wonderland italy. UNA BANCA TIRA L’ALTRA

GIULIVI COME LE OCHE

IERI abbiamo avuto il Pil del terzo trimestre: +0,3% rispetto allo 0,2% precedente, quello annuale si attesta allo 0,9% rispetto allo 0,7 precedente. Fiato alle trombe, rùllino i tamburi!

Abbiamo spezzato le reni alla Lettonia!
Abbiamo spezzato le reni alla Lettonia!

Stamane Fiano (Pd), per non essere da meno del capo, ha voluto esagerare, ripetendo il verbo a memoria e personalizzandolo con questa ardita aggiunta personale a proposito dei dati sul Pil: «Con le riforme noi cresciamo più degli altri Paesi europei».

Ardita perché intanto in questi due anni abbiamo udito tante chiacchere e pochi cambiamenti veri e pochissimi decreti attuativi, senza i quali, puoi riformare l’Universo intero senza che nulla cambi; poi perché se ci allontaniamo un attimo dal buco della serratura e spalanchiamo la porta, vediamo che negli ultimi 9 mesi gli altri sono cresciuti molto più di noi: si va dal 3.2% della Spagna,  al 4,3% dell’Irlanda, all’1.1% della Francia, all’1.5% degli Usa, all’1.7% della Germania. Vi basta?

Insomma, ci sarebbe solo da tacere, come del resto hanno fatto quando i dati del secondo trimestre videro un Pil inchiodato a zero (a proposito, che forse in tre mesi abbiano fatto riforme fantasmagoriche delle quali non ci siamo accorti?) e, al limite, tiare un sospiro di sollievo per avere evitato il bis.

PECCATO CHE..

Lavoro: siamo tornati al prima del Jobs Act
Lavoro: siamo tornati al prima del Jobs Act

Peccato che nei primi 9 mesi dell’anno l’Inps certifica che i nuovi contratti a tempo indeterminato sono 47.455 con un -90% rispetto allo stesso periodo del 2015; e tale dato è positivo solo per la trasformazione di 61mila contratti da apprendista, altrimenti saremmo sotto di 14mila.

In compenso i voucher sono ormai a quota 105 milioni.

In pratica siamo sotto ai valori del 2014 pre Jobs Act e Renzi sembra aver capito la lezione. Infatti ha annunciato nuove decontribuzioni a termine per il Sud. Complimenti! Continuiamo a farci del male!

DECONTRIBUZIONE A TERMINE:

MON FUNZIONA? E IO LA RIFACCIO!

La cosa funzionerà così: «Chi assumerà a tempo indeterminato o in apprendistato nelle regioni meridionali un giovane tra 15 e 24 anni o un disoccupato over 24 in cerca di lavoro da più di sei mesi, avrà uno sconto sui contributi fino a 8.060 euro, come accaduto nel primo anno dei sussidi del Jobs Act» (cit. Mario Seminerio).

Mi pare attinente...
Mi pare attinente…

Il costo del provvedimento sarà di 730 milioni e dovrebbe essere finanziato per 530 milioni con fondi europei del Programma Operativo Nazionale sui sistemi di politiche attive per l’occupazione (Pon-Spao). Dunque un intervento a termine che vale per il solo 2017. Il Jobs act non ha insegnato nulla.

Ed è davvero incredibile come, nonostante l’evidenza, si contuinui su questa strada che uccide i conti pubblici e non modifica strutturalmente il mercato del lavoro.

Questo anche in considerazione del fatto che ci sono ormai segnali chiarissimi di una fine imminente dei rendimenti obbligazionari ai minimi (e d’altro canto quando un rendimento va addirittura sotto lo zero, come accaduto ai nostri Bot, dove mai potrà ancora andare se non in alto? Non ci vuole un genio…) e se per caso la congiuntura economica dovesse indebolirsi nel 2017, prepariamoci a prenderci in testa il tetto di casa con tutta la soffitta.

RITORNO ALL’ANTICO

Ma bando alle ciance, oggi torniamo a occuparci di un classico che non tramonta: le banche italiane, le quali, ora che iraddiddio Trump è calato sulla scena mondiale, sono più che mai sotto pressione.

«Signore Gesù, aiutami tu con Mps!»
«Signore Gesù, aiutami tu con Mps!»

Iniziamo da Mps, che l’altro ieri ha deciso di usare gli obbligazionisti come scudi umani. Infatti la banca ha deciso di offrire la conversione in azioni delle obbligazioni possedute dai clienti. Una conversione compresa tra il 100% e l’85% del valore dell’obbligazione.

