UN CALCIO CHE… SAPE ’E SCARRAFONE

Un calcio che... puzza di piattole
Un calcio che… puzza di piattole

PISTOIA. Basta, non se ne può più. Ci stanno uccidendo il calcio sotto gli occhi e non facciamo nulla, assistendo inebetiti allo scempio.

Uno degli sport più belli, perché appassionanti, emozionanti, ricco di storia e storie, di aneddotica, dove un filo d’erba può cambiare una partita e un nano può rivelarsi devastante, è agonizzante, angariato da gente senza dignità.

Anni fa restammo frastornati nel leggere le parole di Gianni Rivera, mente geniale sul campo da gioco, uno che non le ha mai mandate a dire fuori, pagando lo scotto sulla propria pelle, da calciatore e da amministratore: “Prima o poi, più prima che poi, il calcio finirà”.

Va bene che tutto è destinato a terminare, ma il football no, per carità: tutti lo amano, concludemmo, non lo lasceranno spirare.

E invece quella che pareva una profezia buttata là, si sta rivelando una triste realtà. È l’estate 2015 a sancirlo, tra scandali e scaldaletti, dalla corruzione regnante nella Fifa di Re Blatter, alla dilagante voglia di far soldi degli addetti ai lavori (e non) attraverso le scommesse, legali e illegali, ma non solo.

La violenza, fatta di stupidità, ingordigia e ignoranza, porta i nostri tifosi a scontrarsi, sotto lo sguardo impaurito dei bambini, anche prima durante e dopo le amichevoli precampionato, quelle che una volta si giocavano coi contadini ladini e che, dall’avvento di Silvio Berlusconi, si disputano col Real Madrid.

Il nostro pallone, già abbastanza floscio, si sta sgonfiando e stavolta si ha tutta l’impressione che non basterà qualcuno a riportarlo alla giusta pressione. Si dice, quasi a giustificarsi: il calcio è lo specchio della società. E così dicendo, si continua a vessarlo, a farne fonte di potere e denaro facili, facilissimi.

Alla faccia di princìpi e valori, a discapito della magia che un tempo rapiva tutti, facendo sognare i bimbi, quelli che hanno tutto il diritto di sperare, di giocare, di sbagliare.

Quando il calcio esalerà l’ultimo respiro, voglio un campetto, due pali, una palla di cuoio e Gianni Rivera: per andare finalmente in gol, tra una lacrima e l’altra.

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