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Il giochino delle commissioni
Il giochino delle commissioni

A CHI VANNO LE VOSTRE COMMISSIONI

Ma chi se li prende questi soldi?

  1. Chi “fa” il prodotto, come per esempio le società di gestione dei fondi finanziari
  2. Chi ve lo consiglia, ovvero il consulente finanziario
  3. Chi lo vende, cioè il collocatore, che può essere una banca o un associazione di promotori finanziari

COME SONO DISTRIBUITE LE COMMISSIONI?

Sapete cosa accade in Italia alle vostre commissioni? Accade che in misura pari al 50-80% se la beccano la banca e il collocatore che vende il prodotto. Nel caso per esempio abbiate sottoscritto un Fondo Comune d’Investimento, se lo stesso costa il 2% l’anno (Ter: Total Expense Ratio, cioè il totale dei costi), si lascia nelle mani di chi vende tra l’1 e l’1,6% l’anno.

LA PERCENTUALE DI RETROCESSIONE

ALLE RETI DI COLLOCAMENTO

Questo è il nome che viene dato a quanto scritto sopra e vuol dire che, se per esempio investite 100mila euro per 5 anni, questo vi costa tra i 5000 e gli 8000 euro.

Accade così che ci siano gestori esteri che preferiscono non investire in Italia.

Non so a voi, ma a me il tutto ricorda la scena comica di “Non ci resta che piangere” sulle gabelle medievali.

E attenzione, più lo strumento finanziario è complesso, più è facile imbottirlo di commissioni.

COME RISPARMIARE SULLE COMMISSIONI

IL CONFLITTO D’INTERESSI

Quando si dice conflitto d’interessi
Quando si dice conflitto d’interessi

A questo punto mi pare sia chiarissimo il conflitto d’interessi che avvolge il sistema bancario, in particolare, ma non solo, in Italia.

Se andate in banca, alla vostra banca, vi sentirete praticamente sempre proporre prodotti finanziari da promotori interni/impiegati, che ovviamente cercano di fare l’interesse della loro banca, spingendo prodotti interni o comunque prodotti che diano un’alta remunerazione in termini di commissioni alla banca stessa.

Nei tempi belli nessuno ci faceva caso, perché poi il prodotto copriva e spalmava tali commissioni nel tempo. Così che poi, con la rendita finale positiva, il cliente non poneva molte domande. Ora è cambiata l’aria.

Quanto scrivo è dimostrato dalla realtà dei 300 miliardi di obbligazioni subordinate che spiegano, senza timor di smentita, cosa è il conflitto d’interessi e quali risultati ha dato.

A questo punto è meglio un promotore indipendente: ma ci torniamo.

I COSTI DEL CONFLITTO D’INTERESSI

Conflitto d’interessi parte seconda…
Conflitto d’interessi parte seconda…

Le stime di quanto costi alla collettività tale sistema antiquato, che ha garantito rendite di posizione decennali ai soliti noti (il che per altro non ha evitato la situazione attuale, con banche praticamente fallite), non sono semplici, ma, considerati i volumi trattati, si pensa ammontino a circa 20 miliardi di euro l’anno, ovvero l’1,5% del Pil.

Insomma, il sistema è troppo costoso, sottrae soldi ai singoli e dunque alla collettività.

PRINCIPALI PRODOTTI FINANZIARI

Possiamo grossolanamente dividere i prodotti finanziari in tre grandi categorie:

  • prodotti assicurativi tra cui gestioni separate e unit-linked (circa il 36% del patrimonio gestito)
  • fondi comuni (circa il 44%)
  • gestioni patrimoniali
4 te lo rifaccio
Senza parole

I prodotti assicurativi sono quelli “ricchi”, quelli dove c’è più grasso che cola in commissioni.

Esistono poi prodotti a basso costo commissionale, per i quali pero è necessaria una consulenza finanziaria seria non fittizia:

  • Etf
  • Fondi quotati in borsa

PRODOTTI UNIT-LINKED

Sono polizze assicurative, costituite da uno o più fondi comuni (Oicr) i cui costi commissionali sono rinvenibili nel Ter, poi ci troviamo di solito un’Assicurazione Vita, con relative commissioni.

In genere già che ci sono, ci mettono altri costi quali: costi di ingresso, di caricamento, di sottoscrizione e via così.

A questo punto si offre la polizza al risparmiatore dicendogli che è personalizzata, perché può scegliere i fondi da inserire; gli si spiega che è per lui molto conveniente in quanto consente di “massimizzare i vantaggi dell’investimento finanziario con i benefici della copertura assicurativa” (tratto da una comunicazione pubblicitaria vera), con importanti impatti fiscali.

