LA SETTIMANA che si chiude sarà ricordata come quella dell’assassinio della povera Jo Cox in Inghilterra a opera probabilmente di uno squilibrato, che pare l’abbia uccisa al grido di “prima i britannici”.
Questa follia è coincisa con la punta estrema di un film che potremmo chiamare, parafrasando un noto lungometraggio, “delirio e follia in borsa”. Ma tutto inizia un paio di anni fa, quando Cameron, un altro politico piccino piccino, che popola il variegato mondo del “nulla europeo”, pensa bene, in vista delle elezioni del 2015, di prendere tre piccioni con una fava:
- arginare l’ondata euro scettica rappresentata dall’Ukip di Farage
- raccattare qualche voto in più a favore del partito conservatore
- stroncare le fronde interne al suo partito
e per far questo promette agli inglesi di indire un referendum sull’accordo siglato il mese prima con la Commissione Europea, in base al quale la Gran Bretagna ottiene ulteriori concessioni oltre a quelle già notevoli in essere dai tempi della Tatcher.
Cameron è pronto a un bel trionfo personale. Non so se tutto ciò vi fa venire in mente nulla, che ci riguardi da vicino come italiani. Sia come sia, gli va male perché pare che molti inglesi non lo capiscano.
Capita così, che sondaggio dopo sondaggio, il trionfo annunciato si tramuti in un incubo prima e in un film dell’orrore, purtroppo, poi. Cose che succedono quando, invece di argomentare razionalmente le proprie scelte e spiegarle chiaramente ai cittadini, li vuoi trattare come bimbetti imbecilli ai quali rifilare tante belle favolette insulse.
DELIRIO E FOLLIA SUI MERCATI
Nel frattempo, poiché tutto si tiene, i mercati finanziari, che nonostante i fondamentali siano incompatibili con i livelli record toccati dallo Sp500 americano, per esempio, iniziano a muoversi in modo convulso. Ma andiamo con ordine.
Questa è stata la settimana di due importanti banche centrali, la Fed americana e la Boj giapponese. La prima, come avevo preventivato la scorsa settimana, non ha mosso un dito, nel senso che con questo casino, i dati deboli sulle nuove buste paga (vedi articolo precedente), le elezioni americane in vista e il referendum britannico imminente, non ha voluto mettere altra carne al fuoco in mercati quanto meno isterici in questo periodo, caratterizzati da movimenti legati alla pura speculazione.
La seconda, con le mani legate da un veto più o meno implicito degli Usa, e rimasta anch’essa ferma innescando mercoledì notte (io c’ero) un acquisto massiccio di yen che in realtà era partito già da un paio di settimane, ma che giovedì ha avuto la sua apoteosi andando a impattare violentemente sui mercati valutari e borsistici e sulla sterlina già venduta massicciamente da una decina di giorni, in concomitanza con l’aumento dei “leave” nei sondaggi sulla Brexit. Il primo segnale mercoledì notte che faceva chiaramente capire come sarebbe stato il giovedì, è stato il crollo verticale del cambio gbpjpy (sterlina/yen).
Nel grafico sopra vedete quanto è accaduto tra le 4,45 e le 4,46 della notte del 16 giugno sul cambio gbpjpy. In un minuto il cambio è sceso di 150 pips, ovvero un movimento che si realizza, quando accade, in 24 ore. O per fare un esempio pratico, chi avesse acquistato 1000 dollari in yen il minuto precedente, si sarebbe trovato in mano 2500 dollari due minuti dopo.
In contemporanea, vediamo l’indice Nikkei della borsa di Tokyo, fare, nel giro di un paio d’ore, un ruzzolone di quasi 400 punti. Da lì in poi non ce n’è per nessuno. La mattinata sembra un bollettino di guerra, con le borse mondiali in caduta libera, dollaro, euro e sterlina che precipitano sullo yen e il panico che sembra ormai prendere il sopravvento su ogni ragionamento razionale (in quel momento io inizio a vendere yen, anche se si suda freddo). Anche il petrolio, che non c’entra nulla, viene venduto arrivando a perdere quasi il 4% in poche ore.
Intanto lo spread btp/bund sale a 160: lo cito perché quando sento dire a un tale di nome Renzi, che incidentalmente fa di mestiere il presidente del consiglio, che in caso di Brexit a noi non capiterà niente… mi inquieto e anche parecchio, perché vedere lo spread salire da 110 a 160 ora… se tanto mi dà tanto, in caso di uscita dall’Ue della Gran Bretagna, penso che balleremo moltissimo nel breve e ci dovremo rassegnare a vederlo salire anche di 100-200 punti e assistere a un attacco massiccio alle nostre banche.
