PISTOIA. Dai quasi cinquecento metri di altezza di Bruma dobbiamo scendere ai centocinquanta di Sigüeiro, piccolissima città un po’ troppo normale per essere una delle tappe del Cammino di Santiago.
Tutti, soprattutto io, ci accorgiamo che il ritorno alla realtà si sta avvicinando a grandi passi.
E sono proprio questi passi che io tento di rallentare durante la quarta tappa. È questo tempo che scorre inesorabile e che io vorrei per un attimo, anzi per ore, bloccare.
Rallento, difatti, e mi trovo Martina accanto. Del resto, come è sempre accaduto da quando, poche ore prima, l’ho conosciuta. La spingo a interrogarmi. Mi piace più rispondere che domandare.
La strada è dritta, non presenta curve, perfetta come le sue mani. Gliele avvolgo per un attimo con le mie. Sono fini, esili, morbide.
Marco, insieme a tutti gli altri, ha accelerato il passo. Li vedo duecento metri avanti a me. Sono delle figurine indistinguibili.
Loro, evidentemente, hanno voglia di aggiungere quest’ennesima tacca al loro cammino di vita, la quarta tacca. Io invece, se potessi, camminerei col freno a mano tirato pur di tenere quelle mani tra le mie più tempo possibile.
Questa notte non la passiamo in un ostello, ma in un minuscolo appartamento dotato di un minuscolo giardino dove, ridendo e bevendo col proprietario di casa, facciamo una grigliata.
La moglie del proprietario è in sovrappeso, parla come se dovesse deglutire ma non lo fa, ci timbra le credenziali e riserva ad ognuno di noi un complimento.
Martina si stende sul mio letto per dormire un’oretta prima di cena. La vedo rannicchiata, temo sia infreddolita. La copro col mio sacco a pelo. Perché ho queste premure nei suoi confronti?
Durante la cena, incrociando il suo sguardo, inizio a capirlo. E non credo che lei faccia fatica a comprendere…
È accanto a me, alla mia destra, come sempre. Ma domani, chissà…
[Lorenzo Zuppini]