PISTOIA. La calda estate che volge al termine ci consegna alcune immagini che descrivono in modo perfetto la fase storica che stiamo attraversando. Con l’abdicazione di campo delle socialdemocrazie europee dall’area realmente progressista della proposta politica, ormai inscindibilmente annesse ad un sistema liberale e capitalista solo moderatamente ed apparentemente temperato, in quasi tutto il continente sono nate proposte politiche che, pur muovendosi alla sinistra del Pse, esulano da un reale apparentamento con le grandi famiglie politiche europee, quantomeno per come le abbiamo conosciute fin qui.
La vicenda greca e la perdita di senso delle istituzioni soffocate dal mercantilismo liberista dei trattati; il dramma dei migranti in un contesto di guerra diffusa e permanente, che alimenta fondamentalismi religiosi e pulsioni xenofobe, le quali preparano terreno fertile alla ragione del manganello; la crisi economica, i mercati finanziari in continua turbolenza, la mancanza di lavoro e di prospettiva per intere generazioni di giovani, fabbriche che chiudono, distretti industriali che collassano, classi medie (quelle che per vivere devono lavorare) che si impoveriscono in un inevitabile degradamento del tessuto sociale.
Sono tutti argomenti che hanno alimentato il dibattito pubblico degli ultimi mesi, e che mostrano in modo chiaro, ognuno per la sua parte, il fallimento strutturale di questo sistema economico e sociale imperniato sul libero mercato, che ha posto le basi a cavallo tra gli anni 80/90 con la deregulation finanziaria e si è sviluppato nell’era della globalizzazione e delle istituzioni sovranazionali.
Syriza in Grecia e Podemos in Spagna rappresentano delle novità importanti, ma rischiano di venire marginalizzate dall’isolamento e dai rapporti di forza se non saremo capaci di costruire altre forze politiche di dimensioni significative nel campo europeo.In questo quadro la situazione italiana ripropone plasticamente la crisi che avvolge tutto il vecchio continente.
Il governo Renzi, al netto della propaganda, risulta fedelissimo ai dogmi imposti dai trattati, assumendo in toto le ricette suggerite da Confindustria, fino a donarle anche lo scalpo dell’art.18, umilia il mondo del lavoro e della scuola, scarica sugli enti locali il peso dei pesanti tagli alla spesa pubblica, porta avanti una riforma del nostro ordinamento costituzionale verso una democrazia “esecutiva” priva di contrappesi che ridimensiona il concetto stesso di rappresentanza sociale. Il tutto governando con una sorta di grande coalizione con Alfano e Verdini.
Lo spostamento a destra del Pd con le politiche che questo porta avanti, mette fine anche allo schema del centrosinistra classico in tema di alleanze, ed impone alla sinistra politica e sociale diffusa e frammentata di costruire uno spazio politico autonomo, che non sia una sommatoria di gruppi dirigenti, né un cartello elettorale, ma un soggetto politico capace di costruire un’alternativa di governo attraverso un programma credibile, innovando nello stile, nella forma e nell’organizzazione.
In linea tendenziale, è evidente che la risposta al moltiplicarsi dei problemi legati ad una sola impostazione politica possibile, quella del pensiero unico neoliberista, può essere trovata perseguendo 3 cardini essenziali:
- sperimentazione dell’azione politica
- rinnovamento e semplificazione del linguaggio
- credibilità degli interpreti
Questi sono tre prodrormi dei quali la sinistra italiana oggi deve fare dogma, affinché sia possibile dare realmente vita a quel processo di costruzione di un nuovo soggetto politico che possa proporsi come concreta alternativa di governo alle forze tecnocrati e conservatrici.
