MENTRE il presidente del con[s]iglio ripropone il sogno berlusconiano del ponte sullo stretto, accadono cose.
Domani torneremo ad occuparci del resto del mondo, ma oggi ancora siamo impegnati a seguire l’attualità italiana, perché, se perdiamo una mossa, poi sarà difficile capirci qualcosa: ed è proprio quello che si vorrebbe.
Ma noi non ci caschiamo in questi giochetti catto-comunisti.
MPS SI AVVICINA IL BAIL IN
Ormai il dado è tratto. Dopo mesi di stupidaggini e come segnalavamo già da qualche tempo, il consiglio di amministrazione di Mps, vista la totale indifferenza dei mercati a un aumento di capitale per 5 miliardi di euro, ha deciso di “offrire” la “possibilità”, ai detentori di obbligazioni subordinate della banca, di convertirle in azioni.
Si parla di un totale di 2 miliardi per quanto riguarda le obbligazioni subordinate detenute da correntisti di Mps e di altri 2,5 miliardi detenute da altri soggetti.
Ripeto ora la domanda che feci qualche settimana fa, quando ancora si vociferava di questa ipotesi a bassa voce: perché mai uno dovrebbe convertire un’obbligazione in azioni che per definizione possono diventare carta straccia nel giro di un nanosecondo?
Risposta: perché se non lo fai, scatta il bail in e perdi tutto subito. Verranno azzerate le azioni e le obbligazioni subordinate e, se non dovesse bastare, anche le obbligazioni senior (quelle con il massimo grado di garanzia…) e infine il conti correnti sopra i 100mila euro.
In tutto questo avete notato qualche illustre giornale chiedere conto a Renzi delle sue raccomandazioni di gennaio per spingere la gente ad acquistare azioni di Mps…?
MA INTANTO IL BANCO POPOLARE DI MILANO…
Ma il mondo non finisce con Mps e infatti… Infatti ve lo ricordate quando vi dicevo di Banca Etruria e sorelle salvate dal fondo interbancario che dovrebbe essere utilizzato a protezione dei conti correnti dei clienti?
Bene: siccome è stato un bagno di sangue per le banche, ora alcune di loro, Ubs, Unicredit e Banco Popolare di Milano, hanno deciso di rifarsi sui clienti aumentando le spese di tenuta conto.
Ma c’è un piccolo particolare: la legge lo vieta nel modo più assoluto. Se vogliono possono emettere Bot aziendali, ma non possono fare questa cosa.
I più furbi sono quelli di Banco Popolare di Milano che, per evitare che i clienti esercitino il diritto di recesso gratuito come previsto dalla legge in questi casi, ha aumentato il costo della chiusura del conto di 25 euro: ovvero la stessa cifra dell’aumento delle spese per la tenuta del conto. Tutto con il beneplacito di Banca d’Italia.
Domandone finale: ma siamo sicuri che i correntisti che ancora restano inerti di fronte a queste cose non se lo meritino davvero il bail in?
UN GRIDO DI DOLORE DA PALAZZO CHIGI
Intanto a Palazzo Chigi, tra una nomina al Consiglio di Stato dell’ex capo dei vigili urbani di Firenze che non rispetta i requisiti previsti dalla legge (servono 55 anni di età e la Manzione ne ha 53 – viva Renzi!) e l’ennesimo lancio delle brioches (40 euro di aumento della quattordicesima per le pensioni minime… Ma che è? Boh!), Renzi costernato, apprende che la Merkel non darà alcun aiuto all’inguaiata Deutsche Bank e quindi adesso “e i tedeschi allora?” funziona meno bene. Ma molto meno.
In ogni caso pare che l’Ue rigida e tirchia ci conceda, per il terzo anno di fila, di sforare rispetto agli impegni presi in materia di deficit/Pil, concedendoci uno 0,5% in più che corrisponde più o meno a 7 miliardi, con la motivazione che servono per i terremotati e per gli immigrati: io penso che né gli uni né gli altri vedranno nulla e che serviranno per le mance prereferendum di Renzi & C.
LA VERITÀ SU DEUTSCHE BANK
In realtà esiste eccome un problema Deustche Bank, ma è molto diverso da quello che riguarda le nostre banche, rase al suolo da una combinazione di mala gestione e di sofferenze bancarie.
La banca tedesca soffre a causa della sua doppia natura: banca commerciale, messa in crisi dai tassi a zero imposti dalla Bce, e banca d’investimento, che si trascina nel pancione tutto il peso dei prodotti tossici derivati che mandarono al tappeto Lemahn Brothers nel 2008.
Ora, pare che, e anche i mercati lo certificano, con sonanti tonfi in borsa del titolo, Db sia davvero messa male: non ha ancora perso l’accesso ai mercati, ma potrebbe rendersi necessario un aumento di capitale e, nel caso, l’attivazione della Burden Sharing, la procedura contenuta nella normativa Brrd europea in base alla quale i privati mettono la metà della ricapitalizzazione e l’altra metà la mette lo Stato.
In alternativa si va al bail in… Ma alla tedesca: infatti il governo di Berlino ha deciso da tempo che, se mai sarà, lo Stato non metterà nemmeno un soldo: saranno i clienti Db a doversi sobbarcare l’intero onere, partendo dagli azionisti per finire con i correntisti.
DUE PAESI, DUE OPERAZIONI IDENTICHE
DUE RACCONTI DIVERSI
Se avete seguito bene sino ad ora, avrete capito che Italia e Germania si apprestano a predisporre il bail in per due banche entrambe importanti, solo che in uno di questi due Paesi non viene detto, nell’altro invece, non solo viene detto, ma anche spiegato chiaramente che lo Stato non ha nessuna intenzione di intervenire: e sapete perché?
Perché ci sono le elezioni nel 2017 e il cittadino tedesco non capirebbe perché con i suoi soldi si debba salvare una banca privata.
Anche in Italia si va alle urne e il cittadino non capirebbe perché mai lo Stato non interviene… E infatti il bail in lo stanno per fare e non ve lo dicono.
CHIUDIAMO IN BELLEZZA
Chiudiamo la giornata con dei dati e una tabella.
I dati sono quelli degli ordinativi industriali di luglio:
- -11.8% su base annuale a luglio dopo il -4.2% precedente
- -10.8 su base mensile dopo il -2.2% precedente
Ricordo che dal 2008 ad oggi sono sparite il 25% delle aziende manifatturiere.
La tabella invece è dedicata ai nostalgici dell’autarchia ed è relativa all’andamento degli stipendi in Europa dal 2007 al 2015.
I dati che che balzano all’occhio sono due:
- la Germania dell’austerity dove gli stipendi hanno fatto un salto del +13.1%
- il Regno Unito, che, pur avendo la sterlina, ha fatto la peggiore prestazione insieme alla Grecia, con un -10,4% in busta paga. Strano, non hanno l’euro…
[Massimo Scalas]
[Fonti: Ocse, Istat, London Stock Exchange]