trivelle. BALDI (PD): «MOLTI CERCAVANO LA CONTA INTERNA»

Il BraccoBaldi con Maria Etruria Boschi
BraccoBaldi con Maria Etruria Boschi

PISTOIA. Ricordate l’articolo Referendum-trivelle. Baldi (Pd) e il no: «Importante andare a votare»? Avevamo intervistato il consigliere regionale più votato nel comune di Pistoia circa il suo orientamento in merito al quesito referendario del 17 aprile, sul rinnovo automatico delle concessioni entro le 12 miglia dalla costa.

Allora ci disse che avrebbe votato no e che, non avendo mai saltato una votazione, riteneva importante votare.

Da poche ore, invece, dalla propria pagina facebook, il BraccoBaldi spiega urbi et orbi le ragioni del suo aver cambiato verso, aver cioè scelto l’astensione in luogo del no.

La Serracchiani, per un non troppo dissimile triplo salto carpiato in avanti, aveva impiegato almeno quattro anni: nel 2012 in Puglia sfilava in corteo coi No Triv.

Quando contattammo il renzianissimo di Pistoia, gli chiedemmo anche se non riteneva una clamorosa attestazione di inadeguatezza il fatto che il Governo avesse comunque fatto marcia indietro su cinque quesiti referendari di sei iniziali.

Per la precisione lo Sblocca-Italia definiva strategiche le attività in Italia legate agli idrocarburi: dopo che le Regioni presentarono i referendum Renzi eliminò, con una clamorosa marcia indietro, tale qualificazione.

Prima di ritenere strategico un settore ci si dovrebbe pensare bene e con convinzione, era il nostro ragionamento: ma il giovane filosofo e consigliere fece finta di non cogliere il senso della domanda (o forse proprio non la capì), così preferimmo non riportarne traccia nell’articolo.

Quale, dunque, il motivo della giravolta, forse la chiamata all’ovile del capo? Chissà, non possiamo saperlo, in ogni caso ecco le parole di Massimo Baldi:

CoeRenzie. Quando la Serracchiani era No Triv
CoeRenzie. Quando la Serracchiani era No Triv

“Plus de souplesse, compagni”. I risultati del referendum, in particolare quello sull’affluenza, parlano chiaro.

Il 68% degli aventi diritto non lo ha esercitato, il diritto. Qualcuno per disinteresse, qualcuno per scarsa affezione al tema, qualcuno per pigrizia, qualcuno per deliberata scelta.

Personalmente, ero inizialmente intenzionato a votare no. E sono rimasto indeciso fino all’ultimo. Alla fine, per la prima volta in vita mia, mi sono astenuto dal voto. Forse me ne pentirò, forse no.

È stata una mia scelta e l’ho fatta per poche ma chiare ragioni, che non pretendo essere assolute e onnivalenti, ma che ho ritenuto valide e che sono state sufficienti a orientare la mia deliberazione:

  1. il referendum in questa sua forma residuale – un solo quesito – non mi convinceva: non era più in ballo il tema vero e proprio, di cui il governo si era già fatto carico dimostrando di pigliarlo assai sul serio, ma qualcosa di minimale e perfino paradossale, in cui c’era tanta simbologia e pochissima realtà
  2. la strumentalizzazione politica del referendum è stata senza eguali e del tutto sproporzionata rispetto alla pertinenza del tema alle politiche del Governo o al dibattito tra maggioranza e opposizioni. E, come se ce ne fosse bisogno, i principali mandanti di certo fervore polemico erano più interni che esterni al principale partito di governo del paese. Ha detto bene Renzi: molti – non tutti, s’intende – cercavano la conta interna
  3. Italiani & pecoreil fiume di sproloqui moralistici sull’esercizio del diritto voto è stato ideologico fino al midollo, proprio nel senso più critico dell’ideologia come strumento non solo di vanità e retorica, ma di inganno e demagogia.

Si sono scomodati grandi ideali e ingombranti principi con una leggerezza e una supponenza davvero inadeguate al tema in questione. E si è voluto impostare il dibattito facendo come al solito la lavagna dei buoni e dei cattivi. Salvo scoprire alla fine che perfino in circoscrizioni solitamente da record per affluenza agli appuntamenti elettorali e referendari l’affluenza è stata bassissima.

L’invito dunque è lo stesso che fece il compagno Lenin al compagno Terracini: plus de souplesse, compagni. La libertà è una cosa seria. È accompagnata da responsabilità, certo. Ma viene prima delle responsabilità, è cardinale rispetto ad esse. E non esistono libertà di serie a e libertà di serie b, né un essere cittadini con la c maiuscola e con la c minuscola. E prima di dare di ‘pecoroni’ a un nostro simile, contiamo fino a dieci e magari asteniamoci. Plus de souplesse!

Il Pd dei petrolieri e delle marchette
Il Pd dei petrolieri e delle marchette

Io credo semmai che, per l’ennesima volta, questo respingimento debba riqualificare la nostra riflessione sullo strumento referendario.

Non solo per quanto riguarda le regole, che il ddl di Riforma Costituzionale modifica in modo promettente, ma soprattutto per quanto riguarda l’opportunità di indizione di un referendum.

Io credo auspicabile che un referendum abbia alcune caratteristiche: deve trattare grandi temi che riguardano direttamente la vita di tutti i cittadini italiani o di una loro gran parte, debba interrogare su quesiti chiari e immediatamente coglibili, debba essere ‘accessibile’ a tutti sul piano cognitivo e tecnico, debba riguardare un dibattito già vitale e ‘sentito’ da parte dell’opinione pubblica.

È uno strumento bellissimo, il referendum, crea uno spazio di democrazia diretta senza per questo delegittimare la democrazia rappresentativa. Ma quando si fanno battaglie più adatte alla seconda utilizzando la prima, il risultato è spesso questo.
Perciò, di nuovo: plus de souplesse, compagni.

Ps Con souplesse continuiamo a chiedere a Massimo Baldi una posizione chiara e immediatamente coglibile circa l’orto monastico di San Bartolomeo, specialmente in relazione alla valorizzazione del verde urbano di Pistoia, dell’attività dei vivaisti e della vocazione green, tematiche che ai renzisti locali pare stiano (almeno a parole) tanto a cuore…

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