Sperimentazione che significa, tra l’altro, riconoscere che ormai la forma tradizionale dei partiti, quella che abbiamo conosciuto nel corso del ’900 nella sua forma più genuina ed autentica e nel nuovo millennio con le sue decadenti derivazioni, è ormai inadeguata a rispondere ai problemi del periodo storico nel quale viviamo, per moltissimi motivi:
- la sempre maggiore complessità dei problemi, dovuti all’acuirsi della crisi economica e sociale globale
- la radicale modificazione del corpo elettorale e militante, ormai sempre maggiormente spostato su nuove forme di comunicazione, interazione ed informazione, prevalentemente telematiche, con le quali è necessario prendere dimestichezza per poter essere all’altezza della sfida
- una rinnovata orizzontalità dell’accesso alle notizie e alle conoscenze (spesso anche in modo distorto ed erroneo) con il quale chiunque ambisca a fare politica oggi deve confrontarsi
- una sempre più netta accelerazione dei fenomeni politici, in cui salire sulla cresta dell’onda mediatica è facile e rapido esattamente come lo è finire nel dimenticatoio collettivo
Tutto questo ci spinge a dover reinterpretare la forma piramidale e gerarchicamente organizzata delle nostre comunità, soprattutto pensando non a quel che è stato, ma a quel che vorremmo che fosse questo nuovo soggetto. Non la somma dei tanti piccoli pezzi esistenti, ma un campo largo, competitivo sul piano elettorale, strutturato ed al tempo stesso leggero e mobile, aperto, inclusivo, con un profondo senso civico e con l’attenzione ai beni comuni, alle energie rinnovabili, alla tematica ambientale, ad uno sviluppo economico socialmente ed ecologicamente sostenibile.
Per fare tutto questo dobbiamo saper fare quello che Pietro Ingrao riteneva essere il compito ultimo e più alto della Politica, rendere possibile l’impossibile, dunque riuscire a coniugare la rappresentatività e la democrazia totale di una forma che prenda ispirazione dai movimenti, senza per questo sfociare nel movimentismo puro e destrutturato, in cui il capo carismatico diviene, in un ambiente completamente deregolamentato, padre e padrone della base.
Dobbiamo essere in grado, in definitiva, di reinventare il senso della nostra azione, tornare ad essere una dimensione di massa, che è inevitabilmente propria e connaturata a qualunque forza di autentica Sinistra, senza sfociare mai nell’antagonismo a prescindere, nell’antirenzismo per intenderci, ma essendo capaci di conquistare l’elettorato con la bontà delle nostre proposte politiche, queste si nettamente alternative ed inconciliabili con il progetto del Pd ed in generale delle forze di destra, perché solo così potremo risorgere dalle ceneri nelle quali classi dirigenti incapaci e miopi ci hanno condotto, attraverso anni di scissioni, immobilismo e pavidità.
Come tradurre tutto questo in concreto
nella nostra piccola realtà locale?
Sel non può che essere parte di questo nuovo percorso; abbiamo costruito Sel per questo, perché fosse un progetto fecondo per una sinistra più grande. Questo autunno deve essere il momento in cui con coraggio ci mettiamo a disposizione insieme ad altri per un nuovo soggetto politico unitario della sinistra, riprendendo l’iniziativa a partire dai territori, intensificando i rapporti con chi come noi è disposto ad impegnarsi in questa nuova strada. Ripartire dall’esperienza di Sì – Toscana a Sinistra è il primo passaggio, ma certamente da solo non basta.
Come dirigenti politici riteniamo il mandato svolto in questo anno complessivamente molto positivo, per cui crediamo, coerentemente con le posizioni sopra illustrate, di dover proseguire nell’allargamento del gruppo dirigente, nel confronto strenuo e costante con tutte le realtà organizzate (sindacali, associative, di categoria, politico-partitiche, civiche) e non (singole persone) al fine di continuare il confronto e l’incontro con le diverse aree ed opzioni che si vanno costituendo in vista del nuovo soggetto della sinistra, ad esempio promuovendo tavoli tematici aperti per il futuro del nostro territorio, sulla scia di quanto fatto con l’esperimento pistoiese di #immaginatoscana, rilanciando l’azione politica dei circoli locali in vista dell’approssimarsi dell’appuntamento elettorale amministrativo, ripartendo con incontri assembleari aperti assieme ai nuovi protagonisti della scena della Sinistra e riaffermando, ancora una volta, il ruolo strategico ed irrinunciabile di SEL nella costruzione di questa piattaforma.
Francesco Romano Natali
Emiliano Fregnan