Si arriva così al primo pomeriggio di giovedì, quando all’improvviso arriva la notizia del ferimento della deputata inglese: e qui parte una nuova fase di follia.
Cameron e gli altri leader inglesi, decidono di sospendere la campagna elettorale: non si sa come, non si sa perché, la sospensione della campagna, diventa nel giro di pochi minuti la voce incontrollata e incontrollabile della sospensione del referendum a tempo indeterminato.
Accade così che, con la povera Cox agonizzante, con una notizia fasulla, le borse stappano lo spumante recuperando gran parte delle perdite. E sarà così anche il giorno dopo, nonostante sia ormai chiaro che il referendum si farà.
Ma come siamo arrivati a questo punto?
I PERCHÉ DEL DELIRIO INGLESE
Già, come mai nel Paese che non ha l’euro, che riceve dall’Ue più soldi di quelli che versa, che ha diritto di veto su tutte le leggi europee… come mai la gente è così arrabbiata da voler votare, stando ai sondaggi, per lasciare l’Ue?
È un voto contro l’Ue o contro Cameron?
I motivi sono svariati, alcuni sono il substrato meno visibile e conscio che ne ha generati altri più visibili e meglio identificabili. Partiamo dai primi.
BCE E BOE: IL QE BELLEZZA!
In questi anni la crisi che ha investito tutto il mondo è stata affrontata, stante la latitanza dei politici europei, dalle due banche centrali Bce (Banca Centrale Europea) e Boe (Banca Centrale d’Inghilterra) per via monetaria, con gli ormai famosi Qe.
Il Qe ha svolto e svolge due funzioni principali:
- salvare i Paesi come il nostro dal peso del debito pubblico abbattendo gli interessi da pagare sui titoli di stato
- gonfiare il valore degli asset finanziari mobiliari e immobiliari
Se ci concentriamo sul secondo punto, vediamo quindi che il Qe ha drogato i mercati determinando dei valori innaturalmente alti in borsa.
Questo ha comportato che i ricchi sono diventati ancora più ricchi. Chi ha avuto soldi da investire nei mercati finanziari o negli immobili, ha aumentato il proprio standard di vita… Chi era ricco è diventato più ricco. Ma gli altri? Gli altri no.
THE CITY AND THE COUNTRY
Questo è stato particolarmente vero nell’Inghilterra divisa dualisticamente tra la Londra cosmopolita e regina dei mercati finanziari mondiali e l’Inghilterra profonda degli operai, la nazione rurale e industriale, che ha visto un fiume di denaro attraversare i mercati londinesi senza esserne sfiorata.
Si è creata una frattura profonda tra chi ha fatto tanti soldi perché già ne aveva tanti e le parti del Paese che la crisi l’ha vissuta sulla pelle del posto di lavoro perso e ritrovato a fatica.
Il Paese, grazie all’enorme afflusso di denaro dall’estero, ha avuto un’ottima ripresa nominale del pil (che anche quest’anno viaggia verso un +2,1%), ma i salari dei lavoratori sono rimasti fermi, pur con minore disoccupazione rispetto ad altri Paesi.
IL CONTO SALATO DELLA RIPRESA ECONOMICA (DEI RICCHI)
Va poi detto che tale ripresa trascinata appunto dalla borsa e dal mercato immobiliare, è stata favorita dal ricorso massiccio al debito pubblico e viene ora pagato con un deficit vicino al 6% del Pil e un settore immobiliare che si è gonfiato a tal punto da far temere l’esplosione di una bella, grossa, micidiale, bolla immobiliare (la Spagna e l’Irlanda hanno quasi fatto cappotto qualche anno fa a causa della sopravvalutazione degli immobili… senza contare che l’origine della crisi in Usa è riconducibile agli stessi motivi).
Per questo il governo Cameron è stato costretto a dare una brusca sterzata fatta di massicci tagli alla sanità e alle pensioni per circa il 6% del Pil: curioso, non hanno l’euro, l’Ue non ha imposto loro niente, ma gli è toccata ugualmente l’austerity… Meditate piccoli Salvini italiani, meditate!
UN REFERENDUM CONTRO CAMERON
Alla luce di quanto scritto sopra, si può iniziare a capire che questo non è per gli inglesi un voto per restare o uscire dall’Ue, ma un voto contro Cameron e il suo governo.
Se ci pensiamo bene, questa dinamica coinvolge in misura crescente anche le altre nazioni europee e non solo: se guardiamo agli Usa, anche là notiamo una crescita economica costante sin dal 2009, ma senza entusiasmi, senza che la popolazione percepisca dei cambiamenti in meglio nella propria vita.
