UN FESTIVAL UNICO AL MONDO, PAROLA DI RICK HUTTON

Graziano Uliani e Rick Hutton
Graziano Uliani e Rick Hutton

PORRETTA. La storia della benedizione di padre Emanuele sul Porretta Soul Festival non è una di quelle leggende metropolitane, perché ieri pomeriggio, mentre salivamo verso Parco Rufus Thomas, da La Cugna a Granaglione ha piovigginato, anche con un certa consistenza. Poi, entrati nell’emisfero di Porretta, il cielo si è aperto e anche in questa edizione del Festival, la pioggia è restata lontana.

Ma è giusto così, perché una manifestazione così antica e proiettata nel futuro merita ogni tipo di magìa. La pensa così anche Rick Hutton, il presentatore decano della manifestazione, nato in Inghilterra, ma da molti anni residente in Italia, tra Firenze e Lucca, dove gira con la sua band, la Rick Hutton Band, che non suona soul, ma il rock della sua adolescenza.

“È incredibile – racconta con quel suo italiano parecchio americano Rick Hutton, il pioniere delle emittenti privati musicali, l’indimenticabile VideoMusic, prima di andare in scena – questo Festival non somiglia a nessun altro, ve lo garantisco. Ho girato il mondo, per professione, sempre a braccetto con la musica, ma di posti incantati come questi non ne ho visti altri”.

La quarta e ultima serata della 27esima edizione del Porretta Soul non è ancora iniziata. Rick Hutton telefona ad un amico che sta aspettando e poi alla figlia, che vive a Como, ma che in questo momento di trova a Viareggio, con il suo piccolo di solo un anno. Passeggiamo con lui verso il Parco del Festival; attraversiamo la piazzetta dove c’è un piccolo palco dove per tutto il giorno, durante il Soul, gruppi che meriterebbero maggior attenzione e altri sin troppo fortunati, intrattengono la popolazione che vive e convive con l’allegria, contagiosissima, che abbraccia tutta la città.

Suonerà anche lui, domani, al Porretta Soul?
Suonerà anche lui, domani, al Porretta Soul?

Sotto il palco, dove si suona e canta soul, naturalmente, alcuni piccoli si improvvisano ballerini, altri musicisti. I genitori sanno che non corrono pericoli e si permettono addirittura di immortalare quelle innocentissime pose con telefonini e telecamere. Quando saranno grandi, i protagonisti e vecchi, i registi, quei filmati saranno fonte di sorrisi. E nostalgia.

“Anche le forze dell’ordine – aggiunge Rick Hutton – in questa cittadina e durante il Festival sono incredibili: anzi, l’ambiente è così rilassato che potrebbero non esserci. In tanti anni che presento il Festival non c’è mai stata occasione che si sia reso necessario un loro intervento. Non so da cosa dipenda, ma c’è un’atmosfera, a Porretta, che si respira soltanto qui. Musicisti per la strada che si confondono tra la gente; giornalisti e fotografi che intervistano e riprendono in ogni momento, su una piattaforma artistica di grande prestigio. L’aria è quella di una sagra paesana: il livello è di caratura internazionale. Rufus Thomas e Otis Redding, tanto per fare due nomi, sono quelli che abbattono ogni confine”.

Ambulanti e rispettivi banchi sono gli stessi dei giorni precedenti; dove non si vende, si cuociono salsicce e si beve birra. L’età media della popolazione che popola il Festival oscilla attorno ai 40 anni: molti hanno visto più primavere, meno quelli che se le sono fatte raccontare. Porretta ringrazia, come al solito e ieri sera, per aggiungere un piccolissimo ma delicatissimo tocco d’eleganza, l’esercizio Spagnesi si è messo all’anima di portare, direttamente sul palco, dieci collane di loro fabbricazione. Quattro sono destinate alle soliste di questa 27esima edizione; le restanti sei alle ragazze del coro.

Rick Hutton
Rick Hutton

“La cosa importante, a Porretta . dice ancora Rick – non è chi verrà a cantare, ma che il Festival venga fatto. Il soul, del resto, è così: una musica meravigliosa che si ricicla puntualmente ad ogni suo interprete, con tutti i suoi rappresentanti. Il grande merito, per la bellezza di questa macchina, va dato a Graziano (Uliani – n.d.r.): senza di lui, questo Festival, oltre a non conoscere probabilmente la luce, non avrebbero potuto resistere così tanto nel tempo riuscendo a rinnovarsi di anno in anno”.

Manca ormai pochissimo all’inizio della serata. Al botteghino fuori dal Parco le solite graziosissime ragazze staccano gli ultimi tagliandi per gli ultimi spettatori; gli accrediti e gli abbonamenti sono stati consegnati tutti, non manca più nessuno. Anche loro, come tanta gente a Porretta, non vuol perdersi la musica.

La scalinata semicircolare del Parco Rufus Thomas è gremita. Si può iniziare. Qualcuno solleva titubante gli occhi verso il cielo: nel pomeriggio le nubi si erano intensificate. Ma sono davvero in pochi; la stragrande maggioranza del popolo del Soul conosce perfettamente la leggenda di padre Emanuele.

E anche stavolta, la pioggia, è restata a guardare.

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