Certo, sono passati cento anni dallo scoppio della prima carneficina mondiale e da allora, oltre alla seconda mattanza globale, ancor più cruda, tenera e luttuosa della prima e a parte qualche guerra di confine, la terza, molto probabilmente, non scoppierà, ora. Mai, forse.
Ma la terza guerra mondiale ce la portiamo ormai dentro tutti, perché è quella che scoppia tutti i giorni, quella dell’immaginario collettivo che si impossessa dei singoli cittadini e, a macchia d’olio, li muove viscidi lungo la linea di confine dell’irrealtà, sopraffacendoli con la logica del terrore, di non farcela ad arrivare laddove, l’anonimo vicino di casa, riesce invece a stare. E’ la guerra quotidiana della sopravvivenza e della sopraffazione, quella che siamo costretti puntualmente ad immaginare e dunque a vivere, l’ipotetico terzo conflitto, una cicuta che ci viene somministrata ogni giorno in sempre dosi più massicce fino alla totale assuefazione, che è quella che ci renderà complici, indolori, della distruzione, in un gioco nuovo arricchito anche da un nuovo lessico, atroce e surreale, tragicomico, perverso.
Che è anche la guerra dell’informazione, manipolata, della disinformazione, artistica, della controinformazione, che non buca lo schermo, non si impadronisce del video, perché dietro i tubi catodici ci sono i nuovi killer, gli ultimi dittatori, i più sanguinari terroristi, quelli che narcotizzano le coscienze per poi muoverle a loro piacimento, condizionando gusti, amori, usi e costumi, desideri, paure.
Il pubblico direttamente invece, lo staff artistico, lo incontrerà sabato pomeriggio, alle 17,30, al Saloncino del Teatro Manzoni, per il rituale e apprezzato Il teatro si racconta.