Perché anche là c’è l’east coast con le sue metropoli e Wall Street e poi ci sono gli stati centrali, l’America profonda, dove gli operai faticano a tenere il posto a condizioni accettabili: come stupirsi se a novembre Trump dovesse vincere?
TRE MOTIVI CONCRETI PER USCIRE
Ma se quello è il terreno di coltura che fa sì che negli ultimi sondaggi chi vuole uscire dell’Ue sia avanti di 10 punti su chi vuole restare, ci sono almeno tre motivi concreti che soffiano sulle vele dei primi
- l’immigrazione: la politica immigratoria targata Ue, è vista, a ragione, come incomprensibile e non tollerabile, perché, e i politici di Bruxelles e le Boldrini sparse nel continente non lo hanno mai capito, la cittadinanza è un fattore cruciale che definisce il senso di comunità e se non c’è, come è vero che non c’è, una politica migratoria rigorosa e giusta, anche lo Stato più forte salta in aria
- L’Ue è percepita come troppo burocratica: la Tatcher nel 75 convinse gli inglesi a stare nell’Ue argomentando semplicemente ma lucidamente che, “la Gran Bretagna ne avrebbe avuto tutti i vantaggi senza rinunciare ad un grammo di sovranità”.
Questo la dice lunga su come gli inglesi intendono l’Ue: un organismo snello, non pervasivo, che serva a concludere buoni affari per tutti. Pochi sermoni sugli ideali, leggi quanto basta e soldi possibilmente tanti. L’esatto contrario di ciò che è ora l’Ue.
Siamo sicuri di poter fare a meno di un Paese che rappresenta l’unico punto di vista davvero liberale e libertario nel mare del socialismo sindacale del resto dell’Europa? - La svalutazione della sterlina che seguirebbe alla Brexit, aiuterebbe le manifatture inglesi: questo secondo me sarebbe solo un effetto momentaneo, perché nel mondo troverai sempre qualcuno in grado di produrre a minori costi di un qualsiasi Paese europeo.
CONSEGUENZE ECONOMICHE DELLA BREXIT
Intanto occorre dire subito che questo è un referendum consultivo, ovvero non obbliga il governo a dare seguito alla votazione. Poi occorre dire che l’uscita in ogni caso richiederebbe anni. C’è un precedente che è quello della Groenlandia che impiegò tre anni a farlo.
In pratica il governo inglese dovrà attivare l’art. 50 dei trattati e fare richiesta di uscita formale entro due anni.
I trattati prevedono che sulle linee guida della trattativa si debba poi pronunciare all’unanimità il Consiglio Europeo. Al termine della trattativa ci deve essere un voto dello stesso, in cui ci deve essere la maggioranza pari a 20 voti su 28 e il 65% della popolazione che lo ratificano. Insomma, non una passeggiata…
In ogni caso da un punto di vista economico l’Ue ha nel Regno Unito il 3,5% del suo mercato, mentre, viceversa, l’Unione europea è più del 10% del mercato inglese. Da qui si capisce subito che, economicamente parlando, la Brexit è un pessimo affare per gli inglesi.
Noi italiani non abbiamo grandi scambi commerciali con Londra e quindi da questo punto di vista ne saremo interessati marginalmente: il nostro problema sarà tutto legato allo spread e agli attacchi speculativi alla nostra borsa.
L’economia inglese è molto legata ai servizi finanziari e, in caso di uscita, è ipotizzabile che gli investitori possano preferibilmente volgere i propri sguardi verso il mercato unico europeo, che è fatto da 400 milioni di persone a scapito di un mercato inglese che resta da solo, un piccolo mercato.
Del resto il 46% delle esportazioni inglesi è nel mercato Ue e il Fmi stima una perdita del 15% del Pil entro il 2018 per il Regno Unito in caso di uscita: è razionale abbandonarlo per punire Cameron? È razionale tenersi il bicameralismo perfetto per punire Renzi? (scusate l’accostamento improprio…forse….)
Nell’immediato comunque è facile prevedere un forte deprezzamento della sterlina, e una corsa ai beni rifugio come l’oro e i bund tedeschi, ma si temono crolli nelle borse mondiali, e le preoccupazioni sono forti se è vero che le banche centrali si stanno preparando con piani di “guerra” e telefoni rossi (la Bce, nelle ore del referendum avrà un filo diretto con la Boe) per essere pronte a inondare i mercati di liquidità extra.
Infatti già in questi giorni si è notato un brusco calo dei volumi trattati nelle borse, con una liquidità che si va assottigliando mano a mano che ci si avvicina al 23 giugno, il che rende ancora più rischioso investire nelle borse ora, con movimenti che possono arrivare improvvisi e violenti.
