PISTOIA. Dopo mesi di riserbo, interrotti da uno scritto allegorico e criptico su Reportpistoia che, mi rendo conto, avranno capito in tre, visto che Roberto Bartoli ha deciso di prendere posizione pubblica, con tanto di mobilitazione twitter a suo sotegno, mi sento di dire e di dirgli la mia.
Certamente non sono un importante professore universitario come Bartoli, ma l’ultimo insulto che il dirigente nazionale del Pd e, a detta di tutti, il massimo riferimento di Matteo Renzi a Pistoia, mi ha riservato, mi ha fatto davvero sorridere.
Chi mi conosce sa che non sono e non sono mai stato “pedina” di altri.
Bartoli è persona spesso sprezzante, lo so, ma si è talmente auto-convinto di essere vittima di non so quale complotto/raggiro che credo vada aiutato a recuperare un po’ di consapevolezza.
Intendiamoci, su una cosa ha ragione, il fatto in sé, quello di cui hanno parlato i media nazionali, regionali e locali potrebbe essere anche derubricato ad una chiacchierata sgradevole tra amici, poi strumentalizzata. Se però si tiene a mente il contesto in cui è avvenuto, tutto ciò non regge.
Sono stati proprio i paladini delle primarie e del partito da sottrarre alla “ditta”, i renziani pistoiesi, quelli che, in nome della trasparenza, addirittura avevano in gran parte stracciato le tessere del Pd, a prendere l’iniziativa e, per usare sempre una metafora renziana, a scegliersi campo da gioco, avversari, amici, regole (in tandem con Firenze) e, non contenti, proprio a portarsi via il pallone.
Peraltro, una volta sconfitti alle urne, anche ad essere beneficiati dal ripescaggio, ma questa è un’altra storia, non mettiamo troppa carne al fuoco.
In realtà è tutto il sistema di potere pistoiese, compresa l’altra metà del cielo, quella che fa capo al sindaco Samuele Bertinelli e al suo sempre allineato entourage, ad avere gravi colpe.
Quello che, tra l’inverno e la primavera scorsi, è avvenuto a Pistoia è un capolavoro della spartizione del potere per tribù; l’annientamento di qualsiasi spazio di democrazia e partecipazione. I fatti sono noti, e la telefonata di Bartoli a Simona Laing è perfettamente didascalica: due anni fa si celebrò a Pistoia, un finto congresso.
Tutto era stato già deciso nei minimi dettagli, con una spartizione di poltrone inattaccabile e proiettata verso le successive elezioni regionali.In questo modo tutti i circoli sono stati messi (o si sono messi da soli) nell’impossibilità di discutere di programmi e candidature.
Penso al circolo dello Sperone, cui appartenevo, uno dei più grandi, dove è stata permessa la convocazione di assemblee e riunioni solo a candidature già decise e certificate e dopo molte insistenze. Il tutto aggravato, a mio parere, dal fatto che colui che avrebbe dovuto essere il garante del processo, il segretario provinciale Marco Niccolai, era una delle parti in causa essendo a sua volta tra i candidati.
Insomma, per farla breve, nessuno poteva anche ambire o provare a mettere in discussione le decisioni occulte e non trasparenti prese al di fuori di qualsiasi organismo e discussione pubblica. Chi ci ha provato doveva, in tutti i modi, essere spazzata via. Questo è successo a Simona Laing che, anche questo è chiaro dalla telefonata, per storia personale aveva la forza di mettere in discussione lo scellerato patto, se solo le fosse stato permesso di candidarsi.
Prova ne sono, poi, le due innegabili candidature civetta che hanno protetto, premurosamente, l’accordo.
Su un punto Bartoli ha ragione: il voto a suggello del patto (il 97%) dopo una discussione di un’oretta ha mostrato quando Pistoia e il partito che la guida siano granitici. Nessuno può sgarrare, pena l’emarginazione o altre ritorsioni/ripercussioni (si ricordi sempre la famosa telefonata…).
Se Matteo Renzi fosse nato a Pistoia e non un po’ più in là, probabilmente sarebbe come me ancora a scrivere mail e lettere al segretario del Pd di Gello (luogo in cui poi mi sono trasferito) per richiedere, senza successo, di trasmettere, come da regolamento e come da atto dovuto, l’esposto che riguarda i fatti di cui discutiamo.
