile minaccia di natura terroristica, quanto siamo disposti a fare per sentirci ancora sicuri nelle nostre città? Può bastare più polizia in strada o più militari in aeroporti, stadi, metropolitane palazzetti dello sport, etc.? A queste domande si potrebbe rispondere con un ulteriore domanda conclusiva e forse la più impegnativa: quanto siamo disposti a rinunciare noi cittadini europei alla nostra libertà personale per sentirci sicuri a casa nostra?

Fondamentale è anche il ruolo di enti locali, regioni e istituzioni centrali, impegnati su fronti diversi nella promozione di una vera cultura della prevenzione.

[corizzo giuseppe – assemblea prov.le pistoia]

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