wonderland planet. BERLUSCONI STA A CONFLITTO D’INTERESSI COME TRUMP STA A X

2016, L’ANNO DELLE CANTONATE DI MASSA

Ecco l’uomo anti-sistema... Ma davvero davvero?
Ecco l’uomo anti-sistema… Ma davvero davvero?

SIAMO ENTRATI nell’èra della superficialità; alcuni, sopratutto quelli che di superficialità ci campano, l’hanno pomposamente chiamata l’epoca della post-verità (pare che le frottole ora si chiamino così).

Come accaduto con la Brexit, dove la gente ha sostanzialmente votato a favore dell’unica cosa che il loro governo non farà mai, cioè chiudere le frontiere, in Usa hanno eletto Trump identificando in lui, l’uomo antisistema da contrapporre al sistema.

Trump potrebbe passare alla storia come un grande Presidente oppure per non aver nemmeno concluso il suo mandato.

Sarebbe davvero l’ora
Sarebbe davvero l’ora

Non credo che avremo vie di mezzo, ma di certo non è un personaggio antisistema: il solo motivo per cui la gente lo può aver considerato tale, è dovuto al fatto che ormai, in Usa, come nel resto del pianeta, circolano miliardi di morti che non sanno ancora di esserlo. Gente cui batte il cuore, ma il cui cervello viaggia in automatico, che usa i canali d’informazione e internet per vedersi confermati nei propri giudizi o pregiudizi, tant’è che il dibattito, come fonte di apprendimento e discussione, basato su dati di fatto, è morto.

TRUMP UOMO DEL SISTEMA

A sole due settimane dall’elezione, Trump si è già in gran parte rimangiato le sue dichiarazioni programmatiche più estreme e di rottura: niente completamento del muro con il Messico, niente cacciata di due milioni di clandestini, niente distruzione dell’Obamacare (l’assistenza sanitaria per tutti). In compenso iniziano a delinearsi alcuni propositi di stampo classicamente repubblicano.

L’America di Trump
L’America di Trump

In campo fiscale Trump prevede una rimodulazione dell’Irpef con tre scaglioni del 12%, 25% e 33%, contro il 39,6% massimo attuale. C’è poi l’eliminazione dell’imposta di successione sostituita da una tassa sulle plusvalenze maturate del 20% massimo, con franchigia individuale di 5 milioni di dollari.

Trump interverrebbe anche sul carried interest, l’incentivo a favore dei gestori di fondi d’investimento, che permette loro di evitare la tassazione progressiva sul reddito. Il piano prevede che partner di hedge found e fondi di private equity continuerebbero a sottrarsi all’Irpef perché assoggettati alla nuova aliquota d’impresa, che scenderebbe dal 35 al 15%. Scommetto che questa cosa vi fa pensare vero? Ma c’è dell’altro.

UN VALIDO AIUTO AI POVERI RICCHI

Per le aziende è poi prevista una forte agevolazione al rimpatrio degli utili generati all’estero, tassati una tantum al 10%.

Trump vuole l’imposta societaria del 15% anche per le ditte individuali, che sinora venivano tassate con l’aliquota marginale Irpef. Un risparmio d’imposta consistente, che potrebbe produrre forme di elusione spingendo i lavoratori a maggior reddito a licenziarsi, creare un’azienda individuale e diventare “fornitori” della propria impresa, creando voragini nel gettito dei contributi sociali.

Secondo il Tax Policy Center, le misure fiscali produrrebbero un forte aumento (stimato tra il 15 ed il 20%) del reddito dopo le imposte per l’1% dei contribuenti più ricchi, e solo dello 0,8% per il 20% di contribuenti a minor reddito.

Non male per il Robin Hood de lorartri.

PER UN BERLUSCONI AL CUBO

UN CONFLITTO AL CUBO

Berlusca d’America o Trumop d’Italia?
Berlusca d’America o Trumop d’Italia?

Stranamente in campagna elettorale pochi hanno pensato all’immenso conflitto d’interessi in cui sarebbe incappato Trump una volta eletto e, stupisce che in Usa, dove su queste cose ci stanno attenti, tutti abbiano sorvolato.

Le sue aziende, infatti, sopratutto edili, hanno cospicui interessi e grandi progetti, in posti come Dubai e Arabia Saudita.

