IN QUESTI GIORNI è un diluvio di numeri: dati Istat, dati Inps, dati del Ministero del lavoro. Un diluvio che sembra fatto apposta per creare confusione.
Erano usciti i dati decisamente positivi sull’occupazione da parte dell’Istat, che però confliggevano in parte con quelli del Ministero del lavoro.
Poi a bocce ferme pare assai più chiaro che probabilmente tutto il ben di Dio è in gran parte dovuto ai contratti a termine e ai voucher. Così come sono oggi chiare due cose:
- il secondo trimestre vede un aumento degli occupati, ma il mese di luglio, coerentemente con lo stop della crescita del Pil, c’è una perdita di posti di lavoro rispetto a giugno
- vi è un netto calo dei posti di lavoro vacanti messi a disposizione delle aziende.
Attenzione a cosa accadrà da qui a dicembre.
ANTEPRIMA DEL DEF
Il Ministro Padoan ha anticipato le linee guida del Def, il documento di economia e finanza: in pratica la finanziaria per il 2017 da presentare poi all’Ue nei prossimi mesi. Il nostro ometto ha già fatto sapere che “non c’è trippa per gatti”, ovvero non è possibile alleggerire le aliquote Irpef.
SOLDI BUTTATI ALLE ORTICHE
D’altro canto non poteva essere diversamente, visti i 10 miliardi annui necessari al mantenimento del bonus da 80 euro e i 20 miliardi gettati alle ortiche per la decontribuzione a termine per i neoassunti e la mancia da 500 euro ai diciottenni e via dicendo.
In questo modo, con provvedimenti estemporanei dal sapore elettorale, che non hanno spinto la gente a spendere di più, ma solo a risparmiare i soldi in più, ci siamo giocati la possibilità di riformare il sistema fiscale e rimodulare, così, anche, le aliquote Irpef.
Complimenti a quel genio del non-eletto presidente del consiglio!
ABBIAMO PERSO IL TRENO?
Accade così che il treno che ha visto una generale risalita delle economie avanzate, tra il 2014 e il 2016, sia passato senza che l’Italia sia riuscita a salirvi: al più ne abbiamo usufruito, mettendoci in coda all’ultima carrozza, dell’effetto scia.
Il problema è che ora, dopo mesi di lento, ma costante rallentamento dell’economia mondiale, non abbiamo altri margini per fare ciò che doveva e poteva essere fatto per crescere e mettersi un po’ di fieno nella stalla.
SI SONO DOVUTI ARRENDERE
Intanto persino Renzi si è arreso all’evidenza e, con il varo del Def, sarà rivista al ribasso la stima di crescita del Pil per il 2016: giova ricordare che, mentre le istituzioni finanziarie davano stime intorno all’1%, il governo, a ottobre 2015, dava una stima per il 2016 pari al 1,5%.
La manovra sarà pari a 25 miliardi di cui circa 17 per scongiurare la tagliola relativa alle clausole di salvaguardia che lo stesso Renzi aveva messo.
PANE (POCO), AMORE E FANTASIA
Le clausole di salvaguardia sono un tipico provvedimento all’italiana che funziona così:
- io, Italia, faccio parte dell’Ue e come tale mi sono impegnata a ridurre progressivamente il deficit e il rapporto deficit/Pil
- siccome mi conosco e so come sono fatta, e siccome anche a Bruxelles ormai mi conoscono fin troppo bene, devo mostrarmi inflessibile con me stessa (il che non è vero ma lo deve sembrare)
- quindi faccio delle finanziarie dove stabilisco che se per l’anno successivo non ho ridotto il mio deficit come stabilito, faccio scattare in automatico tagli di spesa e/o aumento delle tasse. Così imparo!
- solo che poi ci sono le elezioni
- e chiedo all’Ue flessibilità aggiuntiva, ovvero la possibilità, di coprire le clausole di salvaguardia con nuovo debito.
QUANTO PUÒ DURARE
Capite bene che si continua a viaggiare sul filo del rasoio.
Viviamo da due anni condizioni irripetibili e destinate a mutare: petrolio ai minimi, Qe di Draghi e spread ai minimi, con rendimenti dei titoli di stato a zero o anche negativi.
Una congiuntura figlia della grande crisi e mai capitata nella storia repubblicana a nessun governo.
Ma è chiaro che una situazione così cristallizzata non può durare in eterno. Prima o poi, qualcuno dovrà staccare la spina.
L’OCCHIO DEL CICLONE
Per farvi capire meglio, penso che l’immagine di un uragano sia quella giusta: un uragano è composto di una parte esterna dove i venti sono fortissimi e la pioggia battente, e poi c’è una parte centrale, chiamata “occhio del ciclone” in cui invece ogni fenomeno sembra cessare. Zero vento, calma piatta. Ma non dura.
Appena le condizioni mutano, la tempesta riprende subito vigore. Noi siamo nell’occhio del ciclone e per uscire definitivamente dalla tempesta dobbiamo rinforzare le mura di casa nostra e aspettare che si completi anche la seconda e spesso più violenta, fase dell’uragano.
DRAGHI, LA CHIAVE DI TUTTO
Si dà il caso che il Qe inizi a mostrare più di una crepa: ha avuto il merito di evitare la bancarotta di Paesi come l’Italia, la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda e di moltissime banche, ma sembra quasi certo ormai, che stia mancando l’obiettivo di fare risalire l’inflazione in modo deciso, e di fare arrivare i soldi là dove è necessario. Ovvero alle famiglie e alle imprese.
A questo punto due sono le strade:
- Draghi rilancia con un Qe senza più limiti basati sul rating (il grado di rischio degli asset, ovvero titoli pubblici e aziendali acquistati) o sulla proporzione del peso economico di ciascun Paese e state pur sicuri che i tedeschi marcerebbero su Francoforte con l’esercito prussiano al completo
- Draghi torna sui suoi passi, con politiche monetarie più ortodosse, il che significherebbe fine del Qe
C’è poi una terza via, che è la versione hard della prima, ovvero l’helicopter money, ovvero dare direttamente i soldi alla gente e alle imprese senza limiti quantitativi e senza chiederli indietro.
Ma penso che il buon Mario ci tenga a vivere. E poi ci sono già i giapponesi fortemente tentati: chi meglio di loro per una bella esplosione atomica a base di yen, con fall-out di monetine nipponiche?
Noi, in questo momento, dobbiamo augurarci che il Qe duri a lungo.
In caso contrario visto che siamo troppo grandi per essere salvati come la Grecia, avremo il merito di accontentare tutti gli euroscettici di Europa: l’esplosione nucleare la faremo noi e con essa tireremo giù, oltre a noi stessi, l’intera Europa. E finalmete, per la gioia dell’economista Bagnai e dei suoi adepti, torneremo alla liretta oltre che a spalare letame nei campi. Salvini si metta gli stivali e inizi pure.
Una piccola nota per chiudere: mentre l’Europa resta perennemente avvolta da sterili liti un po’ su tutto, è di ieri il dato sull’aumento record delle retribuzioni Usa, che sono cresciute di ben il 5 % su luglio e sono tornate, aprite le orecchie, ai livelli pre-crisi.
Ci sarà un perché se sono la prima economia al mondo…?
[Massimo Scalas]