Si tratta di 4,3 miliardi di obbligazioni, guarda un po’, più o meno, la cifra che avrebbero dovuto chiedere ai mercati per l’aumento di capitale ma che i mercati pare non siano disposti a mettere.

La conversione, con buona pace dei bugiardi di lotta e di governo, riguarderà tutti, istituzinali e piccoli risparmiatori; e Renzi, dopo aver affermato a gennaio (!) che su Mps si poteva investire a occhi chiusi, deve solo augurarsi che vada a finire bene.

Dalla conversione i vertici di Mps si attendono almeno 2 miliardi, dopodiché dovrebbe giungere a Siena un fantasmagorico investitore, colui che dovrebbe rilevare la quota maggioritatria del capitale. Infine scatterebbe l’aumento di capitale che sarebbe, in virtù della conversione, più basso e più semplice da reperire sui mercati.

E SE VA MALE?

Ma, come abbiamo già scritto altre volte, perché mai un obbligazionista, che in teoria ha il ritorno garantito del capitale, dovrebbe diventare azionista? Già, perché?

Perché si chiedono molti obbligazionisti? E infatti c’è da scommettere che molti non aderiranno. Qui vi metto il prospetto.

Il problema è che, se molti non aderiscono, la conversione non riesce e a quel punto la banca va in risoluzione, parolaccia, prevista dalla famigerata Brrd, altrimenti nota come procedura di risoluzione al termine della quale scatterebbe il Bail in.

Ciò significa che gli obbligazionisti subordinati perderebbero tutti i loro soldi fino a coprire l’8% del valore del passivo di Mps. Dopo di che, lo Stato sarebbe autorizzato a entrare nel capitale della banca.

In pratica scatterebbe un Bail in per 2,5 miliardi a cui farebbe seguito un intervento dello Stato per altri 2,5 miliardi. Ovvio che se invece l’operazione di conversione riesce completamente, Mps si metterebbe tranquillo per un po’, senza bisogno di aumenti di capitale a breve.

Secondo voi come va a finire?

UNICREDIT VERSO LA VENDITA?

Unicredit: da 42 euro/azione a 2 in otto anni
Unicredit: da 42 euro ad azione a appena 2 in otto anni

Intanto, la nostra banca più grande, l’unica “sistemica” (ovvero l’unica italiana ritenuta dalla Bce indispensabile al funzionamento del sistema bancario italiano ed europeo), cioè Unicredit, si sta preparando a una maxi-ricapitalizzazione da ben 13 miliardi che, guarda un po’, è all’incirca il valore attuale della banca.

Ora si dà il caso che stiano circolando notizie di fusione col colosso francese Société Générale, che parteciperebbe alla ricapitalizzazione in modo sostanzioso. Diciamo così a occhio, quanto basta per prendere il controllo della banca italiana.

Vedremo: la sensazione è che si vada, più che verso una fusione, verso un’acquisizione da parte della banca francese.

COSE CHE NON AVREMMO VOLUTO VEDERE

I giochetti della Banca Popolare di Bari: abbassano il prezzo subito dopo aver venduto 20 milioni di euro di azioni
I giochetti della Banca Popolare di Bari: abbassano il prezzo subito dopo aver venduto 20 milioni di euro di azioni

Per chiudere riparliamo della Banca Popolare di Bari, che, tra azioni spericolate (vedi acquisizione Tercas) e sofferenze, si trova in acque burrascose e, infatti, non ha ancora pubblicato i conti semestrali.

Bene, pare che i nostri amici si siano inventati un giochetto già visto con le banche venete, ovvero: vendi ai tuoi clienti un bel malloppone di azioni a 9,5 euro, che non hanno mercato perché la banca non è quotata, poi chiudi di botto le aste e non vendi e non compri più nulla.

Infine ti dichiari disposto a ricomprare parte di detti titoli a 7 euro l’uno e lo fai col contagocce, ricavandone così una plusvalenza.

Popolare di Bari atto primo, un bel film fantasy

Morale: gli azionisti non riescono a rivendere le loro azioni e chi ci riesce ci rimette più del 20% per ora.

Attendiamo segni di vita in Bankitalia e Consob. Finora le sonde inviate dalla Nasa hanno dato esito negativo.

Popolare di Bari: la realtà

[Massimo Scalas]

[Fonti: Inps, Istat, Radio 24, Financial Times, Phastidio.net]

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