LO AMMETTO, sei mesi fa vi avevo detto che a gennaio il greggio sarebbe stato nuovamente intorno ai 30 dollari al barile. Così non è stato, oggi siamo intorno ai 52.
I GREGGIO CROLLA, ANZI NO
Cosa è dunque accaduto? In realtà vi avevamo dato conto dell’accordo tra i Paesi Opec e tra i Paesi Opec e non Opec (come Russia e Venezuela) a fine novembre, che, teoricamente taglia la produzione di 1.800.000 barili di greggio al giorno. Questo ha per il momento fermato il declino della quotazione, ma per quanto?
Infatti se per tutto dicembre il prezzo è stato sostenuto da una fiammata di ottimismo seguita all’accordo, ora i dubbi aleggiano.
I produttori rispetteranno le decisioni prese? Intanto diamo un’occhiata allo stato dell’arte. Le speranze accese dall’accordo hanno sostenuto i mercati del greggio fino alla fine del 2016.
Adesso che il 2017 è arrivato, sul mercato del petrolio inizia a svanire l’ottimismo. Per evitare che i prezzi ritornino ai livelli di inizio 2016, l’Opec dovrà mostrare degli effettivi tagli alla produzione. Tuttavia, la storia ci mostra che, quasi tutti i paesi Opec hanno imbrogliato sulle quote e hanno prodotto di più di quanto avrebbero dovuto, invece di attenersi alle regole.
Ecco chi sta tagliando la produzione e chi no tra i produttori Opec (finora).
CHI TAGLIA E CHI NO
Arabia Saudita. Il principale produttore Opec dovrebbe tagliare la propria produzione di 486mila barili al giorno. Tuttavia, i tagli della produzione partiranno da febbraio.
Kuwait. Il produttore del Golfo si è impegnato tagliare la produzione di 131mila barili al giorno e dichiara di averlo già fatto.
Emirati Arabi Uniti. Si sono impegnati a ridurre la produzione di 139mila barili al giorno.
Qatar. Al Qatar è richiesto un taglio della produzione di 30mila barili al giorno cosa che dovrebbe già essere avvenuta.
Iraq. Il secondo produttore Opec si è impegnato a ridurre la propria produzione di 210mila barili al giorno. Tuttavia, gran parte della produzione di petrolio dell’Iraq è nella regione del Kurdistan sotto controllo curdo e di varie compagnie internazionali petrolifere. Sarà estremamente difficile convincere i curdi a tagliare la produzione.
Inoltre i contratti in essere con le compagnie internazionali petrolifere costringeranno l’Iraq a risarcire le aziende per il mancato utile a causa della produzione ridotta.
Il governo di Bagdad sta cercando di trovare una soluzione a questa situazione e attualmente non ha implementato alcun taglio della produzione. Infatti, secondo alcune notizie la produzione dei campi petroliferi curdi starebbe aumentando.
Venezuela. Produce 2 milioni di barili al giorno e ha accettato di tagliare la propria produzione di 95mila barili al giorno.
Angola. Si è impegnato a tagliare la propria produzione di 80mila barili al giorno su un totale di 1,7 milioni di barili al giorno; la compagnia statale petrolifera ha annunciato di aver già ridotto la propria produzione di 78mila barili al giorno.
Ecuador. Produce 548mila barili al giorno, ma si è impegnato a ridurre la propria produzione di 26mila barili al giorno. Il Paese non ha ancora comunicato di aver avviato i tagli alla produzione.
Algeria. Il Paese nordafricano va verso una riduzione della produzione di 50mila barili al giorno.
Gabon. Produce 202mila barili al giorno e si è impegnato a ridurre la propria produzione di 9mila barili al giorno, nel rispetto dell’accordo Opec. Il Paese non ha ancora rilasciato dichiarazioni su eventuali tagli effettuati.
Iran. La Repubblica Islamica dell’Iran ha ricevuto un trattamento speciale, che permette al Paese di aumentare la propria produzione fino a 3,975 milioni di barili al giorno fin quando non raggiungerà la produzione media di 3,797 milioni di barili al giorno, tra gennaio e la fine di maggio.
Nigeria e Libia. Questi Paesi sono esenti da tagli alla produzione, poiché la loro produzione è stata severamente compromessa dall’attività terroristica.
Ma non c’è solo l’Opec…
PRODUTTORI NON OPEC
Il 10 dicembre i produttori non-Opec hanno incontrato i rappresentanti dei Paesi Opec e hanno accettato di ridurre complessivamente la propria produzione 558mila barili al giorno, portando il totale dei tagli alla produzione a 1,76 milioni di barili al giorno. Di seguito esamineremo le quote dei singoli Paesi non Opec ed il rispetto dei tagli effettuati finora.
Azerbaijan. Si è impegnato a ridurre la propria produzione di 35mila barili al giorno, iniziando a tagliare la produzione dal 1° gennaio (Fonte Agenzia Russa Tass).
Bahrain. Questo Paese del Golfo Persico produce 200mila barili al giorno e si è impegnato a ridurre la produzione di 10mila barili al giorno. Né il governo del Bahrain né la Bapco, l’azienda statale petrolifera, hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali riguardo il rispetto dei tagli.