Per fortuna non tutte le ciambelle riescono col buco, caro Bartoli, e nonostante la tua fine opposizione in punta di statuto e di regolamento, il ricorso è, alla fine, anche se per altre vie, arrivato a destinazione.
Si può discutere quanto si vuole: ma il comportamento di Bartoli nella telefonata alla Laing è in contrasto con il codice etico e lo statuto del Pd. La sanzione che la Commissione di Garanzia Provinciale ha comminato a Bartoli, dopo circostanziata e, assicuro, del tutto autoprodotta segnalazione, è proprio il minimo sindacale.
Spiace che Bartoli, forte di altri equilibri politici, sia così sicuro di poter ribaltare, ai massimi livelli, una decisione sacrosanta ed equilibrata. Peraltro comunicatagli, deduco, dopo e non prima che l’organismo di cui fa parte si fosse riunito in pompa magna, presso l’Expo di Milano.
C’è un punto, a mio parere, fondamentale. La scomparsa degli iscritti, dei militanti, dei cittadini. La scomparsa della politica.
La reazione di pochissimi a quanto è successo, alla fine il primo ricorso lo abbiamo firmato in tre, denota sfiducia e paura.
In diversi mi hanno comunicato che avevano timore di ritorsioni sul lavoro o nell’ordinaria attività politica. Può darsi, anzi è probabile, che fossero autorappresentazioni infondate, anche un po’ interessate, non lo discuto. Sta di fatto che, anche a me, subito dopo la favoletta su ReportPistoia, è stato scritto personalmente che mi si sarebbe rivoltata contro.
Davvero un bel clima! Complimenti!
Non ho gioito quando ho visto i verbali pubblicati online e chi li ha trasmessi ha commesso un errore, in primis politico. Ma, nel clima di omertà generale, sinceramente anche questa ossessione di insabbiare/nascondere tutto appare un po’ sospetta.
Caro Bartoli sono convinto che il tuo 97%, a breve, diventerà il 99%. Sei, come giustamente rivendichi, riuscito a distribuire un bel po’ di potere su Pistoia. Altro ne distribuirai. Il tuo “gruppo” ha condotto una campagna elettorale faraonica di cui, entro agosto, avete promesso, saranno resi noti i dati di spesa e coloro che vi hanno contribuito.
Solo non tutto e non tutti sono “comprabili” o condizionabili.
Pistoia, almeno per quel che posso dire dopo quattro anni in cui vi abito, ha tantissime potenzialità inespresse. Ha bisogno di liberarsi dalla cappa in cui le varie tribù l’hanno imprigionata. D’ora in avanti discutiamo: di servizi pubblici, di cultura, turismo, marginalità, ambiente, rifiuti e sostenibilità. Magari, è un umile suggerimento senza quell’ansia turboliberista, Bartoli, che ogni tanto ti prende che vorrebbe privatizzare anche l’aria (non pulitissima) che respiriamo.
Discutiamo anche, ora che contiamo come comunità così tanto in Regione, di come si riprende in mano un territorio che la riforma delle Province ha frammentato e indebolito e che rischia di chiudersi in un micro campanilismo che ne sancirà l’inevitabile declino.
Di tutto questo si poteva e si doveva parlare in una campagna elettorale che è stata tutto spritz e leggerezza. Al massimo un po’ di, composto, storytelling.
Perché, grazie a regole compiacenti e su misura, non c’era e non ci poteva essere competizione e libertà. Ma senza (corretta) competizione e libertà è difficile migliorare la qualità della politica e si alimentano astensionismo e populismi, anche in terre che, si pensava, ne fossero immuni.
È vero ci vuole anche una politica che decide. Ma lo può fare solo se è legittimata, non solo formalmente. Fuori e dentro i partiti, fuori e dentro le istituzioni.
Per fortuna, qualche margine in più, in vista del 2017, forse, c’è. Staremo a vedere.
Intanto, caro Bartoli, stai sereno. Senza acredine, la “pedina”,
Francesco Lauria
[*] – Iscritto del Pd
Ma cosa aspettate a uscire dal PD e a formare una lista civica per le prossime comunali? Che ve ne fate di questo partito? Ma tirate fuori gli attributi e fategli vedere. Se lo fate vi voto (dai Laing fallo anche tu che sei forte!)
Massimo Scalas