PISTOIA. Una tavola semplice e tranquilla. Con pochi giornalisti: vari colleghi assenti perché impegnati a chiudere le pagine. Ma Monsignor Tardelli, il nuovo Vescovo di Pistoia, ha voluto incontrare così il gruppo dei comunicatori pistoiesi.
Lo ha fatto con una cena in seminario – la semplicità niente ha tolto al pregio delle vivande – che è partita con la benedizione del cibo ed è proseguita con i discorsi, a tutto campo, sulla situazione economico-critica della città e della diocesi: Breda e provertà, artigianato, commercio, Quarrata… in dismissione.
Il Vescovo parla una lingua semplice e comprensibile, senza orpelli e senza arabeschi. Apprezzabile, in un mondo in cui è tutto rappresentazione e immagine. E l’ora scorre leggera in toni di affabilità, ma sempre misurata e attenta da parte di Fausto Tardelli.
Ci dice della sua soddisfazione per l’arrivo a Pistoia: non si aspettava tanto calore. E si capisce che è sincero. Ci parla delle bellezze di questa città, il più delle volte chiusa ermeticamente in e su se stessa (stiamo parlando noi, qui). Ma una battuta, candidamente simpatica, il Vescovo la fa: nota che a Pistoia non sembra essere l’unione a fare la forza, ma la frammentazione, la divisone in gruppi. E Monsignor Tardelli coglie nel segno. È arguto e attento nell’osservazione e preciso nel trarre, dall’analisi, le conclusioni.
Con questo non stiamo dicendo che corra: tutt’altro. Nel corso della cena e dopo, avverte – a séguito di una domanda di Rossano, di Tvl: “quale modello di chiesa poterà a Pistoia…” –, avverte che non poterà nessun modello, perché il modello di chiesa, pur essendo le varie comunità ecclesiali tutte diverse le une dalle altre, come gli individui di una famiglia, l’unico modello possibile, è quello di Cristo; il modello evangelico. Un Cristo – ha sottolineato Tardelli – che nella chiesa ritrova la sua mistica sposa.
A chi gli chiede se si è fatto un’idea di Pistoia (Cabella) e cosa ne pensi, il Vescovo risponde che è difficile qualsiasi forma di giudizio per parlare di realtà che, per essere conosciute, richiedono tempo e costante attenzione.
Ne apprezziamo la prudenza. La prudenza non è mai troppa. Certo – al di là di tutto – il Vescovo dà la netta impressione di essere presente e vigile: i pistoiesi dovranno fidarsi e affidarsi a lui; è un loro dovere. Fra un anno – ha sottolineato –, verso dicembre o gennaio, quando si sarà reso conto di ciò che ha intorno e della comunità ecclesiale che è chiamato a sorvegliare nella sua azione, appunto, di Vescovo, ci farà sapere con esattezza quali sono le sue idee e le sue opinioni in proposito. Ed è giusto che sia così.
Pensa anche di sviluppare – ha aggiunto – un sistema comunicativo con più esperienze frontali: due o tre conferenze stampa, almeno, nel corso di questo 2015. Perché si sappia come si sta movendo la chiesa pistoiese e il suo pastore.
Ma il nòcciolo della serata era partito dalla lettera di Papa Francesco destinata alle comunicazioni sociali; una lettera incentrata sulla famiglia – prima che sui mezzi di informazione – come primo nucleo di àmbito comunicativo umano. La comunicazione si impara lì.
Tardelli la ha letta e commentata, passo passo, quella lettera, ai giornalisti presenti. Per finire con il ricordare il valore di un’informazione che non disinformi e non crei quella sorta di ‘confusione’ che è lo strumento stesso del diavolo (qui stiamo parlando noi) nei confronti degli uomini.
Un intervento del collega Mauro Banchini, ex comunicatore della Curia Pistoiese, si è aperto ai temi generali del lavoro giornalistico, con le sue rose (l’importanza dell’informazione) e le sue spine (le difficoltà create ai giornalisti dagli editori e del potere in generale). Molto da lavorare, da questo punto di vista: ne siamo convinti anche noi. Deve essere – crediamo – l’impegno di tutti.
Qualcuno ha chiesto un commento sul caso Barli: e Tardelli ha risposto chiarendo che se ne era informato e che, comunque, la cosa viene da lontano, non è “fresca” e non è la prima volta che si presenta come urgenza da affrontare e risolvere. Era il momento in cui – tra l’altro – le tv nazionali riferivano che sarebbe intervenuto il Ministro in persona, ma questo non lo sapevamo.
Quest’anno, insomma, San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, è stata una ricorrenza festeggiata così. Niente male, diremmo, come primo approccio del Vescovo Tardelli.
Caro direttore, l’articolo, in punta di penna, è bello e apre il cuore alla speranza: le parole sul nuovo Vescovo fanno presagire che sarà “del fare” più che “dell’apparire”. E Iddio sa quanto ne abbiamo bisogno nella nostra piccola e CHIUSA Pistoia, ove SOLO e SEMPRE i soliti noti fanno e disfano. Benvenuto di cuore, quindi, a Sua Eccellenza il Vescovo Monsignor Fausto Tardelli. Certo l’inizio – ma non credo sia opera sua, bensì dei comunicatori della Diocesi, vecchi e nuovi, come lei, caro direttore, li definisce – non è stato portentoso, eufemisticamente parlando. Nel pezzo, si parla di pochi giornalisti presenti. Come dire, chi è causa del suo mal pianga se stesso. Se s’invitano sempre i soliti noti, che peraltro non si presentano neppure, sarà sempre una tavola fatta di pochi (e per pochi). Con stima, Gianluca Barni, suo allievo giornalista (mai invitato a questa mensa – probabilmente perché buona forchetta, chissà).