volémose bbene. ECUMENICI, ACCOGLIENTI E POLITICALLY CORRECT

Basta con il politicamente corretto!

TORNO ancora una volta sulla dottrina dell’Open arms, dei porti aperti e delle porte aperte, elementi così cari a don Ciotti e alle sue Libere; a don Paolo, alle sue bandierine della guerra sull’altare e ai cartelli da esibire dopo l’eucarestia per insegnare alla gente – più a meno trattata da scema – a considerare Salvini il nemico pubblico numero 1.

Ripeto a chiare note che io non sono della Lega, che non sono un affezionato di Salvini, che non condivido il suo modo di comunicare e che i miei interessi non si sono spostati di un millimetro dal socialismo riformista craxiano che troppa paura faceva ai comunisti, fino al punto di organizzare il “dipietrismo” per azzerare l’orologio e farlo ripartire da capo.

Questa dottrina – cara alla chiesa, a Famiglia Cristiana, all’Avvenire e ai cripto-democristiani stile Renzi, incistati come certi parassiti nel Prosciutto Dop – si riassume in una formula nota anche come «politically correct» (per essere fichi e inglesi come i radical chic) o in un più borgataro «volémose bbene» se ci rifacciamo al proletariato plebeo-romano, di cui tutti, più o meno, facciamo parte da dopo la crisi da cui Monti e il Pd ci hanno generosamente salvato.

È che, quando si vuole piacere a tutti, si finisce per stare sull’anima a tutti né più né meno di quelli che, come Linea Libera, dicono il vero e quindi sono universalmente invisi.

Effetti collaterali

È talmente imbecille, la posizione del politically correct, che perfino i radical chic la pretendono praticata dagli altri, ma se la scuotono dal proprio colletto come la forfora.

Una riprova? Perché se dobbiamo volerci cristianamente bene e dobbiamo stare vicini-vicini, don Tofani mette sull’altare solo la bandiera palestinese e non anche quella di Israele con la stella di Davide? Evidentemente anche il proposto si scuote la forfora di dosso.

E perché punta il dito autisticamente solo contro Salvini? Nella mia logica di politicamente scorretto non arrivo a capirlo, specie per chi fa professione di fede per Open arms, porti aperti e porte aperte. Forse il Credo in unum deum, alla fine è solo – come dire? – un’amabile mossa cattolica/comunistica che ammette, sotto sotto, l’apertura a tutto ciò che Si fa, ma non si dice?

Ecco, tutto questo rientra nel gioco del cosiddetto ecumenismo riesumato dal Concilio Vaticano e spalmato in politica. E non è esente nessuno: quando un male è diventato endemico, non ce ne accorgiamo neppure e fa parte delle cellule (tranne le poche di pochi ceppi resistenti, stile Linea Libera, tanto per cambiare).

Pistoia – ma si intende anche la Piana e la Montagna – ha una mappa di potere politically correct che si evidenzia benissimo da una manifestazione all’apparenza innocua come il Concorso letterario Aligi Bruni, in cui ci siamo imbattuti per caso seguendo il filo dell’inchiesta sul Carbonizzo di Montale, gamba zoppa del Sindaco piddìno Ferdinando Betti.

Sindrome di Stoccolma

In quel concorso (anche se nessuno se ne accorge) è rappresentata la radiografia subliminale del potere locale: in prima fila il Terzo Settore (il tessuto delle Onlus, Coop, volontariato vario e associazioni di aiuto e misericordia); sùbito dopo il potere formale e formalmente rispettato (il prefetto Zarrilli); in seconda e terza sede il Partito Dominante (Massimo Baldi e Caterina Bini); in ultimo, secondo lo schema del politically correct, anche chi, per ultimo (in ordine di tempo) è arrivato a dama, cioè quella destra fino a poco fa fascista e detestatissima che è però riuscita a tirare fuori almeno il naso dal pelo dell’acqua, spingendo con la testa contro la mano del Pd che la teneva sommersa a forza: e qui abbiamo il senatore Patrizio La Pietra.

Primo Levi scrive che nel Lager vige la sindrome di Stoccolma, grazie alla quale l’oppresso ama il suo oppressore, lo adora, lo idolatra, ne subisce financo il fascino erotico (ricordate Il portiere di notte della Cavani?).

E questo lo si rileva, crediamo, anche negli ex-considerati fascisti, come erano definiti dagli ex-comunisti: ieri perdenti, oggi vincitori, ma annodati su se stessi dalla sindrome di Stoccolma che li porta ad essere politically correct, allo stare vicini-vicini e all’etica del volémose bbene: tanta è la paura di tornare ad essere “sporchi fascisti” («fascisti, carogne, tornate nelle fogne»: dicevano i compagni), che diventano più politicamente corretti dei loro ex-aguzzini, assai furbi e scaltri grazie al loro spregiudicato esercizio del potere ultrasettantennale; alle connivenze e alle sinàpsi palamariane e Lotti[zzate].

Il capogruppo Fdi Lorenzo Galligani

In provincia, FdI (= Fratelli d’Italia o… d’Intesa?) a Cutigliano, Pistoia e Agliana ha un proprio Sindaco, ma si avvertono tutti i sintomi della sindrome di Stoccolma, a cominciare dalla posizione da caramelle morbidose di Lorenzo Galligani sulla questione di Bibbiano, senza capire che, se il Pd non lo serri all’angolo e ce lo tieni inchiodato, fa come gli zombi, a volte ritorna (ma forse sempre, perché, per dirla con De André, «la morte mai non muore»).

