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MOZZARELLE di bufala. “Tutti gli indicatori dicono che i cittadini non stanno notando nessuna discesa delle tasse. Eppure c’è, eppure è evidente per gli addetti ai lavori, eppure nessun governo ha fatto quanto noi sulle tasse”.
Lo scrive Matteo Renzi nella sua newsletter Enews. “Sulle tasse, dove ho sbagliato?”, si domanda il premier. E interpella i suoi lettori: “Gli italiani pensano che le tasse siano aumentate. C’è qualcosa che non funziona, che dite? Mi aiutate a capire dove ho sbagliato? L’e-mail la sapete: matteo@governo.it” (phastidio.net).
LE RISPOSTE CHE CERCAVA
Che ne dite? Lo aiutiamo? Aiutiamolo. L’Istat ha da poco pubblicato il consueto rapporto annuale sullo stato dell’arte in Italia. Questi sono i dati salienti che rispondono a tutte le domande di Renzi e anche a quelle che gli frullano per la testa.
La spesa pubblica
- 2012 = 819 miliardi
- 2013 = 818.9 miliardi
- 2014 = 825 miliardi
- 2015 = 826 miliardi
Le entrate (vedi tasse)
- 2012 = 771.6 miliardi
- 2013 = 772 miliardi
- 2014 = 776.5 miliardi
- 2015 = 784 miliardi
- Contributi sociali nel 2015: +2.1%
- Imposte su redditi e patrimonio: +3.2% (p. 26 del rapporto)
L’occupazione
- 186mila nuovi occupati (non 400mila che afferma lui) nel 2015, tutti nei servizi legati alla ristorazione e all’accoglienza, e servizi alle imprese. Meno occupati invece nel manifatturiero.
- Tasso di occupazione: 56.3% in Italia contro una media europea del 65.6%.
- Le donne occupate in Italia sono il 18.6% in meno rispetto agli uomini, contro una media europea del -10%
- Occupati fascia d’età 15-34 anni: 39.2% contro una media in Europa del 55.7%
- Occupati fascia 35-49 anni: 71.7% contro una media europea del 80.2%
- Occupati over 50 sono il 56,3% in Europa il 61%
- A p. 137, si spiega molto bene perché la staffetta generazionale, che il governo vorrebbe stimolare con i prepensionamenti, non può funzionare se l’economia non riparte davvero.
Spesa sociale (pp. 199-200)
- Spendiamo il 27,7% del Pil come in Europa, ma noi ne destiniamo oltre il 50% alle pensioni, contro il 32% in Germania e il 40% della Francia.
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Questo è l’Istat: bastano come risposte? No? Ribadiamo allora cosa sta accadendo con la riduzione delle decontribuzioni per i contratti attivati con il Jobs Act, passate da 8000 euro a lavoratore e 3200 e che spariranno a fine 2017.
I dati del primo trimestre del 2016 (decontribuzione di 3200 euro), rapportati ai dati del primo trimestre 2015 (decontribuzione piena a 8000 euro), ci dicono che:
- c’è un -33% di nuovi contratti a tempo indeterminato (-161mila)
- c’è un -31% di trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato
- il netto tra attivazioni e cessazioni è -53mila unità (nel 2014 quando non c’erano le decontribuzioni, il saldo finale era migliore!)
- solo il 33% dei nuovi contratti è a tempo indeterminato
- Il numero dei voucher è aumentato del 45%
ANTONIO GRIFFO FOCAS ETC. ETC. DE CURTIS DI BISANZIO

Oltre a tutto ciò, se ti par poco, Matteo, sono state scoperte ben 66mila aziende che hanno truffato lo Stato ottenendo decontribuzioni non dovute per 100mila lavoratori assunti con il Jobs Act che evidentemente non era né Jobs né Act visto che non avevano diritto a dette decontribuzioni: il che conferma che razza di persona sia l’italiano medio e quanto sarà difficile cambiare le cose in ’sto Paesello.
Bastano queste risposte Matteo? Quando tu e la Boschi avete finito di chiedere allo specchio magico chi sia il più bello del reame, fatecelo sapere: non è mai troppo tardi.
