MONTALE. Hanno deciso di partire da lontano, molto lontano, dal jazz-blues di Billie Holiday e terminare il concerto approssimativamente reimmergendosi negli stessi anni, quelli di Dumbo, lungometraggio allucinogeno della Walt Disney. Antonino Siringo e Rebecca Scorcelletti, del resto, possono musicalmente permettersi questi ed altri lussi e anche ieri sera, alla Villa Smilea di Montale, ultimo appuntamento della V edizione Metti una sera alla Smilea, si sono presi la licenza di esagerare.
Lo fanno sistematicamente, del resto, perché non sanno fare diversamente: il commissario Antonino Siringo al piano è un musicista che viene dalle scuole più severe, rigide, tassonomiche, quelle che gli hanno insegnato l’importanza e il rigore di ogni singolo suono, di ogni piccola nota. E’ stato un allievo-modello delle caserme musicali nelle quali si è perfezionato e ora, con anni e anni di tirocinio alle spalle non è più minimamente disposto a mettere in discussione la sua religione, un monoteismo che divide quotidianamente con la sua compagna Rebecca Scorcelletti, che quando le coincidenze astrali lo consentono, canta sulle sue tastiere.
Rebecca Scorcelletti è l’agente Digos preferita dal commissario Siringo: discute poco o nulla gli ordini sonori che le impone il suo graduato, ma senza mai mostrarsi indisciplinata, ogni tanto, si consente licenze timbriche sulle quali Antonino finge di sorvolare, come se non le captasse. La realtà, invece, è che sono proprio la pertinenza di quelle fughe a santificare il groove che li tiene insieme, dando alle loro esibizioni quel duplice senso magico di ricerca e scoperta: l’amore tiene insieme la loro musica e attraverso la musica rinnovano il loro amore.
Ma veniamo al concerto, sublissime come avrebbero commentato a Parigi. Superlativi sono i loro modi di esibirsi: Antonino Siringo fa del didattismo esasperato la sua arma letale; non si distrae, non vede e non sente nessuno se non le tastiere con le quali parla sistematicamente, chiedendo loro di non tradirlo. Rispetta tasto tasto con la medesima solennità, concedendo ad ogni riflesso l’onore, ma anche l’onere, di poter essere il primo e l’ultimo di un brano. E’ colto, Antonino Siringo, detesta le approssimazioni: per lui la musica è studio e sacrificio, ideale per il quale possa valere la pena di fare tutto. O nulla, dipende. Suona con un nitore imbarazzante, sottolineando, ad ogni piè sospinto, come le sue note, seppur comprese nel rigo, emettano un suono particolare, unico, firmato dalla sua sapienza. Anche Rebecca Scorcelletti non è da meno: il suo aspetto, gentile, riesce a mitigarne l’incorruttibilità artistica, ma anche lei, transige con parsimonia. Finge di farsi guidare, ma la macchina sulla quale viaggia è dotata di doppi comandi per ogni singola funzione: accelera e riduce la velocità a suo piacimento e soprattutto è un’ottima conduttrice sul qualsiasi manto stradale.
Hanno iniziato dalle radici del blues e poi si sono soffermati, lungamente, su Nina Simone, un tributo doveroso, indispensabile per due musicisti del loro spessore. Poi, nonostante la madre di Rebecca, in sala tra i fan più esagitati e meno obbiettivi della figlia, avesse espressamente chiesto ad una delle sue parole e al genero di non monopolizzare il concerto con la musica brasiliana, Antonino e Rebecca non hanno potuto per fortuna esentarsi dal loro grande amore, introdotto da Acqua di marzo, uno dei motivi più suggestivi delle musica verdeoro, traghettato in Italia quarant’anni fa da una sorprendente Mina. Poi Veloso, Gil, una breve pausa per la cantante (il suonatore non ha sete) e la conclusione, fantastica, impensabile, imprevedibile, un ulteriore meraviglioso saggio di presunzione, con Antonino Siringo che scimmiotta se stesso e Rebecca Scorcelletti che imita la propria voce.
Tre fuori programma e poi, i saluti. Nel backstage della Smilea, la porta accanto alla sala affrescata da gigantografie di Iorio Vivarelli, Antonino e Rebecca si saranno probabilmente vicendevolmente complimentati: il commissario Siringo non avrà perso occasione di sottolineare un’improbabile imperfezione nel quarto brano, inezia sulla quale, la sua agente prediletta, Rebecca, avrà sorriso, baciandolo.