«VAI A SPIEGARLO AI TUOI COMPAGNI, SAMUELE, E NON SCAPPARE»

Samuele Bertinelli, ex Sindaco di Pistoia

PISTOIA. Ex Sindaco Samuele Bertinelli che in questo periodo ho targato Berti-nullam: senza volerlo, per indebiti ma accettati riferimenti a stati filosofici e di pensiero dovuti al tuo corso di studi, molti hanno pensato che fossi il Cacciari di turno con la differenza che il Cacciari filosofo è stato più furbo di te.

Ha cavalcato l’onda e riempito le tasche, ma gli unici riferimenti filosofici sono stati che “pecunia non olet” e, se ti paragono a Cacciari, offènditi.

Passiamo “al cuore” del problema: la stampa scrive che non ti ripresenterai neppure come consigliere comunale, dopo la tua sconfitta elettorale.

Scritto da chi ha provato sulla propria pelle anche il “politicamente corretto” dovrei scrivere che sei stato “politicamente trombato”; e lo sei stato. Fai parte di quel sistema che io faccio finta di non conoscere e che voi, i variegati compagni politicamente intesi, avete anche usato (non tu), come strumento di offesa giudiziaria nei confronti di chi si atteneva all’art. 21 della Costituzione Repubblicana.

Ma perché non presentarsi da perdente, onorevolmente, alla nuova costituenda assemblea comunale?

Perché non fare prevalere il proprio dignitoso ed orgoglioso stato di sconfitto politico? Perché non pretendere: “Questi furo gli estremi renduti al domatore di cavalli Ettorre?” (Omero, Iliade, XXIV, non era fascista!). Certo, i problemini con la Giostra non attengono a questa famosa parentesi letteraria; ma, insomma, “docti sumus”, non come quello di Tvl Pistoia durante lo spoglio elettorale con gli occhialini “osé” che commentava.

Perché, Samuele Bertinelli, anche nella sconfitta c’è una dignità che talvolta supera la vittoria. La fuga, no.

Quella è nel d.n.a. dei vili che abbassano le armi, che si concedono alla pietà dei vincitori e soprattutto alla viltà di coloro che hanno fatto finta di essere tuoi amici senza esserlo e di coloro che ti hanno appoggiato per mantenere qualche esterno privilegio, magari di consulenze o di pareri; questa sporca Pistoia del post guerra è ancora viva, anche se agonizzante.

Un lieve senso di sorriso vorrei offrirti: adesso sono “cacchi” di Alessandro Tomasi che si contraddistingue da te per un semplice motivo: tu sei stato uno strumento, figlio della buona “squola con la q” del tuo Pci-Pds-Ds-Margherita-Ulivo-Ds-Pd, Alessandro Tomasi è figlio politico di una certa destra contaminata da quei Dc che hanno impestato voi e che, io spero, non impestino lui.

Come ho già scritto, l’analisi politica del voto me la riservo prima che questo quotidiano –on line, libero, senza padroni e variegato nelle sue posizioni –, debba salutare tutti, in piedi, perché la libertà non si compera.

Un’ultima cosa che può apparire velenosa, ma non lo è: impara a programmarti per lavorare, il lavoro vero, non quello che deriva dal buffonesco comunicato di un certo Cristiano, che ciuccia in una partecipata e che, da buon vecchio comunista tracimato dalla Brana, esce da una partecipata, per tua nomina e quindi di fatto decadente fra pochi mesi, del tuo ex Comune per motivi “ideali”. Hai compreso chi erano i tuoi cosiddetti compagni o amici?

Permettimi un’ultima annotazione: per chi per una vita è stato considerato un perdente ma che si è sempre sentito vincitore perché la battaglia è degli uomini ma la vittoria è di Altri, ti offro, per par condicio, ciò che un fascista prima e comunista poi (cioè un vero italiano…) Curzio Malaparte, scrive in un suo celeberrimo libro che certamente avrai letto (?) “La Pelle”.

“Non so quale sia più difficile, se il mestiere del vinto o quello del vincitore. Ma una cosa so certamente, che il valore umano dei vinti è superiore a quello dei vincitori. Tutto il mio cristianesimo è in questa certezza che ho tentato di comunicare agli altri nel mio libro, e che molti, senza dubbio per eccesso di orgoglio, di stupida vanagloria, non hanno capito o han preferito rifiutare, per la tranquillità della loro, coscienza. In questi ultimi anni, ho viaggiato spesso ed a lungo, nei paesi dei vincitori e in quelli dei vinti, ma dove mi trovo meglio è tra i vinti. Non perché mi piaccia assistere allo spettacolo della miseria altrui, e dell’umiliazione, ma perché l’uomo è tollerabile, accettabile, soltanto nella miseria e nell’umiliazione. L’uomo nella fortuna, l’uomo seduto sul trono del suo orgoglio, della sua potenza, della sua felicità, l’uomo vestito di orpelli e della sua insolenza di vincitore, è uno spettacolo ripugnante.”

Vai a spiegarlo ai tuoi compagni, Samuele, e non scappare.

[Felice De Matteis]

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