Personalmente eviterei questo tipo d’investimento.

FONDI COMUNI D’INVESTIMENTO

Sono strumenti che appartengono alla grande famiglia degli Oicr (Organismo di Investimento Collettivo del Risparmio). Sono dei “contenitori” (veicoli d’investimento) in cui i risparmiatori fanno confluire i propri risparmi.

I soggetti necessari sono:

  • i sottoscrittori, cioè voi ogni risparmiatore, diventa titolare di una quota del fondo in base alla quota di capitale versato. Ad esempio, se verso 10mila euro in un fondo che ha raccolto 1 milione di euro, sarò titolare dell’1% delle quote del fondo
  • la società di gestione del risparmio (Sgr) è il braccio operativo dei fondi comuni; quella a cui i sottoscrittori fanno affidamento per la gestione dei propri risparmi (formalmente ha la “delega di gestione”).
    L’Sgr decide in quali strumenti finanziari investire il danaro raccolto nei fondi, stabilisce il regolamento, come va gestito il fondo e quanto costa in termini di costi di gestione pagati dai sottoscrittori
  • La banca depositaria. Il suo ruolo è quello di custodire (letteralmente) i titoli del fondo e detenere le disponibilità liquide.
    In pratica, le società di gestione operano attraverso un meccanismo di delega, ma non hanno mai la proprietà del capitale raccolto o dei titoli acquistati. Per questa ragione i fondi comuni sono privi di rischio di credito: gli investimenti sono sempre di proprietà dei sottoscrittori.
    La banca depositaria ha inoltre il compito importantissimo di controllare che la valorizzazione del fondo sia corretta: infatti, ogni giorno il patrimonio del fondo viene valorizzato in base ai prezzi di mercato e poi pubblicato (è la famosa “quota”) così, in modo molto trasparente, si sa quanto vale il proprio denaro investito.

I Fondi comuni si dividono in:

  • fondi tradizionali tra cui le Sicav, chiusi o aperti
  • Etf (Exchange Traded Fund )

I primi sono di norma a gestione “attiva”, cioè dove le società di gestione del fondo agiscono attivamente per garantire un ritorno assoluto del capitale.

I secondi hanno una gestione passiva, si limitano cioè a seguire l’andamento dell’indice di riferimento. Per esempio un Etf sulla borsa di Tokio replicherà le prestazioni di quella borsa.

La gestione attiva prevede:

  • commissione d’ingresso. Si paga al momento della sottoscrizione delle quote del Fondo
  • commissione di gestione. È il costo associato all’attività di gestione vera e propria
  • commissione di performance. È la commissione che viene trattenuta se il fondo raggiunge determinati obiettivi (ad esempio ottiene una performance migliore del benchmark), stabiliti nel regolamento
  • commissione d’uscita. È una sorta di penale per l’uscita dal Fondo
    Le commissioni d’ingresso, d’uscita e di performance non sempre sono applicate: dipende dalla politica commerciale della società di gestione e, soprattutto, di quella della società che si occupa della vendita

La gestione passiva prevede:

  • commissione di gestione
  • costi di negoziazione.
    Sono i costi che il risparmiatore sostiene per operare in Borsa
Corri piano piano
Corri piano…

Prima di gettarsi nell’investimento in un dato fondo, occorre verificare la politica d’investimento, il livello di rischio, l’entità e la struttura dei costi e, infine, com’è andato storicamente in termini di performance.

Quest’ultima è un’informazione di limitata validità, a meno di non avere anni di storia: non prevedendo il futuro, non c’è fondo (tradizionale o Etf) che possa garantire un rendimento certo per il futuro.

La vera sfida per un investitore accorto consiste proprio nel ricercare strumenti il cui costo sia giustificato dalla qualità del prodotto rispetto alle proprie esigenze (dando per scontato che sia in linea con il proprio profilo di rischio).

LA GESTIONE PATRIMONIALE

Spesso banche e intermediari finanziari propongono la gestione patrimoniale.

Può trattarsi di una gestione patrimoniale mobiliare (Gpm, che investe prevalentemente in azioni, obbligazioni ed Etf) e di una gestione patrimoniale in fondi (Gpf, che punta sui fondi comuni).

In realtà questi investimenti sono tra i più cari in termini commissionali, sono fatti ricalcando a grandi linee i Fondi Comuni, ma spesso costano il doppio, perché non hanno le dimensioni né dei fondi comuni tradizionali né degli Etf, che possono senza problemi comprare i tagli minimi da 100mila euro dei Corporate bond, i bond aziendali.

Cosa che molto difficilmente è possibile con le gestioni patrimoniali.

[Massimo Scalas – continua]

Fonti e cit. adviseonly.com

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