PISTOIA. Ode al maiale. Sapessimo, ne scriveremmo una, tutta nostra. Ode al porco, da sempre animale simpatico e prezioso per l’umanità: non si butta via niente (e anzi, un tempo gli facevamo fare, compiaciuti, una orribile fine).
Ode al suino, ritenuto a torto sudicio perché ama rotolarsi nel fango, nel suo trogolo: in realtà lo fa per trovare refrigerio nelle giornate più calde (crea uno strato protettivo per la pelle composta di setole).
Ode a Carlo, Carletto per tutti, Ancelotti, uno sportivo che ha vinto da atleta e che sta continuando a mietere successi da allenatore. Per i tifosi più beceri della Juventus (si dice sempre, sono 2 o 3. Sarà…), lui, ex di Roma e Milan, unanimemente ritenuto uno degli sportivi più corretti e umani dello sport planetario, era un maiale.
“Un maiale non può allenare” e lui, che di buonsenso ne ha anche per gli altri, sorrise e, da allora, si tolse soddisfazioni su soddisfazioni. Che pessima figura, ad esempio, fece l’allora presidente onorario bianconero Vittorio Chiusano a liquidarlo, per conto della dirigenza che non voleva metterci la faccia, facendo intendere che l’ambiente dei mass media torinesi non lo sopportasse.
In realtà, come confessò subito Roberto Perrone del Corsera “non c’è persona migliore di Carletto nell’universo pallonaro. Con lui possiamo sederci a chiacchierare (e a divorare la coppa) attorno a un tavolo”.
Già, perché lui, Carletto, ha sempre preferito la coppa… al campionato. Si pensi a quante ne ha vinte, dappertutto. Anche il Milan, la sua squadra il suo amore (con la Magica), gli comunicò il ridimensionamento dei propri programmi e la voglia di cambiare volto, dopo 8 anni (lui sarebbe rimasto, oh come avrebbe voluto battere il record di panchine di Nereo Rocco… e non ci sarebbe stata persona più meritevole e che sarebbe tanto piaciuta al Paròn).
Che topica! Perché dovunque è andato ha lasciato la sua impronta, senza gli isterismi o i giochetti di un Mourinho, senza presunzione arroganza voglia di umiliare il prossimo. Era un maiale, è un maiale: vale tanto oro quanto pesa. Di questi maiali, il calcio italiano, ma non solo, lo sport tricolore avrebbe bisogno come il pane.
Io, che nel mio piccolo son più maiale di lui (non so neppure allenare, chiedo venia), vorrei che il mio amico maiale, Carletto appunto, tornasse ad arricchire il suolo italico. T’aspettiamo, Carlo.
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Carletto si è sempre divertito, da figlio di agricoltori padani, fin da quando gli dissero che “Un maiale non può allenare”. E si è sempre preso le sue belle rivincite. Bravo!