Brunei. Questo piccolo Paese produce 130mila barili al giorno, ma ha accettato di ridurre la produzione di 4mila barili al giorno.
Il Sultanato del Brunei non ha ancora annunciato di aver implementato tagli alla produzione, e considerando lo stress economico che il Paese sta affrontando da quando il prezzo del petrolio ha iniziato la discesa, anche questi piccoli numeri potrebbero mettere l’economia a dura prova.
Guinea Equatoriale. Si è impegnata a ridurre la propria produzione di 12mila barili al giorno. Il paese non ha ancora annunciato di aver implementato tagli.
Kazakistan. Produce circa 1,88 milioni di barili al giorno di greggio ed ha accettato di tagliare la propria produzione di 20mila barili al giorno.
Secondo il ministro dell’energia kazako, il Paese ha iniziato a ridurre la propria produzione a partire dal 1° gennaio, di 20mila barili al giorno.
Ma il Paese prevede di procedere con lo sviluppo di progetti in due dei principali campi petroliferi e di aumentare la produzione per la fine del 2017.
Malesia. Ha accettato di tagliare la produzione di 20mila barili al giorno. Subito dopo la firma dell’accordo, la Petronas (compagnia petrolifera malese) ha annunciato la riduzione della la propria produzione nel rispetto dell’accordo a partire dal gennaio 1017.
Messico. Si è impegnato a tagliare la propria produzione di 100mila barili al giorno, ma il governo sta affrontando dei disordini interni dovuti all’aumento dei prezzi della benzina, che un aumento dei prezzi di greggio non farebbe altro che aggravare ulteriormente.
Inoltre, il governo messicano è nel pieno del processo di liberalizzazione del settore petrolifero ed ha recentemente rimandato delle aste per le concessioni nel Golfo del Messico che aveva inizialmente fissato per fine marzo.
Nonostante questi problemi, il Messico si sta adoperando per ridurre la propria produzione. Subito dopo la firma dell’accordo, tuttavia, la Pemex ha “rietichettato” i tagli come calo naturale della produttività del campo petrolifero.
Oman. Questo produttore ha accettato di tagliare la propria produzione di 45mila barili al giorno a dicembre (il 4,5% della sua produzione giornaliera da 1 milione di barili). Il ministro dell’energia dell’Oman ha dichiarato alla tv di Stato che il paese ha iniziato a tagliare la propria produzione a partire dal 1 gennaio.
Russia. L’impegno della Russia di tagliare di 300mila barili al giorno la propria produzione è stato il collante che ha tenuto saldo l’accordo Opec.
In passato, la Russia si è impegnata a tagliare la propria produzione e successivamente non ha rispettato l’accordo.
La Russia ha inizialmente annunciato che durante i mesi invernali avrebbe ridotto la propria produzione di soli 50mila barili al giorno.
Tuttavia, la Russia recentemente rivelato che la propria produzione è scesa di ulteriori 130mila barili al giorno nella prima settimana di gennaio, quindi sembra che, indipendentemente se la Russia voglia o no rispettare gli accordi, le situazioni sui campi petroliferi stiano facendo scendere la produzione.
Sudan e Sudan del Sud. Questi Paesi hanno deciso di tagliare la propria produzione rispettivamente di 4mila e 8mila barili al giorno.
Tuttavia nessuno dei due Paesi ancora indicato di aver implementato i tagli. Infatti, il Sudan del Sud, nel quale è in corso una guerra civile, ha indicato che intende aumentare la propria produzione appena possibile.
Il Sud Sudan ha prodotto fino a 350mila barili al giorno, ma durante la guerra la produzione è scesa sotto i 130mila barili al giorno. Le ostilità continuano a colpire i campi petroliferi del Paese, dunque non è chiaro se il Sudan del Sud sarà in grado di aumentare la produzione nel breve termine.
MA CI SONO ALTRI ATTORI
Infine bisogna ricordare che diversi grandi produttori non hanno aderito ad alcun accordo. La produzione di greggio negli Stati Uniti, in Canada, in Brasile e in Norvegia avrà un impatto significativo sui prezzi del greggio del 2017.
CONCLUSIONE
Quello he accadrà nei prossimi mesi non possiamo saperlo e il prezzo del greggio continuerà a dipendere da un unico grande fattore: la richiesta.
Se la Cina riparte, allora ci sarà un aumento della domanda, se Trump farà quello che promette, potrebbe esserci una scossa economica con effetto di trascinamento sulle altre economie.
I tagli, per ora, hanno fermato la caduta delle quotazioni, ma la domanda è ancora inferiore all’offerta. Prima di vedere i prezzi ripartire, dovranno calare le scorte di greggio immagazzinato.
Quel che è sicuro è che noi italiani siamo particolarmente esposti a un aumento del prezzo del greggio: il tempo che ci è stato dato sta per scadere e sono abbastanza convinto che, quando i prezzi torneranno a salire, avremo una concomitante fine del Qe di Draghi. Avremo cioè la parola fine di una situazione economica irripetibile.
Chi ne ha approfittato per sistemare i conti di casa è salvo. Chi ha sproloquiato invece…
[Massimo Scalas]
[Fonti: Ellen R. Wald, Forexlive.com]