Fragile – lo abbiamo scritto nei giorni scorsi – è la situazione di Serravalle, dove Lunardi scodazza qua e là tranquillamente per conto proprio come se stesse tosando l’erba nei parchi, senza ricordarsi che il Mochi è lì, apparentemente pacioso come un tricheco, ma pronto a piantargli i dentoni a sciabola nel groppone, pur sembrando un peluscione: Renzo, ben poco manzoniano, ha perso troppo perdendo il Comune, e con esso il potere, la notorietà, la gloria e il godimento estetico della bella Villa di Montaletto.

A Cutigliano Diego Petrucci pare allineato e coperto sulle posizioni piddìne filorossiane per quanto attiene all’ospedale Pacini di San Marcello – ma magari ne riparleremo in séguito.

Agliana, poi, confinata in pianura e schiacciata tra il regno di Marco Mazzanti e la podesteria del sordomuto (sul Carbonizzo e non solo) Ferdinando Betti, inizia timidissimamente a muoversi con tutte le comprensibili difficoltà del caso: ma, purtroppo, con una sindrome neonatale da paura del primo passo che, a nostro avviso, è peggiore del colera o della dissenteria.

Tra falci e martelli nei cestini e precipitosi dietro-front, ci spiace assai, ma sembra che non si trovi la via, che sarebbe santa e salutare (ma soprattutto rispettosa per le tasche degli aglianesi: anche del Pd), di richiamare alla responsabilità civile, per i danni inferti al Comune e ai suoi abitanti, certi dirigenti e politici che hanno fatto più buchi nelle casse di un bombardamento nazista su Londra.

E ancora la giunta non capisce che, se rimandano le cose e aspettano che si siano freddate, 5 anni sono dietro l’angolo e, magari, la Luisa Tonioni, nonostante tutti i suoi pani e le sue rose, sarà pronta e con le unghie fatte per festeggiare a dovere Luca Benesperi & C..

«L’Italia è una Repubblica fondata sul Manuale Cencelli»

Il vizio della politica di oggi è che è una politica somara e digiuna della conoscenza. L’unico libro che ha letto è il Manuale Cencelli, che serve ai pasticceri per dividere le torte, ma che fa solo danni. È una politica incólta che non ricorda Il Principe del Machiavelli, la cui unica opera da svolgere, se vuole governare, è l’eliminazione dell’avversario che, in quanto animale ferito, è pericoloso e vendicativo.

Se l’avrà a noia, ora, l’amico senatore Patrizio La Pietra, che già mi ha scritto e mi ha fatto sapere che “se voglio comandare in casa d’altri, devo iscrivermi a FdI e vivere la vita del partito”; e a cui rispondo molto semplicemente «No, Patrizio, grazie!» perché non ho intenzione di essere potere, ma solo di leggere la realtà e rappresentarla, con occhio da giornalista e secondo il mio punto di vista, a chi ha la bontà di leggermi e di appassionarsi alle mie storie.

Non ho intenzione di entrare in FdI per la stessa motivazione con cui, ai socialisti che mi chiedevano di entrare in lista al Comune di Quarrata nel ’78 con assicurato un posto di assessore, risposi «No, grazie. Preferisco fare le mie cose perché, se venissi, o diventerei come voi o finirei con un coltello nel fégato».

Da buono spirito libero, preferisco tirare spillonate nel culo ai politici. Mi diverto di più. Sai che gusto vedere la lingua del Sindaco Betti paralizzata dall’imbarazzo e quella della Misericordia, proprietaria di terreni edificabili a Montale, retroversa in gola fin quasi allo strozzo?

Fatela voi la vita di partito. E buona fortuna, FdI!

Elena Bardelli tra il neo senatore Patrizio La Pietra e il neo deputato Maurizio Carrara

 

PS. Ieri, 7 agosto, il mio misteri buffi. perché tutti ci vogliono sopprimere? è stato pubblicato alle 13:56, ma alle 14:26 il Sen. aveva già telefonato a Romiti per chiedere chiarimenti sul contenuto. ’Mazza, oh! Più veloce della luce!

All’osservazione «Ma perché non telefoni direttamente al Bianchini», sembra che il Sen. abbia risposto «L’ho chiamato, ma non mi risponde».

Voglio chiarire: quando non rispondo, vuol dire che non ho ancora visto la chiamata (tengo sempre il silenzioso per principio). Ma evidentemente, ieri, il Sen. ha chiamato chissacchì e non me, perché il mio telefono è qui e sono pronto a sottoporlo a un esame di un informatico che potrà certificare che non c’è nessuna chiamata del Sen. La Pietra.

Di telefonate non ne ho avute proprio, nemmeno dopo, nel pomeriggio. E neppure mail con amabili richieste di spiegazioni e chiarimenti (ma poi su cosa? Sulla Meloni che non sa scrivere…?).

Non fare il birbante, Senatore! Se sei incazzato, càlmati. Una volta, in gioventù, si diceva goliardicamente: «Scendi dal cazzo e va’ a piedi!».

Tu hai il diritto di gestire il partito come credi: ma noi abbiamo il diritto di pensare ed esprimerci come vogliamo – insulto escluso, ovviamente.

 

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
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