CRACOVIA (PL). Vera (Vera Vigevani Jarach, Milano 1928) è una signora di 87 anni; accoglie tutti con un sorriso gioviale, perché la vita, sono sue parole, le ha dato molto, perfino una figlia stupenda.
È nata a Milano e la sua unica colpa è quella di essere ebrea e per questo, ancora bambina, viene espulsa da scuola.
La mamma di Vera è previdente sente il pericolo incombente e coglie questo segno inquietante. Bisogna andare lontano, fuggire da questa follia che sta pervadendo l’Europa.
Riparano in Argentina e scampano alla shoah. Non tutti. Il nonno, Ettore, cerca rifugio nella vicina Svizzera. Viene catturato e internato non si sa dove. Dove, però, trova con certezza la morte.
Vera cresce nel suo nuovo paese, si fa donna e si sposa. Dal matrimonio con Giorgio nasce Patrizia. Una vita tranquilla e serena.
Ma la ruota del destino gira e si ferma sulla stessa casella di 40 anni prima. Un altro regime si fa avanti e stabilisce chi sì e chi no. Patrizia è no.
Catturata dal regime di Videla, finisce su un aereo per un “volo della morte”, uno dei tanti. Ed è una dei trentamila desaparecidos.
Un destino beffardo implacabile che ritorna, come ritorna la storia e colpisce quando meno te lo aspetti, quando ormai ti senti al sicuro.
Chiunque sarebbe stato piegato e poi spezzato, ma non Vera, militante vera della memoria, ancora qui, in Polonia, a portare la testimonianza a chiunque ne faccia richiesta.
Vera ritornerà in Italia oggi, 22 gennaio, con il Treno della Memoria insieme ai 700 ragazzi delle scuole della Regione Toscana che hanno avuto l’onore di conoscerla e il piacere di ascoltarla sul palco del Cinema Kijow di Cracovia. Con commossa disperazione.
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