TRE ERMETICI E CENTO ANNI

Valentina Fiume, Roberto Bartoli, Giuseppe Grattacaso, Paolo Fabrizio Iacuzzi, Piero Buscioni, Diego Salvadori
Valentina Fiume, Roberto Bartoli, Giuseppe Grattacaso, Paolo Fabrizio Iacuzzi, Piero Buscioni, Diego Salvadori

PISTOIA. Nell’era telematica, la presenza di un foglio ha un grande valore. Quella de il Portolano, trimestrale fiorentino di letteratura, in questo 2014 non poteva certo perdersi l’occasione, obbligatoria, più che ghiotta, di celebrare il centenario della nascita di uno dei più grandi esponenti poetici della città gigliata, Piero Bigongiari.

Senza dimenticare che sempre nel 1914, a Firenze e un po’ più in là, nacquero anche Mario Luzi e Alessandro Parronchi, altri due esponenti di spicco di quell’ermetismo che segnerà la poesia italiana negli anni ’30 e ’40, una coincidenza storica e culturale, oltre che temporale, che a distanza di cento anni ha assunto il sapore e le sembianze di una benedizione letteraria.

E come avrebbe potuto Pistoia, città di seguaci illustri di quei magnifici tre, perdersi questa opportunità di (ri)parlare ancora di Bigongiari, Luzi e Parronchi? Avrebbe avuto difficoltà a giustificarla, un’improbabile latitanza, e infatti, nel tardo pomeriggio, nella libreria Lo Spazio di via dell’Ospizio, Paolo Fabrizio Iacuzzi, coadiuvato da altri poeti come Roberto Bartoli (l’unico ad arrivare puntuale), Piero Buscioni, Giuseppe Grattacaso (attardatosi per colpa di Saverio Barsanti – ha detto) e due giovanissimi critici, Valentina Fiume e Diego Salvadori, alla presenza di una nutritissima platea di universitari, ne hanno celebrato i portenti culturali. Avrebbe dovuto esserci anche – e soprattutto – Roberto Carifi, forse la migliore e più significativa reincarnazione di quei tre ermetici, allettato da un’influenza che non gli ha permesso nemmeno di attraversare la strada. E anche uno dei più devoti seguaci di quest’ultimo Massimo Baldi, giunto con parecchio ritardo solo per inderogabili impegni di lavoro.

La sala e il pubblico
La sala e il pubblico

Gli onori di casa non poteva che farli Paolo Fabrizio Iacuzzi, abilissimo ad organizzare sit in culturali, coinvolgendo nell’operazione commemorativa la storia, i vecchi interpreti e i giovani rampolli che hanno il dovere di resuscitare pagine, parole, luoghi e momenti che non possono essere dimenticati.

Giuseppe Langella, nella prima pagina del foglio, scrive, nell’articolo intitolato alla generazione del quattordici, come la poesia somigli al vino: ogni vendemmia è diversa dalle altre. Al di là di tutte queste indispensabili premesse storiografiche, ci corre l’obbligo di sottolineare, come nostra personalissima sensazione, che di fronte alla poesia e a questi poeti è indispensabile una più profonda e diversa penetrazione spirituale. Lo diciamo alla luce dell’iniziale intervento effettuato dalla giovanissima Valentina Fiume, profonda conoscitrice delle opere dei tre secolari, siamo pronti a scommettere, senza però offrire l’emozione di un coinvolgimento che vada, perché così deve, al di là della scienza e conoscenza applicate.

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