Mi spiego meglio: immaginate un ragazzino tifoso della Roma o della Juventus che, un po’ più cresciuto, si trova a fare domande sulla partita della propria squadra del cuore a Francesco Totti piuttosto che ad Alessandro Del Piero, immaginatene l’emozione.
Ecco che, anche se è passato un anno e mezzo da quando Vincenzo è tornato a Pistoia, a volte mi capita ancora di sobbalzare sulla sedia quando mi rendo conto di chi ho davanti.
Il punto è che, dopo una stagione e mezzo, la sensazione è cambiata, oggi di fronte non ho solo un’icona del basket anni ‘90, ma probabilmente anche un allenatore che sta muovendo i primi passi di quella che sarà una splendida carriera come capo dello staff tecnico.
Lo aveva detto subito, il buon Vincenzo, che Il Diablo era un capitolo chiuso e che avremmo dovuto giudicarlo solo come allenatore. Anche se sul momento mi era sembrato un atto di coraggio – soprattutto dopo aver visto l’esperienza tragicomica di Pozzecco – quella dichiarazione probabilmente altro non era che consapevolezza nei propri mezzi. Grandi mezzi, di un grande allenatore.
Voglio provocare. Seriamente, ve lo ricordate l’attacco alla zona proposto per qualche anno da colleghi più belli, bravi e preparati di Vincenzino? Ve lo ricordate quel girar palla sul perimetro senza uno straccio di idea, per poi tirare sistematicamente da fuori con percentuali sempre dannatamente troppo basse? Ce lo ricordiamo? Chissà se nella pausa pranzo che molti miei amici fanno all’Alimentari Bonacchi del mio amico Silvano, ad Agliana, se lo ricordano.
Deve aver avuto molta fortuna al corso, siamo stati abituati per anni all’idea – ce l’hanno inculcata in molti, troppi allenatori – che non potesse esservi altra soluzione, contro la zona, se non quella di far girare palla fino a raggiungere il giocatore meglio piazzato – dopo quei 2-3 ribaltamenti – per un tripla ad alta percentuale che, nel nostro caso, finiva spesso sul ferro piuttosto che nel canestro.
Il guru di questo pasticcio, almeno negli ultimi anni, è probabilmente stato Meo Sacchetti, che però avendo stravinto a Sassari è stato considerato un grandissimo a prescindere.
Un gioco, questo, che, in verità, è noia assoluta, al di là della realizzazione o meno del canestro. Lunghi relegati a far da boa ed a smistare palloni dietro l’arco, ma mai davvero inseriti nei giochi, un tema della partita prevedibile e scontato, un modo per far sbadigliare lo spettatore pagante sugli spalti.
Zero creatività, ma del resto per sviluppare grandi idee ci vogliono menti ispiratissime come quelle del nostro coach. Riguardatevi l’attacco alla zona pensato da Vincenzo Esposito contro Reggio Emilia e ditemi se sbaglio.
Vi è poi un secondo fattore che mi stimola questa sviolinata sincera, un fattore dal nome Eric Lombardi. Rapida premessa, ammetto che quest’anno ho clamorosamente sbagliato almeno un paio di spunti di riflessione. Uno, per esempio, l’ho toppato dopo la prima partita, quando sostanzialmente ho chiesto a Magro di tirare fuori gli attributi, oggettivamente rimasti seduti sul pulman durante la sfida di Cremona.
Da allora per SuperPippo è stato un crescendo davvero sorprendente, anche contro Reggio ha portato un mattoncino non banale picchiando come un fabbro e recuperando un paio di rimbalzi importantissimi.
Ora, il concetto in verità è banale e, probabilmente, condivisibile a prescindere, all’atto pratico però non avevo tenuto conto del fattore Vincenzino e del lavoro di tutto lo staff tecnico.
Ribadito che Eric è una persona seria, un soldatino che, sostanzialmente, non ha mai smesso di allenarsi da quando è arrivato ad agosto 2015, i progressi di Lombardi sono talmente grossi da farne chiedere la conferma fin da subito anche per la prossima stagione e da far meritare un grande applauso a chi ci ha lavorato giorno dopo giorno.
Avevamo un ragazzo da plasmare, che usciva dalla panchina più per far rifiatare gli altri che per incidere sulla partita, oggi abbiamo un giocatore che ha minuti importanti e regge il campo egregiamente. Chapeau, ad Eric ed a tutto lo staff tecnico.
Vi è poi il terzo indizio – quindi, come da proverbio, abbiamo la prova che Vincenzo è un grande coach – mi riferisco alla sua capacità di gestione del gruppo. Visto il momento in cui è successo, ci voleva coraggio per mandare via Corey e prendere uno Usa scaricato dalla lega minore. Ci voleva coraggio per intuire le potenzialità di Crosariol, da troppo tempo ai margini del basket di primo livello.
Oggi si dovrebbe sottolineare le prestazioni superlative di entrambi questi giocatori, in particolar modo quella difensiva di Chris, come pure si dovrebbe leggere con attenzione anche il dato statistico degli assist serviti dal faraone, per tessere le lodi di chi, tra staff e dirigenza, è riuscito a correggere in corsa qualche errore iniziale di valutazione.
La garra, la rabbia, la capacità di sacrificarsi, l’intensità, la voglia di vincere che i nostri hanno espresso contro Reggio dimostra che, ancora una volta, il nostro coach ha visto giusto e più lungo di molti altri.
Vi prego, non chiamatelo capo ultrà se gli esce la camicia dai pantaloni in un momento di trance agonistica. Non si sottolinei l’energia e quella voglia matta di vincere che gli impediscono di rimanere composto come molti altri colleghi. Sarebbe riduttivo, vorrebbe dire limitarsi agli aspetti folcloristici senza sottolineare la sostanza, la pasta di cui è fatto questo uomo e questo grande allenatore.
Adesso andiamo a Brescia a prenderci le F8, proviamoci. Vincenzo non vuole nemmeno nominarle ed ha ragione, già i 14 punti conquistati fino ad oggi sono un risultato pazzesco, se si considera tutta la serie di problemi, dai malanni di Thornton fino alla defezione di Cournooh, in cui siamo stati costretti a giocare, quindi è comprensibile che non voglia sentire parlare di obiettivo mancato in caso di sconfitta contro Moss e soci.
Dopo una bella vittoria come quella contro Reggio, però, non ci si può chiedere di non sognare almeno per qualche giorno. Intanto siamo sicuri sarà una battaglia e che i nostri non si risparmieranno, da queste parti non è poco, per il resto staremo a vedere.
[Luca Cipriani]
“Uso di piuttosto che con valore disgiuntivo” – Ornella Castellani Pollidori
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