Inoltre Draghi si prepara anche a intervenire massicciamente con acquisti di titoli pubblici per tenere sotto controllo lo spread.
CONSEGUENZE POLITICHE DELLA BREXIT
Chiaro che un evento simile può avere un effetto domino e molto dipenderà dai nostri politici (quindi stiamo freschi…) ed è chiaro che ci sono dei bei gattoni in giro che non vedono l’ora di mangiarsi il topolino.
A proposito, giunge notizia che un vanesio topolino italiano sia in queste ore a San Pietroburgo ospite d’onore di un furbo gattone russo…
L’Europa rischia senz’altro la destabilizzazione sopratutto perché si apre una fase in cui potremmo assistere all’accentuarsi del braccio di ferro tra i Paesi del sud che vogliono maggiore integrazione finanziaria con lo scopo di farsi pagare i propri debiti dai Paesi del nord e questi stessi, che già dichiarano che cose, tipo Cassa del Mezzogiorno, ce le possiamo scordare.
L’ASSASSINIO DELLA COX E LA MAGGIORANZA SILENZIOSA
In ogni caso, come i mercati hanno prontamente recepito, l’assassinio della deputata laburista, spingerà probabilmente l’elettorato labour, sino ad ora silente e poco coinvolto, favorevole alla permanenza, ad andare a votare, cosa sino ad oggi per nulla scontata, e quindi ci si aspetta che, alla fine, tutto si risolva in una bolla di sapone o … immobiliare?
[Massimo Scalas – Fonti: The Guardian, Financial Times, Radio 24, Il Sole 24 Ore, The Telegraph, Forexlive.com]
Buon giorno, inserisco un aggiornamento dell’ultimo minuto. Sono stati pubblicati stamattina dei nuovi sondaggi che danno la percentuale di chi vuole restare nell’Ue in crescita e in alcuni casi avanti. Inoltre sono state in poche ore raccolte 20.000 firme che chiedono lo stop al referendum. Va detto, che in Gran Bretagna, democrazia vera, se viene presentata una petizione al parlamento con almeno 10.000 firme il governo è obbligato a dare una risposta ufficiale in tempi rapidi.
I promotori sostengono che: “che la Gran Bretagna è una democrazia parlamentare e che il Parlamento, piuttosto che un plebiscito nazionale, dovrebbe determinare se la Gran Bretagna rimane nella UE. Secondo la BBC 444 parlamentari di (quasi) tutte le parti hanno dichiarato il loro sostegno per la Gran Bretagna dentro all’Ue, sulla base del pacchetto di riforma negoziato dal primo ministro,” ….i firmatari dicono ancora…
“Costituendo oltre il 68 per cento dei voti nella Camera dei Comuni, questo gruppo di parlamentari rappresenta una maggioranza parlamentare schiacciante trasversale”
Questa novità giunge però tardiva, perchè il Parlamento è chiuso fino al referendum per consentire ai parlamentari di fare campagna elettorale: il dibattito è pertinente ma purtroppo si accende sull’onda eotiva di un omicidio.
Se in Italia gli elettori dormono in Inghilterra quanto meno hanno schiacciato un pisolino di troppo.
[Massimo Scalas]
Caro Massimo,
sia chiaro che io sono per il no: sia per il referendum costituzionale che per restare in Europa. E vedo volentieri la Brexit… Per i problemi, ne parleremo man mano che vengono…
Ma come vedi, in questo giornale siamo così censorii, che lasciamo esprimere a tutti il proprio personale pensiero. Anche i tuoi due sì.
Non siamo, insomma, come Stefano Mangoni, il Sindaco di Agliana, che ha vietato ai comitati di poter raccogliere le firme in pieno Giugno Aglianese: e non siamo neppure corrosi dal perverso desiderio di dover rimanere per forza “vicini vicini”!
Caro Direttore, non a caso io scrivo ormai da un anno, i miei “trattatelli economici”, su Linee Future, l’unico giornale che io conosca, dove è severamente vietato essere sempre d’accordo col Direttore, ma dove è assolutamente consigliabile condividerne lo spirito, che fa di te e del tuo giornale un’anomalia salutare da prendere prima e dopo i pasti. Dopo tutto esporre dei fatti non è ne semplice ne scontato in un paese di opinionisti, Qui lo posso fare.
Ps. spero che gli inglesi restino, perchè antipatici, spocchiosi,come sono….sono gli unici ad aver capito cosa dovrebbe essere l’Ue. Gli unici che possono salvarci dalla melassa catto- sindacal- sinistroide che appesta l’aria che respiriamo, pretendendo di dirci acnhe il volume gassoso da emettere dall’intestino quando per sbaglio ascoltiamo Vespa.