PISTOIA. Nicoletta Bernardini è elegante. Non solo nel vestire (una ricercata stravaganza, mai oltre), ma anche nella deambulazione. Alla fine degli anni ’70 era una ventenne (è nata il 26 aprile 1961) che avrà vissuto, come la stragrande maggior parte delle sue coetanee, gli aneliti post-rivoluzionari, intrisi di femminismo.
La rabbia, con il tempo, si è un po’ smorzata e a prendere il sopravvento è stata quella meravigliosa leggerezza che trasforma il dolore in energia, l’astio in fragorose risate. A questo, poi, aggiungeteci che da qualche tempo, Nicoletta Bernardini – figlia di un uomo che ha sempre creduto nella parola scritta, e continua a farlo – segue, con interesse e profitto, il laboratorio linguistico del Funaro, dove nella biblioteca dell’Associazione, nel tardo pomeriggio del 28 gennaio, si è svolta la presentazione del suo primo romanzo, Una vita passata a dividersi (Edikit, 15 euro).
Con un sottotitolo – tra Richard Gere e Dermot Mulroney. E sono pure gelosi… – che introduce il viaggio immaginario, ma costellato di realtà, aspirazioni e qualche rimpianto, che è il motore del romanzo: un sogno ad occhi aperti di quello che succede ad una giovane e facoltosa ragazza fiorentina – e che sarebbe potuto succedere a Nicoletta –, tra la fine degli anni ’70 e quelli immediatamente successivi. Una giovane gallerista parte alla volta degli Stati Uniti e lì, nella grande mela, le capita quello che ogni ragazza vorrebbe le succedesse: amori travolgenti niente meno che con Richard Gere, prima e Dermot Mulroney dopo, una entusiasmante e adrenalinica doppietta sentimentale in sequenza vissuta sotto l’egida, del tempo, dell’arte, della musica e della poesia, che sono passioni, anche senza emigrazioni a stelle e strisce, la vita di tutti i giorni dell’autrice.
“Scribacchio da sempre – ha detto Nicoletta Bernardini nella biblioteca del Funaro davanti a numerosi curiosi e futuri lettori del suo battesimo editoriale – e l’assidua frequentazione del laboratorio del Funaro ha fatto il resto. Perché scrivere è la mia migliore ricreazione, oltre che rappresentare una necessità morale, spirituale, ma anche fisica, quasi erotica. Il libro, frutto di uno studio meticoloso durato circa un anno, prende spunto dalla visione di alcuni films che non si sono fermati ai titoli di coda, ma che hanno continuato ad interagire con le mie passioni anche a proiezione terminata. E per soddisfare queste necessità, non mi sono limitata a rivederli, ma ho iniziato a fare un lavoro di interrelazione cinematografica fondendo e confondendo la realtà virtuale della pellicola con la mia vita, tirata ad elastico dalla bellezza cosmica dell’età più bella ai miei giorni, in un vortice bipolare di ricordi e realtà che mi ha condotto fino al termine della storia”.
La trama del racconto, da Firenze a New York e ritorno, si snoda attraverso 165 pagine suddivise in quattordici capitoli, nei quali sono contemplati il prologo e l’epilogo e anche per Nicoletta Bernardini, come per qualsiasi altro autore, Francois Truffaut compreso, che lo sostenne per primo, il suo Una vita passata a dividersi “è la cosa più bella da vedere”.