BENE. Sono mesi che vi parlo di banche, lo faccio ormai con una cadenza quasi ossessiva, perché a mio avviso da casi isolati, ma sempre più numerosi, di banche in pre-fallimento siamo arrivati infine al rischio sistemico.
Qualche Solone che fa capo alle nostre banche sicuramente potrebbe saltare sulla sedia leggendo queste parole: peccato non salti lui insieme alla sua sedia.
Le good bank nate dal fallimento di Banca Etruria e company, risolto il 22 novembre scorso, sono prossime alla cessione sul mercato, come concordato con la Bce.
All’acquisto sono interessati tre fondi di Private equity americani. Ma queste good pare non siano tanto good, se è vero che i costi di struttura sono spropositati rispetto ai ricavi, a causa soprattutto di forti esuberi di personale.
Capita così che le offerte di acquisto siano al ribasso e Il Sole-24 Ore stima che se ne ricaverà dai 3 ai 400 milioni di euro. Ooops… Se vi ricordate, il fondo di risoluzione di queste quattro banche messo in piedi a novembre, ha erogato 3,6 miliardi di euro, di cui 1,7 miliardi destinati a coprire le perdite delle banche risolte; 1,8 miliardi di ricapitalizzazione e 140 milioni di capitale della bad bank.
Ricorderete anche che a metterci i soldi sono state le banche sane anticipando 3 anni di contributi al fondo (cioè fino al 2018).
Capite bene che hanno buttato i soldi nel cesso se ora gli acquirenti non sono disponibili ad offrire più di 400 milioni; e capite bene che il fondo di risoluzione è a secco e non c’è trippa per altri gatti.
IL COLPO DI GENIO
Quindi che si fa? Ecco la possibile ennesima trovata per complicare ciò che è semplice: comprare le banche a prezzo politico, superiore a quello di mercato, utilizzando il fondo interbancario creato per salvare la Cassa di Cesena, aggirando le regole europee.
In questo modo da una minusvalenza da iscrivere a bilancio, le banche italiane che hanno salvato Banca Etruria e sorelle, andrebbero a iscrivere un credito. In pratica arriviamo a farcelo da soli il prezzo di mercato, il mercato parallelo nella dimensione parallela.
A Wonderland-Italy tutto è possibile: anche che poi si debba svalutare pesantemente tali crediti fittizi, andando in prigione senza passare dal via. Ma un tempo il falso in bilancio non era reato?
MUOVI UNA PIUMA E SI SPOSTA L’ELEFANTE
E se fosse la prova generale per Monte dei Paschi? Ma non sono tutti scemi…
Per fortuna qualcuno ancora mantiene il cervello in funzione:
«II Presidente dell’Abi ha recentemente sostenuto che il bail-in è contrasto con la Costituzione, più precisamente, con il dovere dello Stato di tutelare il risparmio. Si tratta di una tesi singolare. Tutelare il risparmio non significa scaricare sui contribuenti tutti i rischi connessi all’attività bancaria. I titolari dei depositi sono protetti fino a 100mila euro, e le banche hanno sempre goduto di garanzie statali implicite (e discrezionali) perché il loro dissesto può essere causa di instabilità sistemica.
«Ma ciò non significa sottrarre le banche alla disciplina del mercato estendendo le garanzie ad azionisti e titolari di obbligazioni, altrimenti dovremmo ammettere che il risparmio è tutelato solo se affluisce al mercato del credito, creando un sussidio implicito al settore bancario e una discriminazione a danno delle imprese non finanziarie, che già pagano interessi mediamente più alti.
«Sollevare obiezioni di costituzionalità sul bail-in alimenta il sospetto che si voglia premiare i banchieri quando le cose vanno bene e penalizzare i contribuenti quando vanno male, ma allora sarebbe più corretto trasformare le banche in istituzioni pubbliche, sul modello delle Sparkassen e Landesbanken tedesche. In questo caso i contribuenti pagherebbero ugualmente i costi della crisi ma, almeno, potrebbero partecipare ai guadagni della ripresa» (Pietro Reichlin su l’Unità).
«First, the “constitutional right to save” argument that is being made by some in Italy is certainly appealing to the public but it is misplaced. The whole idea neglects the fundamental difference between savings and investment. Placing savings into banks’ junior bonds is an investment, and it bears risk.
«The Italian constitution does not and should not grant a right to be always and unconditionally bailed out of bad investment decisions. Indeed, allowing investors to believe this would be dangerous. What people should be granted is the right to receive proper information and not be misled into risks of which they are not aware or which they are not prepared to take»
«In primo luogo, il diritti costituzionali, argomento usato da alcuni in Italia è certamente attraente per il pubblico, ma è fuori luogo. L’intera idea trascura la differenza fondamentale tra risparmio e investimento.Il posizionamento del risparmio in titoli junior delle banche è un investimento, e come tale a rischio.»
«La Costituzione italiana non è e non deve concedere il diritto di essere sempre e incondizionatamente salvati per decisioni di investimento sbagliate. Consentire agli investitori di credere questo, è pericoloso. Quello che la gente ha il diritto di ricevere, sono informazioni adeguate per non essere indotti a prendere rischi di cui non sono a conoscenza o che non sono disposti a prendere» (Silvia Merler su Bruegel).
(cit. tratte da Phastidio.net)
A questo punto tanto vale nazionalizzare Mps e fine della faccenda: almeno la smettono di pigliarci per i fondelli.
URGE ALFABETIZZARSI
Perciò, cari lettori, dopo mesi che se ne parla, dovrebbe esservi chiaro che le nuove regole europee presuppongono un salto di qualità da parte vostra. Sono soldi vostri, le regole sono cambiate dal 2013. Lo so non vi avevano detto niente, ma ora non avete più scuse. Se preferite rintronarvi con Pellè io non posso fare più niente per voi. Ma se volete imparare a difendervi stasera, è giunta l’ora.
Intanto ormai sapete che nessuno vigila davvero in questa nazione di Ridolini; l’unica vera sorveglianza è stata fatta e viene fatta dalla Bce (usciamo pure dall’Europa come gli inglesi, così manco quella avrete). Quindi animo, iniziamo dall’Abc.
Voi siete sempre andati in banca, dove un impiegato/promotore vi ha sempre proposto degli investimenti che altro non erano che prodotti della banca medesima o di banche madri o comunque prodotti remunerativi per la banca: ma lo erano anche per voi?. Non vi è mai venuto il dubbio che quello proposto non fosse l’investimento migliore sul mercato, il migliore per voi?
Non vi ha mai sfiorato il dubbio che questa gente agisce in conflitto d’interesse, perché dipendente o legata alla vostra banca e che quindi vende solo prodotti di quella banca/ proposti da quella banca e che in realtà non vi venga data la possibilità di scoprire i migliori prodotti disponibili sul mercato? Ora forse è arrivato il momento di pensarci.
La materia è complessa, ma in linea di massima sappiamo che un prodotto finanziario è come una scatola di pelati: ci sono i pomodori e c’è l’acqua. Ci sono i costi finanziari del prodotto e c’è il rendimento reale, quello che a voi torna realmente indietro.
Pochi si rendono conto che a seconda di come vanno le cose, questi costi possono arrivare in casi limite ma non così infrequenti, a portarvi via subito fino al 10% del vostro denaro investito.
[Massimo Scalas – continua]
Fonti: Borsa Italiana, Consob, Wikipedia, adviseonly.com, Il Sole-24 Ore, Mario Seminerio