Egli ha già usato il suo nuovo potere in un incontro avuto con Nigel Farage (la fava secca che avendo voluto a tutti i costi il referendum sulla Brexit, una volta vintolo, non avendo nessun piano, si è dovuto dimettere dalla guida del partito euroscettico Ukip), per fare pressioni affinché il parco eolico che dovrebbe sorgere vicino ad un suo residence in Scozia, non si faccia.

MA IL BLIND TRUST ALLORA?

Ma come, non si è sempre detto che in Usa non si scherza su queste cose? Non si è sempre detto che chi ricopre cariche pubbliche laggiù, viene obbligato ad affidare tutte le sue attività ad un Blind Trust?

Peccato che questo sia possibile solo per la ricchezza finanziaria derivata da partecipasioni societarie di minoranza e non per chi le aziende le controlla. Ma per Trump, che evidentemente si ispira al nostro Berlusconi di lotta e di governo (americani toccate ferro), questo è un non-problema dato che intende dare il pieno controllo delle sue aziende ai figli.

Peccato che pure i figli entreranno nel palazzo con ruoli di governo. Quindi Trump rischia di avere problemi non lievi con l’Office of Government Ethics.

DI CONFLITTO IN CONFLITTO

Qui troviamo un interessante articolo con cui si evidenzia, tra l’altro, che il gruppo Trump risulta esposto verso le banche per 650 milioni di dollari. Di questi, cento milioni sono con Deutsche Bank, impegnata in una difficile transazione civile col ministero della Giustizia, che intende sanzionare la banca tedesca per 14 miliardi di dollari.

Stessa cosa, stesso risultato
Stessa cosa, stesso risultato

Il gruppo Trump, composto da circa 500 aziende, attive nell’immobiliare, golf club, casinò, licensing di marchio, molte delle quali operano in Asia, Medio Oriente ed Europa Orientale, è impegnato in 75 cause legali.

Da segnalare la violazione di legge fiscale compiuta dalla Fondazione Trump, che ha effettuato trasferimenti di reddito e attivi patrimoniali a “parti non idonee” a riceverli (disqualified persons), tra cui Trump medesimo. Che in pratica usava la sua charity come portamonete personale (essài quante volte questo succede in Italia…? – n.d.dir.).

Tutto questo è molto interessante se pensiamo che uno dei cavalli di battaglia di Trump è stato un ritorno antistorico al protezionismo e ai dazi: la vedo dura. E voi?

TRUMP E I MERCATI

Per concludere proviamo a ragionare sulla reazione dei mercati.

Dal giorno dell’elezione di Trump si è scatenato un rally al rialzo degli indici di borsa americani che sono nuovamente tornati ai massimi storici.

Mercati a gonfie vele con Donald
Mercati a gonfie vele con Donald

La cosa appare davvero eccessiva, dopo due settimane, ma resta il fatto che Trump, ad onta di tutte le previsioni, non è stato un disastro per i mercati. Perché?

Perché i mercati, passato lo sconcerto, hanno smesso di concentrarsi sulle differenze tra la donna Clinton e l’uomo Trump, hanno smesso di seguire i media sulla rappresentazione fantasiosa della magnifica società civile di Clintonia e della tetra Trumpania. Hanno iniziato a guardare cosa Trump davvero propone, hanno smesso di guardare cosa l’uomo è ed hanno iniziato a valutare cosa l’uomo dice di voler fare. E, come dicevo, Trump propone loro enormi tagli fiscali.

I gatti di Wall Street hanno avuto la  loro erba gatta.

IL FATTO STRAORDINARIO

Il fatto straordinario, e al tempo stesso terribilmente ordinario, non è stata l’elezione di Trump, ma la paura fobica che l’ha preceduta, sopratutto in coloro, parlo degli investitori di borsa, che conoscevano benissimo cosa questo Presidente poteva rappresentare per loro e, nonostante questo, invece di comprare prima azioni a “buon mercato”, si sono svegliati dopo e di colpo. Il rally, comunque, durerà ancora poco a questi livelli.

Questa incapacità di immaginare appieno le implicazioni di un mondo nuovo, questa paura che precede il senno di poi, non è razionale, ma ciò è molto umano.

E succede ovunque e in tutti i campi. Siatene consapevoli.

[Massimo Scalas]

[Fonti: New York Times, Bloomberg, Mario Seminerio]

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