tradizioni. LA CROCE DI TAMBURO 

La Croce di Tamburo è conservata in una edicola in via Garibaldi

AGLIANA. Senza il rispetto delle tradizioni e la testimonianza delle nostre radici culturali, si smarrisce la dimensione identitaria di una comunità.

Questa in sintesi la morale deducibile dalla partecipatissima celebrazione liturgica dedicata alla adorazione della Croce di Tamburo officiata dal Vescovo di Pistoia monsignor Fausto Tardelli. Erano presenti il sindaco Mangoni, il Luogotenente dei Carabinieri Laccertosa e l’accademico Prof. Ferdinando Abbri, nipote del primo conservatore dello storico manufatto, che celebra il suo 175esimo anno.

Il Vescovo Fausto ha officiato l’adorazione della Croce

Chi scrive, ha passato la sua esistenza nell’incontro costante della Croce di Tamburo, quindi può confermare convintamente il significativo messaggio del Vescovo, tradotto in una pregnante omelia che partendo dal prezioso manufatto, si è quindi soffermata sull’importanza del simbolo e sulla quotidiana esperienza di sacrificio richiesta a ogni cristiano.

Osserviamo che in questi tempi di nichilismo incipiente (Papa Benedetto dixit), è importante riferirsi ai simboli e alle testimonianze che si radicano sulla storia del territorio, senza le quali non potremmo sfuggire alla colonizzazione culturale e religiosa, indotta anche dalla diffusione di dottrine estranee aliene alla spiritualità e che spesso arrivano nella nostra dimensione personale sull’onda della diffusione di un mal compreso multiculturalismo, erogato anche tramite i social network.

Un momento della celebrazione

La Croce – ha detto monsignor Tardelli – è una contraddizione. Essa viene adorata nonostante sia strumento strazio e di morte violenta: ma in realtà è la testimonianza dell’amore universalmente donato da Cristo all’umanità.

Con l’omelia il Vescovo ha ricordato il Vangelo nei passi più salienti che esortano ogni cristiano a prendersi la Croce sulle spalle e seguire Cristo.

Monsignor Tardelli ha dunque fatto menzione dei tanti che in silenzio, senza mai riferire una parola si dedicano alla cura del prossimo, senza niente chiedere in cambio, sollevando così le sofferenze altrui in modo incondizionato.

Durante la recitazione del Padre Nostro, nella Chiesa di San Piero si formano catene umane

La celebrazione è stata molto partecipata dai residenti della popolosa parrocchia di San Piero che storicamente conserva la Croce nella edicola di via Garibaldi e celebra questa Eucarestia nel mese di maggio con acclamazione dell’assemblea.

Il Vescovo ha dispensato la comunione incontrando i fedeli e si è trattenuto al termine della celebrazione per un saluto con i molti che lo hanno atteso per una sua parola.

Durante la preghiera del Padre Nostro, qualcuno si è mosso dalle panche per formare la solita catena di preghiera – una consuetudine introdotta dal presbitero Don Tofani e sempre praticata nelle celebrazioni – ma il prelato non l’ha attuata e anche Don Paolo e l’accolito Luca hanno evitato la pratica di incatenamento con il Vescovo.

Il Vescovo prega con le mani rivolte al cielo anche durante il Padre Nostro

I fedeli per un attimo interdetti, sono quindi rimasti alle loro postazione in piedi e, per questa volta, hanno recitato la preghiera nel modo universalmente conosciuto, cioè con le mani rivolte al cielo – si sappia – con la soddisfazione genuina di chi scrive.

Insomma, il Vescovo sembra escludere la recitazione della Preghiera nella modalità dei fedeli concatenati mano nella mano e dunque, si sarebbe costituito un precedente che meglio precisa il corretto approccio alla recitazione del Padre Nostro.

Se è vero che dalle piccole cose abbiamo i grandi esempi, ieri a San Piero ne abbiamo avuto uno: sarà finalmente ripristinata la forma convenzionalmente conosciuta e adottata?

[Alessandro Romiti]

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