SIAMO RICCHI, RICCHISSIMI
PRATICAMENTE IN MUTANDE
Ma passiamo all’evento della scorsa settimana. L’Ue ci ha concesso uno 0.85% di flessibilità (punto).
E vai con lo champagne! Batti il 5! Vai di gesto dell’ombrello! Tiè! Abbiamo vinto noi!

Ma… c’è qualcuno che sa cosa significhi? No, perché a leggere certi giornali di blasone ormai sbiadito, tipo Corriere, pare che ora abbiamo un bel tesoretto che possiamo spendere, per fare andare tutti in pensione a 40 anni, spazzare via l’Irpef, dare le mance ai diciottenni, ridurre l’Ires alle imprese, comprare balocchi a Natale anche per gli adulti.
Peccato che la flessibilità accordata riguardi il 2016, ovvero il deficit che già abbiamo fatto, cioè il denaro che abbiamo già speso. Quindi non esiste denaro aggiuntivo da spendere, non c’è oro nei forzieri: infatti i tedeschi non hanno obbiettato e ora ci dicono «mo’ so’ tasse vostre!».
Ma vediamo da vicino. Abbiamo ottenuto 14 miliardi di flessibilità, ovvero di maggiore tolleranza, sull’attuale deficit. Ci hanno lasciato sforare per il terzo anno di fila a patto che l’anno prossimo si riduca il rapporto deficit/pil all’1.8%, con una correzione richiesta dello 0.6% del Pil.
Questo ci dice e ribadisce che intanto l’austerity “imposta” dalla Germania è una favola logora che non regge all’evidenza dei fatti: siamo il Paese che ha ottenuto più margini di scostamento dagli impegni presi di tutta l’Europa.
Ma questo ci obbliga anche a ritornare su come questo governo ha usato questi soldi negli ultimi due anni:
- 10 miliardi l’anno per gli 80 euro (inutili) in busta paga
- 4 miliardi l’anno per l’Imu
- 20 miliardi tra 2015 e 2017 per la decontribuzione a termine sui nuovi assunti col Jobs Act
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Dunque al 2017 fanno 62 miliardi, di spesa discrezionale, non strutturale, se è vero che mancano le coperture e dunque è stata fatta in deficit a spese dei nostri figli.
Per ottenere? Per ottenere una crescita che è la metà esatta della media Ue, una produttività che decresce e un deficit ai massimi storici.
Questi fatti risultano ormai del tutto evidenti anche all’interno del governo, se è vero che il Ministro Poletti dichiara che “Valuteremo in sede di legge di Stabilità l’ipotesi di anticipare al 2017 un taglio strutturale del cuneo in modo da rendere meno costoso il lavoro a tempo indeterminato”.
Possiamo dunque sperare che si passi finalmente a un provvedimento strutturale, non discrezionale, universale, con coperture certe date da tagli strutturali agli sprechi?
In un Paese in perenne campagna elettorale, dove fra poco ci sono le amministrative e in autunno un referendum cui Renzi ha sciaguratamente legato la propria sopravvivenza politica, permettetemi di dubitarne. Vedremo.
IL MERAVIGLIOSO SISTEMA BANCARIO ITALIANO
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Intanto chiudiamo con il sistema bancario più sano del mondo: la scorsa settimana i mercati sono stati scossi dalla notizia di un possibile aumento di capitale per 7 miliardi di Unicredit, la banca più grande d’Italia e l’unica classificata come sistemica, ovvero troppo grande per fallire (senza tirare giù l’intero Paese)
In realtà pare che i soci Unicredit non ne vogliano sapere preferendo vendere rami d’azienda per procurarsi denaro fresco.
Domanda: perché la banca più grande e sana del sanissimo sistema bancario italiano ha bisogno di 7 miliardi di euro freschi?
Intanto Banca Intesa vende per 2,5 miliardi i suoi crediti in bonis, ovvero i crediti migliori, quelli riscuotibili: curioso che si tenga invece in portafoglio quelli incagliati, non vi pare…?
[Massimo Scalas]