PISTOIA. Era l’ora, finalmente, che anche l’Intersindacale Medica denunciasse pubblicamente il disservizio permanente e continuo che si verifica nel “gommone” S. Jacopo Chiquita 10 & lode e che solo per il senso del dovere dimostrato dal personale, in questo caso medico, non è collassato.
Su una questione che ci riguarda come utenti, la paura ci assale ed è là dove testualmente si afferma che: “… l’Italia è stata nuovamente deferita alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea poiché le normative italiane privano i medici del loro diritto ad un limite nell’orario settimanale e a un minimo di periodi di riposo giornalieri, con riflessi negativi sulla qualità della performance fornita e potenziale aumento del rischio per l’utenza”.
È una denuncia pesante che deriva da una consapevole certezza che il giuramento di Ippocrate è sacrificato sul tavolo del meschino interesse politico e sui “desiderata” di un rosso-Rossi qualunque che sente “odore” di elezioni e che non vuole perdere la sua cadrega.
Però, stavolta, nonostante tutto, al di sopra delle sigle sindacali di appartenenza, la componente medica ha lanciato un segnale che è, paradossalmente, improntato all’ottimismo e che si configura nel dovere/potere di tornare a svolgere il proprio lavoro nell’interesse dell’utente e non del cialtrone politico di turno e dei suoi leccascarpe.
Quest’ultimi (i leccascarpe), ancorché medici, scendano le scale del “gommone” e tornino, come si dice in gergo militare, “operativi”, perché quando si sente parlare (e lo si legge) di medici “apicali” (retribuiti con centomila euro annui e più per merito di tessera politica) che se ne stanno chiusi negli uffici amministrativi o svolgono solo questa funzione, ci assale il timore che non sia mai che si debba capitare sotto il loro giudizio medico o la loro diagnosi.
Che faranno alla nostra appendice infiammata? Ci metteranno un bollo governativo come è usanza in tutti gli atti della Pubblica Amministrazione? Ci sono medici coraggiosi in attività di servizio (con il rischio di ritorsioni) che non hanno paura a dire, come a Marciana, che la Sanità deve essere cambiata e che la politica deve tornare al suo esclusivo ruolo di indirizzo e non a soffocare le capacità, la dedizione, le competenze che ancora per poco potremo vantare.
Ci dice l’Intersindacale medica che: “La Direzione Aziendale continua a perseguire un atteggiamento miope, penalizzante e squalificante verso gli operatori sanitari che erogano il servizio all’utenza, chiudendosi in una torre d’avorio di rigide regole e vincoli burocratici. L’attività medica e sanitaria non è sempre inquadrabile in schemi rigidi bensì necessita di una flessibilità che coniughi l’organizzazione del sistema con il rispetto dei tempi di riposo dei professionisti, a tutela della qualità e adeguatezza del servizio erogato al cittadino”.
È un principio sacrosanto, ma andatelo a spiegare a un ultranovantenne costretto, in seguito a emorragie, ad attendere sei-sette ore al pronto soccorso!
Il comunicato dell’Intersindacale Medica è terribilmente esaustivo, solo che lo si voglia leggere nella sua vera sostanza. Alla luce di quanto tutti noi, o quasi, abbiamo sperimentato personalmente o per qualche familiare dentro il “gommone” S. Jacopo ci verrebbe da dire all’Intersindacale Medica: «Quando deciderete di salire ai piani alti del “gommone”, fate un fischio: veniamo anche noi».